La grande libertà e la gioia di dipingere en plein air. Un sentore d'estate. Il fiume. La barca con tendalino. E attorno l'azzurro dell'acqua e il verde delle rive. Claudia Bonera ha ripercorso questo attimo estatico che Manet dedica a Monet, attraverso un raffinato e semplice dolce impressionista
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Sardegna, estati fa. Camminavo sulla battigia, e il mio sguardo si smarriva tra i milioni di granelli di ghiaia. Ghiaia bianca, bellissima. Bellissima anche perché il suo candore si mescolava al rosso dei frammenti di corallo, al nero di minuscoli ciottoli levigati. Così, mi chinai e raccolsi un poco di quella ghiaia, la misi in un vaso di vetro, me la portai a casa. Da allora, ogni tanto mi è capitato di soffermarmi a rimirarla, incantato. Fino a che è scattata l’ispirazione
La mia ricerca sulla forma, e sulle capacità di costruzione formale del colore, assume stavolta le sfumature del giallo. La perfezione del circolo, il fascino della concentricità si affidano a due diverse tonalità di questa cromia per sua stessa natura ambigua, misteriosa, persino - in qualche caso - sottilmente angosciante. In qualche caso, ma non qui: qui, il disco morbido e bonario della polenta si adagia a ricevere su di sé in placidezza la piccola, flava luna piena della fonduta al formaggio di montagna. Nessuna inquietudine da girasoli o da campi di grano vangoghiani; nessun ruggito inesorabilmente timbrico da Fauve; nessun tormento dell’anima da pittore espressionista. Il giallo è risolto, senza dubbio. L’enigma è svelato. Del resto, come dubitarne? L’affabilità della materia, l’essenzialità assoluta della composizione, non potevano che guidare verso plaghe serene, e sereni orizzonti.
Cristoforo Munari non faceva differenze. Tra fine Seicento e inizio Settecento aveva ben compreso, lui, ciò che qualcuno fatica a capire ancor oggi. Superbo pittore di nature morte, elevava con ugual entusiasmo al rango di protagonisti della rappresentazione nobilissimi liuti, buccheri trinati e tavole imbandite, traslocando il cibo dai gironi più bassi all’empireo. Le mirabilie d’intreccio di un lussuoso tappeto d’Oriente non riuscivano a far sfigurare gli umili frutti della terra.
di GUALTIERO MARCHESI - Quando è la materia a trionfare con le sue forme inimitabili, allora è il momento di compiere un passo indietro. Ad esempio, un broccolo - un umilissimo broccolo - può palesarsi nel tripudio di guglie che lo rendono simile ad una fantastica cattedrale moresca, o ad una cristallizzata, lussureggiante foresta d’alabastro.
ART FOOD - Ora è la volta della rinfrescante placidezza dei fossi ombrosi ad offrirmi spunto creativo. Fosso uguale verzure, rifugio della ranocchia; fosso uguale steli onusti di grani, e liquidi immoti.
di Gualtiero Marchesi - In questa puntata di Art food prosegue il mio omaggio al sommo Alberto Burri
In giro per locali e balere con Piero Manzoni
Quando Fontana disegnava sulle mie tovaglie
Hsiao Chin - autore, lo si ricorderà, de “Le sette pennellate”, opera che illustra quello che è forse il più noto dei miei menù (vedi “Stile” 51) - è tra i pochi grandi maestri contemporanei ad esser riuscito a coniugare in limpida sintesi avanguardia e tradizione, cultura orientale e cultura occidentale, libertà creativa e fedeltà alla filosofia