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Le bagnanti nella pittura. Da dove nasce il mito?




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Il tema del nudo femminile, affrontato da decina di pittori di primaria grandezza nel soggetto delle Bagnanti, rappresenta uno dei motivi ricorrenti nell’ambito della cultura figurativa francese a cavallo tra Otto e Novecento; un tema che per una certa fissità del modulo divenne occasione, da parte degli artisti, di sperimentare la novità del proprio linguaggio, rispetto alla linea della tradizione.
Ma non fu solo questo. Ora dobbiamo chiederci perché le immagini di gruppi di donne al bagno fossero riprese in modo ossessivo, al punto da configurare un vero e proprio genere pittorico. In una società che adorava più o meno segretamente la pelle femminile, ma era costretta a vivere questa predilezione in privato, il tema di una pubblica esibizione della nudità – che avveniva pur in spazi dominati dalla riservatezza – risultava altamente erotico.
Le pelli, nelle Bagnanti, erano infinite, si moltiplicavano magicamente, creavano sconfinati e sorprendenti tappeti di velluto.
Il soggetto implica pertanto il concetto di quantità – una quantità nella quale pare riflettersi memoria della prodigiosa offerta espositiva del bordello – associato a quello della sorpresa. Le donne, infatti, venivano colte dal pittore e dallo spettatore nel momento di una naturale e disarmata spudoratezza, mentre, come adepte del venereo culto, vivevano in completa libertà la propria natura. Un erotismo che passa quindi attraverso la proiezione onirica del voyeurismo maschile.
Nonostante il tema sia stato oggetto di un confronto serratissimo nel corso del pudibondo Ottocento, esso affonda le proprie radici fino all’humus della pittura rinascimentale, attraverso il recupero di episodi dal repertorio mitologico. Un divino svelato, che offriva, comunque, con l’erudita citazione del mondo classico, il pretesto per affrontare ed offrire rappresentazioni sensuali ed eccitanti. Seguendo la linea della tradizione che parte dal Cinquecento veneto
– e citiamo solo Tiziano, che ebbe modo di misurarsi magistralmente con questo tema – o romano – pensiamo al Cavalier d’Arpino – per giungere fino a Manet e Cézanne, si può aver conto dell’evoluzione del tema a livello iconografico e stilistico.
cavalierdarpinogiuseppecesaridianaeatteone
 
 
 
 
Giacomo Ceruti c 1744
Diana-e-Atteone
Il modello archetipo del soggetto è senz’altro costituito dal mito di Diana ed Atteone (qui sopra, in sequenza, il mito visto dal Cavalier d’Arpino, da Giacomo Ceruti) dalla pittura alla scultura /qui sopra il gruppo alla Reggia di Caserta. . Atteone aveva sorpreso la dea e le sue ancelle mentre facevano il bagno in una pozza d’acqua fresca e venne, per questo atto di involontaria impudenza, magicamente punito, attraverso la trasformazione in cervo; così, non più riconosciuto dai propri cani, fu sbranato dalla propria muta. Nel corso dei secoli assistiamo poi alla perdita progressiva della presenza del cacciatore Atteone, con il passaggio a un’inquadratura dedicata, in modo esclusivo, al gruppo di bagnanti.
Già nel Settecento fanno la loro comparsa alcune raffigurazioni di giovani donne che si bagnano in fiume o in mare, liberamente, raffigurazioni prive di ogni intento celebrativo del divino, come ne Bagnanti di Jean-Honoré Fragonard (1732-1806), pittore di singolare modernità, soprattutto quando si dedicò ad opere in cui una certa componente erotica si traduce in sensualità di tratto e colore. Certo, siamo negli anni del libertinismo. La concezione del corpo cambia. La donna delle classi sociali più elevate si emancipa; sceglie, seduce, svolge un ruolo attivo nell’ambito del rapporto amoroso.
Fragonard,_The_Bathers
Una variante di grande interesse nell’ambito del soggetto codificato è – nei primi decenni dell’Ottocento – la descrizione pittorica degli harem, un santificato bordello concepito per l’irruzione di un unico uomo. Jean-Auguste-Dominique Ingres (1780-1867) fu un grande adepto del nudo femminile: i suoi quadri migliori fanno registrare un reiterato confronto con tale soggetto, che egli esaltava attraverso il tema del bagno. La sua ricerca formale in questa direzione, iniziata con La Bagnante di Valpinçon, (qui sotto)
ingres
lo impegnò fino alla fine della sua vita, dando origine ad altre straordinarie figure accomunate da pose languide e voluttuose, delimitate da contorni purissimi e incarnati delicati.

Il corpo femminile
si libera nella natura
corot 3
 
 
A Camille Corot (1796-1875) si deve il trasferimento del nudo di ascendenza mitologica in paesaggi del tutto contemporanei, specie nella parte meno ufficiale della sua produzione, quella più intima e privata, composta di segreti ritratti femminili e di paesaggi colti con trepidante verità;
 
 
ma è nell’opera di Gustave Courbet (1819-1877) che la concretezza del corpo della donna, narrato spudoratamente anche nella realtà della carne esplorata a livello di mucosa, quasi che esso neghi la possibilità di una proiezione metafisica dell’umanità, dissolve ogni alone mitologico. La sua famosa Origine del mondo è uno dei più alti esempi di pittura carnale, lirica e politica dell’artista, ma in altri lavori, forse meno noti, come ne La sorgente della Loue, nella quale appare una donna di scorcio che si bagna nelle acque di un fiume, egli ci offre mirabili visioni intimiste che uniscono armoniosamente la bellezza femminile al paesaggio.
Gustave Courbet_1868
I quadri di Courbet lasciano intuire una nuova, totale libertà all’interno della quinta naturale, un reale abbandono che stride con le convenzioni borghesi del vivere urbano. Ed è per questo che i suoi nudi assumono un carattere politico e filosofico. L’origine del mondo, dice il pittore, sta in quel pube spudoratamente sfogliato e squadernato al centro della tela. E al di là della materia che genera materia, argomenta, altro non si ravvisa.
 
Lo sguardo crudo
di Edgar Degas
Sebbene la sua fama sia principalmente legata alle figure di Ballerine, anche Edgar Degas (1834-1917) dedicò una buona parte della sua produzione al tema del nudo femminile: dalla metà degli anni Ottanta la sua attenzione si rivolge a uno studio meticoloso del soggetto in questione, colto da un punto di vista totalmente nuovo poiché, come egli soleva dire, fino ad ora “si è sempre mostrato il nudo in pose che presuppongono lo spettatore”. Egli preferiva invece non mettere in posa la modella bensì ritrarla in tutta la sua naturalezza, “come guardandola dal buco della serratura”: un meccanismo che asseconda comunque, a tutti gli effetti, la preminenza visiva del primo approccio erotico maschile e che pertanto, con linguaggio diverso, si trova a seguire lo stesso meccanismo d’avvio del segmento narrativo di Diana ed Atteone.
Le sue bagnanti non sono ritratte nel contesto della natura, ma in quello più intimo della situazione domestica: decine sono le donne effigiate dal pittore nell’atto di bagnarsi, asciugarsi, pettinarsi in continue variazioni di atteggiamento. Colti con l’occhio del vero, senza idealizzazione e senza alcuna morbidezza, questi nudi, che al loro apparire sembrarono volgari, oggi rivelano l’assunzione dell’idea dell’assoluta dignità del corpo nella dimensione del quotidiano.
 
Le possenti e voluttuose dee
ritratte da Renoir
Renoir-Le-grandi-bagnanti-620x330
 
Pierre-Auguste Renoir (1841-1919) fu insuperabile nella resa delle figure femminili, soprattutto nei nudi, che immergeva nella luce lasciando che fosse essa stessa a modellarne le forme.
Quando il maestro, durante il suo viaggio in Italia, si trova al cospetto della pittura di Raffaello, specie del Trionfo di Galatea, ridefinisce la sua concezione della bellezza in arte. In questi anni il tema delle Bagnanti è sempre più frequente nel suo lavoro; i numerosi schizzi en plein air, fondamentali per catturare la purezza del colore e la luminosità delle atmosfere naturali, finiscono col divenire solo l’antefatto di opere, sempre più imponenti, realizzate in studio. Le Grandi bagnanti, dipinto preceduto da uno straordinario numero di disegni, rappresenta per lui il punto estremo di allontanamento dalla tecnica impressionista: da questo momento le sue donne nude non saranno più le sensuali e capricciose fanciulle parigine, ma dee dai corpi possenti che vibrano della stessa luce flava di Tiziano.
La monumentalità e l’alone mitologico – di una mitologia della quotidianità – che avvolgono i quadri dell’artista francese vengono suscitati da una nuova interpretazione della pittura rinascimentale italiana. Nell’impianto compositivo, che mostra palesemente l’ascendenza dal classicismo cinquecentesco, Renoir riesce ad offrire uno sguardo indiscreto di grande modernità, aggiungendo al clima vagamente mitico di una visione atemporale della donna nel contesto della natura, un senso di fresca contemplazione della bellezza calata nel presente, nell’idealizzazione dell’eterno femminino.
Le Grandi bagnanti,
testamento spirituale
di Cézanne
cezanne 1
cezanne 2
Su un fronte per molti versi opposto, ma pure complementare a quello di Renoir, agiva Paul Cézanne (1839-1906): se il primo è stato esponente di punta di una pittura giocata sulla visione istantanea e sul valore espressivo della luce e del colore tout court, il secondo è stato sistematico esploratore della struttura formale dell’immagine, e dunque maestro ideale di Picasso e del Cubismo.
L’inserimento del nudo nel paesaggio rappresenta una parte cospicua nella produzione di Cézanne, che affrontò il tema sin dagli anni Ottanta in una serie di piccole composizioni che anticipavano le complesse tele del periodo successivo. L’idea è che il pittore, alla scoperta di un linguaggio nuovo, individui un soggetto così diffuso da essere ormai usurato e che, in questo modo, egli possa immediatamente seguire gli effetti di un progressivo allontanamento linguistico da un tema ormai divenuto un luogo comune.
Le tre versioni delle Grandi bagnanti, a cui lavorò dal 1898 al 1906, possono essere considerate il suo testamento spirituale, summa di una ricerca che si connota per la perfetta sintesi di primitivismo e razionalismo, nella resa degli spazi naturali armonicamente fusi con i nudi femminili. Muovendo da disegni, studi e copie dall’antico, Cézanne ha fissato i punti chiave della composizione, ponendo particolare attenzione alla componente strutturale del quadro. In tale ciclo egli ha inteso rappresentare la “verginità” del mondo, la totale fusione delle origini tra elemento umano e naturale. La gamma dei colori è ridotta alle sfumature di ocra, lilla e verdi, mentre l’architettura dell’opera è scandita da due gruppi di figure e due quinte arboree, che aprono una profondità centrale vuota.
Questi dipinti, con la loro visione così sintetica, saranno spunti fondamentali per la storia dell’arte successiva, influenzando radicalmente tutti i protagonisti della pittura di ricerca e delle avanguardie, da Matisse a Braque, da Picasso – e qui risulta d’obbligo la citazione delle Demoiselles d’Avignon, prostitute-bagnanti – a Moore.