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La Deposizione di Rosso Fiorentino e D’Annunzio. Entrare nella struttura del quadro


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Rosso Fiorentino, Deposizione dalla croce, olio su tavola 375x196 cm. firmato e datato 1521, Pinacoteca di Volterra.
Rosso Fiorentino, Deposizione dalla croce, olio su tavola, 375×196 cm., firmato e datato 1521, Pinacoteca di Volterra.

Gabriele d’Annunzio, com’è noto, fu un grande estimatore d’arte. Il romanzo “Il Piacere” è una quintessenza di citazioni artistiche. Ma il suo ruolo di penetrante esegeta si è svolto in modo molto acuto anche in “Forse che sì, forse che no” (1910), storia di aviatori che sfidano l’impossibile e di giovani aristocratiche.

Ecco due dei protagonisti davanti ala Deposizione di Rosso Fiorentino: “Faceva qualche passo; andava verso la Deposizione, chiudendosi gli occhi con le palme. Li riapriva dinanzi al quadro, considerava la muta tragedia; poi si sedeva in disparte, senza distogliere lo sguardo. ‘Ti sembra di crearlo ogni volta; è vero?’ le diceva il fratello. ‘Nacque dalla musica; rinasce dalla musica. E forse tu sei quel giovinetto bruno come l’oliva, che regge lo scalèo con le sue due braccia nude e guarda la capellatura della Maddalena, attorta come un gruppo di rettili decapitati. Senti come grida la Peccatrice? Sento come singhiozza il Prediletto?’ Veramente la rossa veste della donna prona alle ginocchia della Santa Madre era come il grido della passione ancor tumida di torbo sangue. Gli sbattimenti interrotti della luce sul mantello giallastro del Discepolo erano come i singhiozzi dell’anima percossa. Gli uomini sugli scalèi erano come presi nella violenza di un vento fatale. La forza si agitava nei loro muscoli come un’angoscia. In quel corpo ch’egli traevano giù dalla croce, pesava il prezzo del mondo. Invano Giuseppe d’Arimatea aveva comprata la sindone, invano Nicodemo aveva recata la miscela di mirra e d’aloe. Già il vento della Resurrezione soffiava intorno al legno sublime. Ma tutta l’ombra era in basso, tutta l’ombra sepolcrale era sopra una sola carne, era sopra la Madre oscurata, sopra il ventre che aveva portato il frutto di dolore. ‘La luce m’è sparita’ aveva detto nell’antico lamento. Fra Maria di Cleopa e Salomè, tra due donne ignare e caduche, ella era già come un lembo della notte eterna”.

“D’Annunzio coglie poeticamente gli elementi strutturali della Deposizione di Rosso Fiorentino – ha scritto il critico Maurizio Bernardelli Curuz – Il pittore conferisce un’estrema forza di movimento al dipinto assegnando alla Croce la funzione geometrica di un fondo statico e solenne, sul quale, in contrasto,  l’autore dispone i corpi secondo una continua rottura delle linee rette. I corpi sono segmenti discontinui, che mutano direzione, come colpiti dal vento o trasformati nella scarica elettrica di un fulmine”.

“Le rette perpendicolori della croce e delle scale sono frante da questo movimento scalare, obliquo doloroso – proseguiva il critico –  sottolinea il faticoso, dolorosissimo recupero del corpo di Cristo, che ha il peso enorme del divino e pare incastrarsi ad ogni angolo. L’occhio di chi osserva è costretto a mutare direzione. Rosso Fiorentino qui compie un prodigio, annullando, con il parossismo della segmentazione, la visione rettilinea del Rinascimento”.

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