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Giovanni Frangi, sassi e cascate dipinte nel museo


Nella pagina, tre dipinti e una scultura di Giovanni Frangi
Notte dopo notte, per Mille e una notte, Sherazade desta l’attenzione del suo re raccontandogli le sue storie, sospendendole al loro concludersi per rinviare il finale alla notte successiva.
Così le opere di Giovanni Frangi penetrano gli ambienti austeri del San Matteo di Pisa, lambiscono i capolavori del Medio Evo e del Rinascimento che qui sono custoditi, creando l’attesa del dopo, conducendo il visitatore lungo un percorso dove inizio e fine coincidono.
Per questa sua importante mostra-istallazione site specific, Frangi ha creato nuove creature, traendole dalla natura: tronchi, sassi, boschi. Guardati a vista dai grandi Crocefissi, dalle Sacre Passioni, dai fondi ori del San Matteo, museo certo tra i più ricchi e suggestivi d’Italia.
Sherazade è una mostra promossa dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo – Soprintendenza per i Beni Architettonici, Paesaggistici, Artistici, Storici ed Etnoantropologici per le province di Pisa e Livorno, Museo nazionale di San Matteo, a cura di Dario Matteoni e Massimo Recalcati.
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Quello della natura è un tema ricorrente nell’opera di Frangi. Fin dai suoi esordi, il percorso dell’artista milanese si è concentrato nell’indagare il mondo naturale in molti suoi aspetti particolari e, all’interno di quei confini, Frangi ha sempre trovato la sua ispirazione. L’adesione alla realtà lo porta a ricreare coi mezzi diversi una realtà trasfigurata che è tipica della sua cifra espressiva, utilizzando un movimento lento di avvicinamento al dato naturale e in parallelo a un suo allontanamento fantastico .
Il dialogo con le opere e con la struttura architettonica del Museo di San Matteo diventa l’elemento determinante di questa esposizione in cui interagiscono lavori degli anni passati con alcuni recenti.
frangi sherazademQui Sherazade, che da il titolo alla mostra, è una scultura in cui una forma di un tronco, diventato rosa, (nella foto, sopra)sembra strisciare e muoversi sul pavimento a farsi strada tra i capolavori del San Matteo. Come altre sculture serpente, alcune in gommapiuma o in gesso dipinto o altre ancora in poliuretano rigido, “reperti” che conducono il visitatore, alla stregua dei sassi di Pollicino, in un percorso di andata e ritorno senza soluzione di continuità.
Passando per un ambiente dove grandi dipinti di boschi cupi, cresciuti tra cascate e rocce, si specchiano su opere subacquee, filamenti limacciosi di una alga pluricellulare. Altrove, quadri di sassi si confrontano con un disegno su tela di un parco milanese, ospite inatteso. Con un piccolo lago finto in cui le piante si riflettono come in un cartoon.
In una terza stanza cinque dipinti, meglio sinopie, propongono paesaggi visti dall’alto. Qui l’orizzonte si perde oltre il limite della tela, nell’azzurro del cielo.
Il viaggio pisano di Giovanni Frangi è fatto di contrasti, di cortocircuiti inaspettati, a suggerire diverse chiavi di lettura di ogni singola opera.
Il tutto nel contesto, potentissimo, del Museo nazionale di San Matteo. Qui le opere di Frangi si confrontano con una incredibile collezione di sculture lapidee e lignee, con capolavori assoluti dal primo Medioevo al Cinquecento. Emozionano le testimonianze di ignoti maestri del più intenso romanico non meno dei capolavori di Giovanni Pisano e di Donatello. Così come i dipinti che documentano ciò che di meglio ha saputo offrire l’arte in Toscana e a Pisa dagli esordi del secondo millennio al Cinquecento, compresi i capolavori di Simone Martini, Ghirlandaio, Masaccio. Se non bastasse, il San Matteo propone anche codici miniati, ceramiche, oreficerie in un incredibile, e purtroppo scarsamente noto, grandioso “affresco” del Medioevo.
In questa raffinata “Teca dell’antico”, il direttore, Dario Matteoni, ha voluto proporre un confronto, site specific, con l’arte contemporanea, invitando grandi artisti d’oggi ad un confronto con i maestri dello ieri. Giovanni Frangi e Sherazade hanno accolto la sfida.
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Giovanni Frangi. Sherazade. Pisa, Museo di San Matteo (Piazza San Matteo in Soarta 1). Mostra promossa dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo – Soprintendenza per i Beni Architettonici, Paesaggistici, Artistici, Storici ed Etnoantropologici per le province di Pisa e Livorno, Museo nazionale di San Matteo, a cura di Massimo Recalcati con Dario Matteoni.
Orario:8,30 – 19,30, festivi 8,30 – 13,30. chiuso il lunedì.
Ingresso al Museo e alla Mostra: interi euro 5 ridotti euro 2,50. Catalogo a cura di Massimo Recalcati con un intervento di Dario Matteoni.
LA BIOGRAFIA
GIOVANNI FRANGI (Milano, 1959; vive e lavora a Milano)
Giovanni Frangi nasce a Milano il 12 Maggio 1959. Inizia a dipingere prestissimo.
Nel 1982 si diploma all’Accademia di Brera. Nello stesso anno partecipa a una collettiva milanese alla Rotonda della Besana, dove torna l’anno successivo con alcuni pastelli per la mostra Artisti e scrittori. Il 1983 è l’anno della sua prima personale alla galleria La Bussola di Torino. Nel 1986 riesordisce con una personale alla Bergamini di Milano. La mostra è fatta di tele raffiguranti finestre, poltrone, sedie, tavoli e segna l’invenzione di un proprio alfabeto. Il catalogo contiene una presentazione di Achille Bonito Oliva. Nel 1987 espone presso la galleria Poggiali e Forconi di Firenze, dove negli anni successivi sarà presente in altre occasioni monografiche.
Nel 1989 per la prima volta le opere di Frangi si presentano in un contesto internazionale alla Galerie du Banneret a Berna, dove torna nel 1990 e nel 1992. Seguiranno poi Barcellona nel 1989, New Orleans nel 1993, Carmel nel 1994, Losanna nel 1995, Hong Kong nel 1997, Marsiglia nel 1998, San Francisco nel 2000, Los Angeles nel 2001, Pechino nel 2005, Hanoi nel 2007 e Francoforte nel 2008.
Nel 1997 una mostra antologica a Palazzo Sarcinelli di Conegliano riassume il lavoro svolto da Frangi intorno al tema dominante del paesaggio, che in quel momento significa rappresentazione di tangenziali e svincoli autostradali. Nello stesso anno vince il premio della XII Quadriennale ed espone nella sala del Cenacolo di Montecitorio a Roma il ciclo La fuga di Renzo, il racconto di un viaggio nella laguna. Si parte da un porto al tramonto e si giunge in piena notte davanti a un impianto industriale illuminato dalla luna. Per la prima volta Frangi non pensa a tele singole ma a un progetto unitario. È l’inizio della collaborazione con Giovanni Agosti.
Nel 1998 alla Compagnia del Disegno di Milano espone Il giorno e la notte, due soli quadri dello stesso formato che si fronteggiano fino a far scoppiare lo spazio della galleria. In questa stessa sede era stata montata dieci anni prima Testori-Frangi-Milano con un testo di Giovanni Testori – personalità cruciale per la formazione di Frangi – e nel 1992 Opere 1991-1992, questa volta con un testo di Luca Doninelli.
Nel 1999 allestisce al Palazzo delle Stelline di Milano un bosco costituito da 13 tele: Il richiamo della foresta. I dipinti sono per terra sorretti da supporti di ferro. Quinte teatrali in cui lo spettatore si avventura respirando il mutare delle stagioni fino a un enorme scenario innevato. Inaspettatamente all’uscita si guarda verso i retri delle tele, ribaltamento conclusivo di un’illusione naturalista. Sempre nel 1999 debutta alla Biennale di Venezia lo Zio Vanja di Cecov per la regia di Federico Tiezzi. Il sipario – ancora una volta un bosco – è di Giovanni Frangi.
Nel 2000 alla galleria Lawrence Rubin di Milano va in scena Giovanni Frangi. Sculture. Una mostra per l’estate, fatta unicamente di opere su carta di grandi dimensioni, oltre a una grande scultura esposta nel giardino intitolata Fiordifragola. Da qui comincia il Frangi scultore. Lo stesso anno la Galleria dello Scudo espone Viaggio in Italia. Congedi da temi molto frequentati (per esempio le vedute di Porto Marghera) e aperture su nuove direzioni: gli uccelli che volano, i sassi, i pesci nell’acqua… Riprende il lavoro di incisore.
Nel 2001 la Galleria dello Scudo presenta al Miart di Milano Come un installazione. Lo stand della fiera diventa luogo poetico dove dipinti di dimensioni molto varie sono accostati a sculture che dal pavimento risalgono sulle pareti. Nello stesso anno Giovanni Frangi pubblica 45 giri, una raccolta di quarantaquattro piccole tele dove le opere instaurano un imprevisto gioco di rimandi con i rispettivi titoli.
Nel 2004 presso le scuderie di Villa Panza a Biumo alle porte di Varese, prende vita Nobu at Elba, un’opera composta da quattro grandissime tele dipinte e da una ventina di sculture in gommapiuma. Una luce illumina la scena a intervalli regolari per dare l’emozione di una notte vicino a un corso d’acqua in un ambiente disabitato. La preparazione del lavoro è documentata da un album di 132 fogli che racconta, tra mille divagazioni, la progressiva definizione del progetto.
Sempre nel 2004 alla Galleria dello Scudo di Verona è la volta di Take off, una nuova serie di paesaggi ripresi dall’alto, quasi una Italia vista dal cielo.
Nel 2005 da Antonella Cattani a Bolzano organizza la mostra Ti ci porto. Qui ricostruisce un racconto alpino: una grande cascata, quadri con il fondo del Tambac e Cacao, un’istallazione di 14 sassi dipinti dispersi sul pavimento. Nello stesso anno partecipa alla seconda edizione della Biennale di Pechino.
Nel 2006 a Firenze presso Poggiali e Forconi apre View master, un diorama naturale fatto di gommapiuma che si può solo spiare solo da un buco. Un omaggio all’Étant donnés di Marcel Duchamp, una sorta di grande scultura che invade gli spazi della galleria: la ricostruzione di un fondale marino da un lato e un’immagine ispirata al disgelo dei ghiacci dall’altro. In seguito View master – Il fondo del mare sarà esposto anche a Torino presso la Promotrice della Belle Arti in occasione della mostra Senza famiglia.
Nel 2007 al Miart di Milano nello spazio della Galleria dello Scudo presenta Underwater, una serie di nuovi quadri realizzati con supporti di tele emulsionate e poi dipinte con resine e pigmenti. I soggetti sono immagini di flora sottomarina, forse esotica, ma tratte da fotografie scattate nell’acquario di Genova. Nel mezzo della sala Noa Noa, una scultura a forma di biscia d’acqua ricoperta di lana di vetro.
Nel 2008 Feltrinelli pubblica Giovanni Frangi alle prese con la natura di Giovanni Agosti che racconta la storia di Frangi degli ultimi dieci anni, dalla Fuga di Renzo a una mostra mai fatta alla Serra Grande del Giardino di Boboli. Nello stesso anno espone a Francoforte alla galleria Raphael 12 Sassisassi Eine organiche austellung. Skizzen, Tische, Bilder, Fotografien und Plastiken dove si confronta con il tema dei sassi utilizzando tecniche diverse, dai tavoli con inseriti sassi veri dell’Anza di Macugnaga alle fotografie dipinte col primal. Sempre nello stesso anno lavora con Corrado Albicocco e espone alla Gamud di Udine Pasadena, un ciclo di trenta incisioni al carborundum ispirate alle piante dell’Huntington Botanical Gardens. La mostra andrà poi a Bolzano, a Novate, a Francoforte e a Rapallo, nel 2013.
Nel 2009 realizza all’Oratorio di San Lupo a Bergamo l’installazione MT 2425. Il pavimento dell’edificio è ricoperto da una superficie argentata eseguita in resina poliuretanica, contrapposta a un cielo azzurro chiamato Domenica pomeriggio posto sulla volta come un affresco del Settecento.
Nel 2010 espone al MART di Rovereto Giardini pubblici una grande opera ispirata ai giardini pubblici di Milano nell’ora dell’imbrunire corredata da tutti gli studi preparatori eseguiti prima, durante e dopo il dipinto: disegni, cartoni, fotografie, fotografie dipinte, schizzi e particolari esposti come se fossimo nel futuro e guardassimo indietro nel tempo. Costruisce poi a Bergamo, presso il Credito Bergamasco, Divina – wallpaper. dodici dipinti con piccole foglie che rivestono una stanza come carta da parati. Sul pavimento un tappeto di foglie vere. Nel mese di ottobre dello stesso anno al Teatro India di Roma presenta il ciclo La règle du jeu, sei grandi quadri variazioni di una stessa immagine, i giardini di Porta Venezia delineati dalle ombre, e crea due paraventi Japan e Fragile che vengono esibiti presso la sede di Antonella Cattani a Bolzano.
Nel 2011 è invitato a partecipare alla 54. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia nel Padiglione Italia ed espone a Milano al Museo Diocesano dove riprende la mostra romana La règle du jeu ampliandola con quattro dipinti. A Villa Manin a Passariano di Codroipo in Straziante, meravigliosa bellezza del creato, di ispirazione pasoliniana, raccoglie in undici stanze alcuni lavori realizzati dal 2006 al 2011 in una sequenza poetica. Una sorta di antologica e di verifica degli anni recenti per cui dai Cieli si passa ai Fondi del mare, da Vallemosso ai Paraventi, dal View-master a Pasadena…
Successivamente allestisce Albatros alla Galleria Civica d’Arte Contemporanea Montevergini di Siracusa, con dipinti sospesi come stendardi.
Nel 2012 allestisce Mappe nella stanza degli stucchi di Villa Morosini a Polesella alle porte di Rovigo, delle cornici di stucco barocche ospitano tredici dipinti ispirati ai paesaggi del delta del Po e alle nuvole, ed espone per la prima volta in India dove monta una stanza con Fragile presso la Sakshi gallery a Mumbai. Nel dicembre dello stesso anno presenta il ciclo di lavori su carta Il Rosso e il Nero presso la Galerie du Nord del Parlamento Europeo di Strasburgo.