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Encausto – Tecnica, come si dipinge a encausto. Tradizione e nuove formule




Pompei, particolare dei dipinti parietali della Villa dei Misteri
Pompei, particolare dei dipinti parietali della Villa dei Misteri

 
Mitizzato dai romani, divenuto una sorta di Sacro Graal per i pittori del Rinascimento, l’encausto è sempre circondato da un alone misterioso. E’ la tecnica più discussa sotto il profilo tecnico, quella che portò Leonardo da Vinci a una clamorosa sconfitta, a Firenze, al termine del dipinto parietale che raffigurava la battaglia d’Anghiari. Leonardo aveva stemperato i pigmenti colorati nella nera cera sciolta dal fuoco; aveva proceduto alla stesura pittorica. E, in seguito, riscaldando la parete affinchè il colore si amalgamasse perfettamente e potesse poi, una volta rappreso, essere lucidato vide cera e colore sciogliersi miseramente. Per il pittore fu un episodio amarissimo. Il muro, a causa della presenza di cera, fu a tal punto impraticabile da altri pittori, che venne coperto da altri mattoni e da altra malta; poi utilizzato da Vasari per i nuovi affreschi. Come si lavora, secondo questa tecnica  e perchè Leonardo aveva scelto l’encausto?
Il termine encausto deriva dal greco e significa “metto a fuoco“. Nella pittura i pigmenti – le polveri colorate -possono essere normalmente stemperati in diversi medium: in acqua – tempera o acquerello -, in acqua ed uovo – tempera ad uovo – in acqua e colla – guazzo – in olio di lino – olio – nella cera sciolta – encausto – La tempera e l’acquerello mostrano la massima opacità, l’olio la massima brillantezza, l’encausto offre una luminosità vellutata, simile a quella che si ottiene su un mobile, cosparso di cera e lucidato.
I supporti migliori per l’encausto sono quelli rigidi e compatti, come il legno, l’intonaco fine del muro, la terracotta. Di inferiore riuscita qualitativa sono gli encausti condotti su tela o su carta, proprio perchè hanno una maggiore assorbenza.
Di fatto l’encausto, condotto secondo tradizione, prevedrebbe l’uso di pigmenti in polvere e di cera punica, un prodotto particolare ottenuto facendo bollire cera vergine in acqua di mare. La procedura prevedeva che ai pigmenti – colori in polvere – fosse aggiunta anche un po’ di acqua, calce spenta, colla, come aggrappante. (procedura vicina a quella del guazzo). In un pentolino veniva poi sciolta la cera punica, mantenuta a costante temperatura di fusione. Si gettava una cucchiaiata di cera bollente sul colore della tavolozza, si mischiava e si dipingeva. Ultimato il dipinto, anzichè la vernice finale, veniva steso un velo uniforme di cera su tutta la superficie dipinta, che veniva lasciata asciugare e rapprendere. Dopo qualche ora o qualche giorno si arrivava al momento più delicato – quello che provocò il disastroso scioglimento del dipinto La battaglia d’Anghiari di Leonardo da Vinci: l’operazione di riscaldamento, seguito dalla lucidatura. Il riscaldamento avveniva, per le superfici molto ampie, con l’uso di bracieri, che venivano accesi sull’impalcatura, nei pressi del muro dipinto. Il calore consentiva di ammorbidire il film pittorico e di portare in superficie maggiori quantità di cera. Il fuoco non poteva però essere troppo intenso poichè provocava lo scioglimento e una colatura, simile a quella delle candele. In caso di operazioni svolte a calore moderato, l’encausto diveniva satinato. Dopo una breve attesa era possibile procedere alla lucidatura, con un panno morbido, con le stesse modalità utilizzate per la lucidatura casalinga dei mobili. Per opere con superficie di minor estensione si usavano placche metalliche che venivano scaldate sul fuoco e appoggiate alla superficie pittorica. Le piccole tavole erano invece esposte, a una certa distanza, al calore del fuoco.
E torniamo al quesito posto in precedenza: perchè Leonardo scelse, per Firenze, l’encausto?  Possiamo agevolmente supporre tre motivi. Il primo è il rifiuto di Leonardo di misurarsi con l’affresco, che richiede rapidità d’esecuzione estrema – e Leonardo, secondo le fonti, era estremamente lento -, concede pochi ripensamenti – se non attraverso successivi interventi a secco – e risulta opaco e pertanto poco simile ai quadri da cavalletto. Come ben sappiamo, lo stesso Cenacolo milanese fu realizzato a secco, con tempera mischiata ad alcuni leganti organici. Il secondo motivo era collegato alla visione pittorica dell’artista che avrebbe voluto arrivare, attraverso interventi minuziosi, ripensamenti, velature efficaci, a qualcosa di simile ad un grande quadro, con quei giochi di trasparenze e lucentezze che era possibile ottenere sulle tavole e sulle tele, giungendo poi a lucidare il film pittorico steso sul muro e ottenendo qualcosa di simile all’azione vivificante della vernice finale. Il terzo punto può essere ascritto alla dimostrazione di una continuità con gli antichi, che utilizzavano l’encausto, come dimostravano testi capitali per il Rinascimento, come quelli di Plinio il Vecchio e, in misura maggiore di Vitruvio. Forse, però, queste fonti antiche diedero dell’encausto una descrizione troppo complessa e puramente teorica,inducendo gli artisti in errore. Molto probabilmente nell’antichità si utilizzava una tecnica più leggera, con risultati analoghi.
Un sontuoso ritratto realizzato ad encausto su tavola, scoperto in una delle necropoli di Fayyum. Le tavolette coprivano il volto dei sarcofago o quello della mummia. Ne sono state trovate seicento, dipinte in un'epoca compresa tra il I secolo ac. e il IIId.C., tutte caratterizzate da un estremo realismo. La contaminazione tra il ritratto dal vero e il sarcofago fu causata dalla romanizzazione dell'area culturale egizia
Un sontuoso ritratto realizzato ad encausto su tavola, scoperto in una delle necropoli di Fayyum. Le tavolette coprivano il volto dei sarcofago o quello della mummia. Ne sono state trovate seicento, dipinte in un’epoca compresa tra il I secolo ac. e il IIId.C., tutte caratterizzate da un estremo realismo. La contaminazione tra il ritratto dal vero e il sarcofago fu causata dalla romanizzazione dell’area culturale egizia

Restano,infatti, scarsi reperti di encausti autentici: tra i più famosi, i ritratti del Fayum, in Egitto, risalenti al I secolo d.C., le pitture murali a Pompei e le icone del monastero di Santa Caterina al Sinai. In realtà molte opere, anche antiche, più che encausti furono dipinti a tecnica mista e sottoposti a semplici interventi di encausticazione. Si può supporre che nel dipinto parietale fosse messa una quantità minima di cera o di legante oleoso e che l’effetto fosse invece dato dalla campitura finale di cera fusa, apposto calda sulla superficie, lasciata poi abbrancare al colore sottostante, e lucidata semplicemente con panni che provocano, per attrito, un lieve aumento del calore che permette di acquisire una superficie lievemente lucida. Un affresco può essere facilmente distinto da un dipinto parietale realizzato o trattato con la cera perchè il primo è visibilmente secco, mentre il secondo si presenta, alla vista, lievemente unto e uniforme.
Come realizzare oggi un encausto senza il minimo problema
Nell’ambito delle sperimentazioni condotte da Stile arte è stato più volte affrontato il tema dell’encausto, con il fine di giungere ad indicare ai pittori la procedura più semplice ed efficace per ottenere oggi, con semplicità, gli stessi effetti dell’antica pittura ad encausto, sia sulla parete che su tavole. Il fine era quello di utilizzare materiali di facilissima reperibilità e di costi limitatissimi, di portare a un livello pari a zero la possibilità di errore e di accelerare i passaggi tecnici.

 
Come dipingere ad encausto una parete o una tavola di legno
secondo le metodologia di Stile arte
 
Supporto: normale muro intonacato o muro a gesso; oppure tavola di legno levigata e non eccessivamente porosa
Materiali: tempere in tubetto oppure pigmenti per affresco, cera liquida incolore di qualità per pavimenti – meglio se contenente cera d’api -, essenza di trementina o acquaragia
Strumenti: pennelli di varie dimensioni, compreso un pennello medio-grande, da muro, che non perda le setole, ciotoline, phon per i capelli o stufetta a termoventilazione, panni di cotone, panni morbidi
La tecnica può essere applicata per dipingere muri in rosso pompeiano, che abbiano lo stesso effetto antico degli encausti archeologici o per realizzare figurazioni o motivi astratti. Per le lavorazioni murali di tipo architettonico sarebbe meglio utilizzare il pigmento per affreschi rosso, stemperandolo nella cera liquida e aggiungendo una piccola parte di essenza di trementina o di acquaragia, sistemandolo, poi cromaticamente, con piccole punte di giallo o di blu.
La tecnica di stesura
Prendere il pigmento o la tempera del colore scelto. Spremere dal tubetto nella ciotola la quantità di tempera desiderata – o versare il pigmento in polvere con un po’ d’acqua nella ciotola -. Aggiungere cera liquida fino ad ottenere un impasto non eccessivamente liquido, per evitare colature. Aggiungere un goccio di essenza di trementina o di acquaragia. Di fatto, con questa procedura, si deve ottenere una tempera di consistenza simile a quella che normalmente otteniamo con l’acqua. Preparare, seguendo la stessa procedura, tante ciotoline quanto sono i colori che vogliamo utilizzare. Iniziare a dipingere prelevando i colori dalle ciotoline e mischiandoli, in caso si vogliano ottenere tonalità diverse, sulla tavolozza. Concludere il dipinto. Attendere un paio di giorni affinchè il dipinto sia asciutto. L’asciugatura può comunque essere notevolmente accelerata con l’uso del phon o della stufetta. Quando il film pittorico è asciutto versare la cera liquida per pavimenti, senza aggiunta di alcun colore, in una ciotola e immergere un pennello di dimensioni medio grandi, con il quale, a campitura,copriremo tutta la superficie pittorica, badando che il pennello sia bagnato, ma non intriso, per evitare colature che possono essere comunque riprese, ripassando rapidamente sulle gocce. La stesura deve essere uniforme. Per ottenere la massima qualità tecnica dell’opera è meglio stendere, una volta asciutta la superficie, una seconda mano di cera liquida. Attendere una decina di minuti. Accendere il phon e diffondere aria molto calda, con moto circolare, a 10-15 centimetri di distanza dal dipinto. Inizierete ad osservare gli effetti del lucido-satinato. Con questa operazione i colori si mischiano meglio alla cera e alla stesura finale. Terminata l’opera di surriscaldamento di ogni parte del dipinto, attendere almeno un’ora e, con panni di cotone, per evitare la perdita di peli, iniziare, vigorosamente la lucidatura, condotta a mano. Il giorno successivo si può passare un panno più morbido, evitando di premere, in questo caso, eccessivamente, con il solo fine di ottenere la massima lucidatura della cera di superficie. Con il passare dei giorni l’effetto splendente – che potrebbe essere fastidioso – diminuirà e la vostra opera sarà meravigliosamente satinata, come un dipinto parietale di Pompei o come le tavolette di Fayyum.

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NEL FILMATO, LA TECNICA TRADIZIONALE DELL’ENCAUSTO
CHE PUO’ ESSERE RESA MOLTO PIU’ SEMPLICE DALLA METODOLOGIA DI STILE, POCO SOPRA ILLUSTRATA