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Egina Giordano


 

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All’inizio c’è l’Eden. Paradiso limpido, cristallizzato. Immagine purissima, sogno avvolgente, universo in cui fondersi panicamente. E’ l’Uno Tutto.

La coscienza della realtà arriva subito dopo, ed è lancinante dolore. La prateria dove corrono i bisonti, la savana in cui ozia la leonessa e pascolano le zebre e le gazzelle, sono altra cosa, oramai. Un mondo braccato, massacrato, assediato, avvelenato. Ridotto a tessere di mosaico singole su un intonaco vuoto e grigio, ad anguste gabbie di un malinconico zoo.

Eppure Egina Giordano rileva, al contempo con il gesto mitico della pittura, l’energia sorgiva, primordiale, il big bang della vita con la sua insopprimibile coazione a ripetere il percorso biologico, a contrarsi, ad estinguersi, all’apparenza, ma a risorgere, pur nel lacerto, in direzione dell’eterno ritorno. E’ questa l’energia che l’artista riesce a trasmettere; un’energia che dilaga e che si concentra, che s’espande e che rientra nel nucleo.

Egina Giordano esprime la sua angoscia e, insieme, la certezza della sublimità – intesa nell’accezione romantica – nel silenzio assordante dei quadri che dipinge. Quadri nei quali la natura e gli animali sono talvolta raffigurati con calligrafica precisione. Ma, al di là del percorso che sembrerebbe riconducibile alla linea del realismo, le opere si caricano di valenze simboliste. Quelle splendide visioni, quegli insuperabili spazi primigeni, che si delineano accanto a giardini di felicità dove sarebbe bello fermarsi per sempre, altro non sono, in verità, che brandelli, cartoline spedite da vite precedenti. Reliquie iconiche da violare con parole, frasi sovente indecifrabili. Magiche formule di una sapienza arcaica e sconsolati moniti all’umanità e alla sua folle, insensata corsa verso gli abissi del nulla.

Di rilievo è il lavoro svolto dall’artista anche nell’ambito della scultura, nella quale agisce a livello di recupero e di rimodulazione di stilemi appartenenti a una linea preistorica, a dimostrazione di un’incessante ricerca esercitata nell’area archetipica.

Pur con il cuore ferito, Egina Giordano non si rassegna. Raccontare con le sue opere è una necessità, un antidoto contro l’amarezza, il risalire dal quotidiano a un serbatoio di forze mitiche; e – ancora – testimonianza ed auspicio. Perché, di quell’Eden, qualcosa rimanga, non fossero che rari, indefiniti frammenti evocativi. Fantasmi su cui costruire la possibilità di continuare a sognare