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Posts published in Settembre 2015

Fabrizio Pedrali

La sua voglia di creare e scoprire l’arte in tutte le sue forme, lo spinge a frequentare la scuola d’Arte “ALDO KUPFER” a Palazzolo sull’Oglio (BS) perfezionando il disegno con l’Insegnante Marta Vezzoli, pittura con il Maestro Primo Formenti, scultura e mosaico con il maestro Gigi Ghidotti. Negli anni successivi conosce e frequenta anche gli studi degli Artisti scultori come Remo Bombardieri di Brescia e Giuseppe Guerinoni di Bergamo.
Tutto questo lo arricchisce al punto di continuare la sua ricerca dei materiali non fermandosi solo alla creta e al gesso, ma sperimentando resine e composti, marmi e pietre con inserti in bronzo, ferro e legno dove nella fine anni 90 passa dal figurativo all’informale geometrico prediligendo la forma tonda riuscendo a creare nelle sue sculture un gioco di movimenti dove lo spettatore possa diventare fruitore dell’opera stessa.

Johan Friso

Come Banksy, il misterioso artista inglese, Joahn Friso nasconde la propria identità dietro un nome di invenzione? E perchè il suo nome somiglia a quello dei membri della casa reale olandese? E' italiano o straniero? Si dice che sia un intellettuale belga disamorato dal sistema dell'arte, un imprenditore polimorfo ed eclettico, un neo-dadaista che, raggiunto il benessere economico, ama sconcertare con le sue sculture e i suoi dipinti la realtà statica del mondo dell'arte. Forse Friso è tutto questo

Concerto futurista – Guarda e ascolta l'Arte dei rumori di Luigi Russolo

La prima esecuzione pubblica, 21 aprile 1914, teatro Dal Verme di Milano, è trionfale. Insulti, lancio di oggetti, sputi calci sberle, scazzottate furibonde, tra opposte fazioni. Spuntano bastoni. Facce insanguinate. Russolo, imperterrito, statuario, sacerdotale, dirige la sua “orchestra”. Ha cose più importanti da fare che ascoltare quanto avviene alle sue spalle. Sta inoltrandosi in un territorio sconosciuto. Avanza a colpi di dinamite. Officia. I suoi ventitré musicisti girano manovelle, abbassano leve, impugnano tubi, pallidi come durante una battaglia, sudati che nemmeno trasportassero un pianoforte

David Adjaye, com’è umana la metropoli se la progetti con le fonti organiche della gioia

«Sono nato nella savana, sono cresciuto circondato da foreste e alla fine sono approdato alle coste della Gran Bretagna. Può essere che questi spostamenti abbiano influito sulla mia concezione della luce, dell’atmosfera e del colore», dichiara Adjave, conosciuto per gli edifici pubblici aperti, fluidi e quasi trasparenti e per le case private, segrete e misteriose, con esterni introversi e interni luminosi. L'Art Institute of Chicago celebra le varie fasi della carriera dell’architetto britannico