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Jan van Eyck e il dipinto a doppio fondo



di Enrico Giustacchini

UN QUADRO IN 30 RIGHE – La Vergine della fontana, opera giovanile di Jan van Eyck, è un miracolo. Un miracolo condensato in uno spazio microscopico, dodici centimetri di base per diciannove d’altezza, meno di una comune busta per corrispondenza. Un miracolo che si rivela con l’accendersi di una luce pura, gioiosa e pervasiva.
La Vergine è insieme solenne – per via del plastico manto che la avvolge – e soavissima, nell’incontro ravvicinato del suo viso da fanciulla del nord con il tenero corpicino dell’Infante. Davanti a lei, una fontanella dal quieto zampillare. Alle sue spalle erbe, e foglie, e fiori: un angolo di giardino senza rare, aristocratiche corolle, scampolo di un paradiso umile e ciononostante meraviglioso, un paradiso che la pittura – pensa il giovane Jan – dovrà pur cominciare a raccontare; perché non ad altro serve la pittura, se non a raccontare bellezze e misteri del mondo, tutte le bellezze e tutti i misteri, anche i più, all’apparenza, insignificanti.
jan van eyck-la vergine della fontana

A questo punto, Van Eyck il rivoluzionario deve aver provato un brivido. “E se stessi andando troppo in là? – dev’essersi chiesto, spaventato. – E se i fiorellini selvatici, e gli steli d’erba, e le anonime foglie fossero un fondale inadeguato per sovrapporvi l’immagine del figlio di Dio e di sua madre?”. Ed ecco così calare dall’alto, appesi a invisibili funi, due macchinisti teatrali travestiti da angeli, a reggere un secondo fondale, una stoffa preziosa ricamata d’oro che si srotola, giù, ai piedi di Maria.
Non sappiamo se la trovata lasciò soddisfatto il nostro pittore. Quel che invece sappiamo con certezza è che egli non rinunciò, in seguito, a lavorare attorno al problema. Fino a risolverlo in uno dei suoi quadri più celebri, la Madonna del cancelliere Rolin, sintesi sublime di luce, volti umani, natura e tessuti arabescati.