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I nostri antenati si curavano con quadri e immagini


Abbiamo, in precedenza parlato, nell’arte tra Quattrocento, Cinquecento e Seicento delle cosiddette immagini agentes. Immagini non neutre né neutrali che venivano utilizzate per richiamare la fortuna, per agire sulla memoria o per allontanare malattie e malocchio. Nella nostra professione, a diretto contatto con manuali antichi di iconografia, capita di imbattersi in aspetti curiosi legati alle emanazioni delle immagini stesse e al loro utilizzo magico. Le nature morte, ad esempio, avevano una funzione che, al di là degli aspetti decorativi, era collegata al richiamo della prosperità sulla casa nelle quale fossero esposte. Le immagini-agenti più diffuse e dotate di potenza erano – e sono –  quelle con soggetto religioso, poiché costituiscono una protezione per l’ambiente in cui sono collocate e per chi le osserva.
ABRA
Un caso particolare di immagine magica è costituito da questo triangolo di Abracadabra pubblicato in un libro uscito a Parigi nel 1808, le Dictionnaire abrégé de la fable. Leggiamo il lemma dell’antica enciclopedia:
“Abracadabra, nome che serviva a formare una figura agente di natura superstiziosa alla quale si attribuivano la virtù di di prevenire le malattie e di guarirle, nonché di portare fortuna. Si pensava che le lettere dovessero essere disposte nel modo in cui vediamo nell’immagine”. Il triangolo veniva portato sul corpo, come le immagini sacre – anch’esse agentes – od osservato a lungo per assumerne la potenza.
 
Ecco, aggiungiamo noi, il motivo per il quale il termine abracadabra oggi è rimasto diffusamente – e ironicamente – a indicare una formula magica. Fu evidentemente il suo ampio utilizzo nella forma di triangolo scalare a giustificarne la lunga sopravvivenza del significante.
Il compilatore dell’enciclopedia aggiungeva che Abracadabra derivava da Abrax una delle antiche divinità legate a Mitra, il dio persiano del sole.
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