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Claude Monet, il filmato autentico dell’artista che dipinge all’aperto. Ecco i suoi segreti tecnici


Questo è l’unico filmato che ritrae il pittore impressionista Claude Monet (1840-1926) mentre dipinge en plein air, nel suo giardino presso Giverny.

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Come dipingeva Claude Monet? Qual era la tecnica di Monet? E la tecnica degli impressionisti? Come sono le pennellate degli impressionisti? Le modalità tecniche del grande pittore impressionista non possono essere sottovalutate in uno studio comparato che porti alla conoscenza del rapporto tra “modalità del fare” e prodotto finale.

L’équipe di Stile arte, accanto a testimonianze e fonti, ha considerato la visione diretta di filmati, spezzoni e documentari che hanno come oggetto il maggior pittore impressionista, il grande occhio, la grande retina. Il filmato che proponiamo è molto breve, ma raro e prezioso.

Poche decine di metri di pellicola, girati nel 1915, nel meraviglio giardino di Giverny.
Nel filmato, vediamo Monet accogliere e parlare con un ospite. L’artista indossa un abito candido e un cappello ben calato sugli occhi.

Il cappello non è solo un indumento, ma uno strumento di lavoro che risulta indispensabile per avere gli occhi nella penombra e non ricevere interferenze di luce. Monet dipinge molto en plein air, cioè all’aria aperta. Il giardino è coloratissimo e inondato di luce. La falda del cappello molto abbassata sulla fronte gli permette di creare, tra la fronte e il naso, una piccola area di penombra. Osservato dalla penombra, il paesaggio che ha davanti a sé si espande di luce coloratissima. E’ l’effetto che abbiamo provato tante volte anche noi. Aprendo, ad esempio la porta di una cabina, al mare, dopo essere stati dentro la piccola stanza scura. Quando apriamo, prima d’uscire, tutto, all’esterno, appare molto intenso, molto luminoso e molto colorato. La penombra del punto di vista funge da potenziamento ottico.

Monet recupera quell’effetto e lo trasferisce ai propri dipinti. Parte della magia delle sue opere deriva dal fatto che i suoi quadri recuperano la sensazione meravigliosa di chi guarda dalla penombra un giardino illuminato dal sole.
Così l’artista è in grado di riprodurre l’esplosione della luce, senza che la pupilla contraendosi, riduca la luminosità della visione.

Poi, nel breve filmato, Monet è ripreso davanti alla tela con un enorme tavolozza e con i pennelli. In acqua vediamo galleggiare le foglie delle amatissime ninfee, che egli sta “ritraendo”.
Per un pittore la modalità di approccio alla tela – anche quando mostra, a secco,  come dipinge – non cambia. E i risultati sono piuttosto interessanti.

Nello spezzone dell’antico filmato – per quanto l’artista mimi la propria pittura –  risulta molto chiaro l’approccio alla tela ed emergono la postura assunta di fronte alla tela e la posizione della mano sul pennello, in grado di originare quelle “macchie” e strisciate di colore, quelle linee e quei punti che hanno la funzione, nella giustapposizione delle stesse, di creare un movimento notevole all’interno della struttura del dipinto. Come appare dal filmato – e come è testimoniato, in modo convergente da dipinti in cui Monet è soggetto dell’opera – l’artista impugnava il pennello verso la parte estrema, quella più sottile, utilizzandolo pertanto come una bacchetta e non come una penna. Van Gogh, invece, impugnava il pennello come una penna, nella parte bassa, perchè voleva averne – da ex disegnatore – l’assoluto controllo.

La distanza dal blocco delle setole – raggiunta da Monet, tenendo il pennello in un punto pressochè estremo – gli permetteva di raggiungere una minor incisività disegnativa a favore di un composizione sfocata, per macchia e linee. La somma dei tocchi di pennello, guardata alla distanza, creava quella voluta imprecisione del segno che si componeva invece in maniera perfetta, arretrando. Il pennello brandito come un fioretto, permetteva infatti di usufruire del disordine creativo provocato da una certa oscillazione e di sfocare, in una visione ravvicinata, il dipinto, affinché la somma delle sfocature divenisse invece, a una certa distanza, messa a fuoco, dinamica e perfetta.

L’uso di un pennello dal manico lungo – oltre ad evitare a Monet una controproducente precisione disegnativa – aveva anche la funzione di fungere da distanziatore che consentiva all’artista di stendere i colori e di vedere immediatamente l’effetto della stesura, senza dover continuamente arretrare per controllarne il punto di messa a fuoco che avrebbe assunto, in futuro, lo spettatore.
Sotto il profilo della scelta del pennello possiamo notare, attraverso l’ingrandimento dei dipinti, che Monet, ma pure gli altri “compagni di strada”, non usava con frequenza setole rastremate – cioè il pennello con setole tagliare in modo tondeggiante – ma prediligeva pennelli, con setole squadrate e compatte, che hanno lasciato rettangoli e piccoli segni di parallelepipedi sulla superficie pittorica.I dettagli venivano realizzati poi con il pennello messo di punta o di costa, laddove l’intervento richiedesse una pennellata più sottile e incisiva.

Una piccola nota. Quando, nel filmato vediamo Monet abbassarsi, egli scende alla base del cavalletto per intingere il pennello in un diluente come acquaragia o essenza di trementina. E’ probabile che avesse due barattoli di diluente. In uno lavava il pennello, rapidamente. All’altro attingeva quel poco di diluente pulito che gli serviva per stemperare l’olio della tavolozza, rendendolo lievemente più fluido.

ECCO IL FILMATO DI MONET