Press "Enter" to skip to content

Branchetti, la scultura che acquista quotidianità e perde magniloquenza


Federico Branchetti è stato tra i finalisti del Premio Nocivelli
Federico Branchetti nasce a Reggio nell’ Emilia il 02/08/1994 dove
attualmente vive e lavora. Ha iniziato gli studi presso l’ istituto d’arte di Reggio Emilia frequentando l indirizzo ceramica, dopo aver conseguito il diploma di maestro d’ arte e quello di maturità comincia (e ancora in corso di svolgimento) gli studi a Bologna presso l’ accademia di belle arti scegliendo il corso di scultura.
a branchetti
Ha esposto in una piccola galleria nella sua città(2013), a Caldonazzo di Trento in una collettiva (spazio “la fonte dell’ arte”2013) sempre a Reggio Emilia ha tenuto una personale nell’ aula magna del liceo artistico (”U.S.”2015), poi in una doppia personale in una galleria di Sassuolo (“Senza Presenza” 2015), a Bologna presso le manifestazioni dell’ accademia (“notte bianca Bologna” e “open tour” 2016) e infine a Ravenna in una collettiva nell’ accademia di belle arti (“Legami di figure nello spazio” 2016).
a branchetti 1
Genesi
L’ opera che ho presentato al premio Nocivelli non è da considerarsi fine a se stessa, in quanto parte integrante di una ricerca più ampia, iniziata tramite disegni e proseguita nella scultura e nella scrittura.
Questi disegni sono dei microcosmi che raffigurano masse, pesanti meteoriti dipinti su carte con pennellate leggere e casuali accumuli di colore che parlano di qualcosa che sta mutando, che si disgrega, che cambia nel tempo.
Ho poi cercato di attribuire più la stessa poeticità e la stessa dimensione di calma, riflessione e pacatezza.
Ho lavorato il marmo venatino sfaccettandolo, seguendo le sue inclinazioni e l’ho assecondato senza modificare l’impronta che la Natura aveva voluto dargli. Volevo impostare la scultura partendo da ciò che stavo disegnano su carta in quel momento. Ho successivamente creato un supporto che avesse una relazione con il blocco di marmo e che lo completasse, il tavolo. E’ costituito da legno truciolato industriale e ho scelto questo materiale perché ricordasse la massa frammentaria di polvere, schegge e detriti formatasi dopo il Big Bang, il momento della Genesi.
La forza del tavolo sta nell’estrema compressione di questa massa, nel tentativo di raccogliere in un unico luogo un evento di estrema potenza.
Sulla superficie compare il blocco di marmo; in questo contesto potrebbe essere considerato un meteorite, ma in verità può essere molto altro, una persona, un volto, una parola scritta sulla vasta superficie.
Il marmo è una pietra nobile, storicamente dedicata all’arte monumentale e celebrativa, ma qui è reso piccolo e fragile rispetto al suo contesto. Tutto è immenso rispetto a questo blocco di pietra: il tavolo è il risultato di un’ enorme esplosione generatrice, l’audio è l’eco della radiazione di fondo del Big Bang e accompagnano nel suo viaggio questo meteorite, volto, parola.
L’ eco di questa radiazione è stato registrato da una sonda ed è arrivato fino a noi, che, ad orecchio “nudo”, non possiamo percepirlo; mi sono chiesto, e se riuscissimo a sentirlo, cosa cambierebbe in noi? Nella nostra mente? Rispecchierebbe il senso primordiale insito in noi del non conosciuto?. Il suono all’interno dell’opera (così come nella realtà) non ha una localizzazione precisa, anche se, se ci si avvicina, si può riconoscere nella pietra la sua fonte.
Inevitabilmente, per udire questo suono, ci si raccoglie accanto all’opera in silenzio, si rallenta, tutto intorno si acquieta e si calma, rimandando ad una contemplazione rispettosa e meditativa.