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Emigrazioni, i capolavori di Jacob Lawrence, il re della pittura afro-americana




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di Stefano Maria Baratti
L’attuale rassegna presso il MoMA di New York (fino al 7 Settembre) con sessanta dipinti di Jacob Lawrence (1917-2000) intitolata Migration Series, si riallaccia alla tematica della Harlem Renaissance, il movimento artistico e culturale sorto nel quartiere di Harlem verso l’inizio degli anni venti ad opera della comunità afroamericana. Il MoMA aveva già ospitato la medesima serie nel 1940, quando Lawrence fu proclamato il massimo esponente della pittura afroamericana negli Stati Uniti.
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Nato nello stato della Carolina del Sud, a tredici anni, l’artista arriva ad Harlem con la famiglia, insieme a migliaia di membri della comunità dei neri americani che dopo l’abolizione della schiavitù e le conseguenze della prima guerra mondiale, migrano verso le grandi città del nord sotto l’influenza dell’industrializzazione e dell’emergere di una nuova cultura di massa. Saranno proprio questi forti contrasti, frutto della diaspora africana dal 1900 al 1940, e le trasformazioni sociali e intellettuali della comunità, a influenzare la serie dei dipinti di Lawrence (eseguiti su cartongesso quando aveva solo 23 anni), dove i ricordi del vissuto migratorio della famiglia e le innumerevoli umiliazioni e difficoltà subite dal razzismo istituzionalizzato, conferiscono palpabile consistenza alla scelta dei soggetti, quasi sempre colti nella solidarietà del gruppo che rappresenta l’idea del “Nuovo Negro” – a seguito della pubblicazione dell’antologia di racconti The New Negro ad opera di Alain Locke, nel 1925 – che dopo l’abolizione della schiavitù inizia a lottare per l’inserimento dei neri nella società, per l’eguaglianza politica e per l’autodeterminazione economica e culturale.
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La pittura di Lawrence, definita dall’artista “Cubismo Dinamico”, diviene mezzo espressivo in grado di far risuonare le emozioni profonde che caratterizzano il fenomeno dell’ Harlem Reinassance, la rinascita di un quartiere che incluse un’ampia varietà di elementi e stili culturali, tra cui una prospettiva panafricanista che univa il mondo della cosiddetta “cultura alta” alla cultura e alla vita di strada, passando dall’arte rappresentativa al cubismo, dalle forme di musica tradizionale – come il blues e il jazz – a a nuove forme letterarie sperimentali come il modernismo o, nell’ambito della poesia, della poesia jazz.
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Il “Cubismo Dinamico” di Lawrence offre emozioni cromatiche inconsciamente temute, conducendoci alla scoperta del dichiarato orgoglio razziale dell’ Harlem Renaissance, che grazie al lavoro, all’intelligenza, alla produzione letteraria, all’arte e alla musica, poteva sfidare il diffuso razzismo e gli stereotipi sui neri diffusi all’epoca, unitamente al dilemma di esibire le proprie opere ad un pubblico finora composto da un’élite bianca.

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L’artista si avvale di una tecnica pittorica che segna la dissoluzione della prospettiva tradizionale, esamina l’identità dei neri americani, puntando ad una riorganizzazione dello spazio pittorico e rivendicando la libertà di esprimersi a proprio modo. Lawrence potenzia la sintesi plastica delle forme, sviluppa una lettura della realtà in chiave volumetrica e moltiplica i punti di vista secondo cui il soggetto viene osservato, promuovendo una politica progressista dove viene esaminata l’integrazione razziale e sociale, celebrando la cultura nera che era emersa dalla schiavitù, e i loro legami culturali con l’Africa.
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