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La continenza di Scipione – Il saggio rinuncia a possedere una bella nemica


Sono numerosi i pittori che, tra il Cinquecento e il Seicento, si sono cimentati nella rappresentazione di scene piccanti, traendo ispirazione dal mondo antico, colto come schermo erudito per offrire ai collezionisti dipinti caratterizzati da una forte sensualità, ma dotati, al tempo stesso, di un’ambigua copertura culturale.

Dagli eventi storici a quelli mitici, fino ad episodi biblici, molte situazioni narrative si sono rivelate un ottimo pretesto per raffigurare seni pieni, fianchi prosperosi, piedi delicati, generosamente offerti alla vista dei curiosi oppure destinati ad alimentare sogni privati di ricchi committenti.
Altre volte si è preferito utilizzare scene potenzialmente lascive, tratte anch’esse dal passato, per un fine moralmente costruttivo, come nel caso di Memmo di Filippuccio con le gesta di Fillide e Aristotele, racconto moraleggiante che sa di favola, ma che affonda le proprie radici nella tradizione classica.
Lattanzio Gambara viene invece chiamato a rivolgersi alla memoria del tempo traendo da essa principalmente quegli episodi che siano testimonianza della virtù dell’uomo, della sua forza e saggezza di fronte agli allettamenti del peccato, mettendo eticamente alla prova lo spettatore, interpellandolo cioè sul comportamento che egli avrebbe assunto in una situazione di vantaggio erotico.

Lattanzio Gambara, La continenza di Scipione
Lattanzio Gambara, La continenza di Scipione

L’opera venne strappata nel 1852 dalla sua collocazione originale, le pareti di una delle case del Gambero, nel centro di Brescia. La scena di per sé si presterebbe facilmente ad una lettura in chiave sensuale. Scipione, condottiero romano, ha appena conquistato Cartagine e, in quanto generale vittorioso, dovrebbe ricevere per diritto – tra onori e tributi – una bella donna con la quale festeggiare.
Gli eventi che seguono vogliono sottolineare la capacità di controllo del militare che, venuto a conoscenza che la giovane è fidanzata, la lascia andare senza esitazione, nonostante la sua avvenenza, cedendole anche i due vasi d’oro che il padre di lei, accompagnato dal fidanzato supplicante, ha portato in dono in cambio del rilascio. Per quanto moraleggiante, l’episodio si prospetta come un racconto erotico che, dai presupposti sensuali, chiude all’improvviso – ma al di fuori della scena stessa – con un epilogo edificante.
Dicevamo della sensualità della scena: al centro appare la ragazza con le vesti strappate che lasciano intravedere la pelle rosea e porzioni di corpo, in composta sottomissione nell’attesa del turpe atto; in disparte, il prode che rinuncia sia a lei sia al prezioso dono, con espressione solenne.