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Dipinti e diagnosi: effetto cataratta sul ponte di Monet. Retinopatia sulle bagnanti di Degas




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Non sempre i capolavori sono generati dalla piana, consapevole volontà dell’artista: questo, almeno, è ciò che afferma Michael Marmor, oftalmologo dell’università di Standford. Riproducendo al computer il modo in cui è degenerata la vista di Monet e Degas, entrambi affetti da patologie degli occhi, è giunto alla conclusione che la perdita della forma, fino a sconfinare nell’astrattismo, evidenziabile in alcune loro opere fosse legata all’avanzamento della malattia: Monet, è risaputo, era affetto da doppia cataratta, che modifica la percezione dei colori e che li espande; Degas invece soffriva di un disturbo della retina responsabile dell’offuscamento della vista:
Per la sua ricerca, pubblicata dagli Archives of Ophtalmology, Marmor ha considerato gli ultimi quadri prodotti dagli artisti, e ne ha offuscato le immagini attraverso un comune programma di fotoritocco, sulla base dei sintomi presentati dai suoi pazienti afflitti dalle suddette malattie.

Edgar Degas, Bagnanti, una delle ultime opere
Edgar Degas, Bagnanti, una delle ultime opere

Egli scrive: “Queste versioni simulate rappresentano come in realtà i pittori vedevano i soggetti. Le ultime raffigurazioni delle donne al bagno di Degas sono così offuscate che non si riescono più a distinguere i colpi di pennello. Se si prende invece il dipinto di Monet del ponte giapponese di Giverny, si nota che i colori sono oscuri e tendenti al giallo, anziché brillanti come nelle opere precedenti. E questo è proprio uno dei sintomi della cataratta”.
Che i due artisti fossero affetti da patologie degli occhi è cosa risaputa. Degas avrebbe cominciato ad avvertire i primi sintomi della malattia intorno al 1860, tanto che, se vent’anni più tardi i suoi lavori apparivano offuscati, quelli realizzati nel ’900 erano costituiti per lo più da ombre.
In alcune lettere del 1914, Monet si lamentava della pessima percezione dei colori: “I miei rossi diventano sempre più fangosi, e i miei quadri diventano sempre più scuri”. Ad avvalorare la tesi di Marmor il fatto che il pittore, sottoposto ad una risolutiva operazione agli occhi nel 1923, sia ritornato a dipingere come nei primi anni di attività.

Claude Monet, Angolo con il bacino delle ninfee, 1918-19
Claude Monet,
Angolo con il bacino delle ninfee, 1918-19

Ancor prima di sentire le reazioni degli storici dell’arte, l’oftalmologo si è “tutelato” da ogni accusa, affermando che difficilmente essi condivideranno la sua teoria, dal momento che “non guardano a motivazioni che non siano legate alla storia o alla psicologia”.
UN VIDEO DEDICATO ALLE NINFEE, TRA MESSA A FUOCO PERFETTA, REALIZZATA DALL’OBIETTIVO, E COLORE SEMPRE PIU’ ESPANSO , IN MONET. LA POETICA DISGREGAZIONE DELLA FORMA SAREBBE STATA IN BUONA PARTE DOVUTA ALL’EFFETTO DELLA CATARATTA. MONET REALIZZO’ 250 DIPINTI DEDICATI ALLE NINFEE NEGLI ULTIMI TRENT’ANNI DI VITA