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Idealità, etica, design e cultura: la Lettera 22


Chi non ha mai sentito parlare della Lettera 22, chi non l’ha usata, chi non ha mai ascoltato la melodia musicale che solo le macchine da scrivere sanno creare?  La Lettera 22 fu ideata nel 1950 dall’architetto Marcello Nizzoli, insieme all’ingegnere Giuseppe Beccio, all’interno della fabbrica Olivetti di Ivrea. Il nuovo modello era assolutamente rivoluzionario e innovativo rispetto la precedente Lexikon 80, sia per dimensioni che per peso; si tratta infatti del medesimo passaggio che si ebbe dai computer fissi ai portatili, misurava 8,3 x 29,8 x 32,4 cm, pesava circa 4 chilogrammi e veniva venduta con una custodia con manico per agevolare il trasporto.

Il giornalista Indro Montanelli, scrive l'articolo rapidamente e in un luogo di fortuna con la sua Lettera 22
Il giornalista Indro Montanelli, scrive l’articolo rapidamente e in un luogo di fortuna con la sua Lettera 22

Le dimensioni ridotte e la facile trasportabilità nulla toglievano alla funzionalità del nuovo modello, anzi aggiungevano innovazioni tecniche. La Lettera 22 ricevette premi sia in Italia che all’estero. Nel 1954 le fu assegnato il Compasso d’Oro, riconoscimento istituito da Giò Ponti e attribuito dall’Associazione Disegno industriale. Nel 1959 l’Illinois Institute of Technology la valutò come la miglior opera di design del nostro secolo. La Lettera 22 attualmente è esposta nella collezione permanente del Museum of Modern Art di New York e in quella del Triennale Design Museum di Milano. Moltissimi tra i grandi, grandissimi scrittori e giornalisti la usarono e amarono il suono dei suoi tasti componendo con essa brani musicali, in cui il tempo del loro spartito poteva essere un Andante o un Lento, quando necessitavano di una meditazione su un’idea, o poteva diventare un Allegretto o un Vivace, quando la certezza di pensiero faceva correre veloce le loro dita sui tasti. L’addio alla macchina per scrivere, sostituita da strumenti informatici, sicuramente molto più comodi, ha tolto, in parte, la forza immediata dell’idea, permettendoci di correggere, cancellare, riscrivere con estrema facilità, cosa che non accadeva in passato, perché il testo andava rifatto ex-novo.
La macchina conservata al Moma di New York
La macchina conservata al Moma di New York

Se si scava anche solo un momento nella vita di Adriano Olivetti (1901-1960) che fu l’uomo che volle la realizzazione della Lettera 22 e di molti altri prodotti, avviando e anticipando con un’equipe di studiosi il prototipo di un calcolatore elettronico, antesignano dei computer, si scopre che era un idealista, un uomo in cui l’etica, la morale e la cultura erano a fondamento del suo essere. Avversato da tutti i poteri forti, come la politica e le banche, continuò, proseguì e ancora continuò, portando avanti i suoi ideali, nella consapevolezza del modo in cui il denaro e il potere siano effimeri e presto vengano inghiottiti dal tempo. Dato che era un grande lettore di testi filosofici, politici e letterari, aveva anche fondato una Casa Editrice. Ci piace immaginare che avesse letto la parte conclusiva del carme In morte di  Carlo Imbonati, uscito dalla penna di un giovanissimo Alessandro Manzoni nel 1805, in cui vi sono espressi magistralmente i pensieri che mossero il suo agire, pensieri che sono anche quelli di chi scrive: (…) “Sentir”, riprese, “e meditar: di poco essere contento: da la meta mai non torcer gli occhi: conservar la mano pura e la mente: de le umane cose tanto sperimentar, quanto ti basi per non curarle: non ti far mai servo: non far tregua coi vili: il santo Vero mai non tradir: né proferir mai verbo, che plauda al vizio o la virtù derida”.  La Lettera 22 è la forza di un uomo, la forza delle  idee di un uomo. Per tutti noi c’è una Lettera 22 che possa permetterci di essere liberi e riuscire a sfondare i  molti muri che si frappongono nel nostro incedere, basta avere il coraggio di far cadere il primo: gli altri lo seguiranno per  l’effetto “domino”. Per tutti noi c’è una Lettera 22.
NEL FILMATO LA STORIA DELLA LETTERA 22, LINEE DI DESIGN CHE PORTARONO LA MACCHINA AL MOMA


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