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Capire Magritte in 2 minuti: un mondo nuovo sospeso tra sogno e realta'


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Capire Magritte. Stile arte ripropone un’intervista a Steingrim Laursenmagritte-gli-amanti Direttore del “Louisiana Museum of Modern Art” in Danimarca, che, insieme al Soprintendente di Roma, Claudio Strinati, aveva curato la grande mostra romana dedicata all’autore belga, nel 2001


Il titolo della mostra, “La storia centrale”, è lo stesso di un dipinto ricco di aspetti onirici e dall’atmosfera sospesa in cui appare emblematica la centralità delle suggestioni dechirichiane. L’idea alla base dell’evento è appunto quella di testimoniare l’influenza dell’opera di Giorgio De Chirico sul lavoro di Magritte. Vuole spiegarci in che termini tale influenza si è manifestata?
Quando Magritte vide per la prima volta “Il canto d’amore” di De Chirico fu estremamente colpito perché in esso riscontrò liberate le idee sulla pittura che egli aveva in mente; sedotto dal senso di enigmatico mistero della realtà-altra rappresentata in quel quadro, egli comprese quale dovesse essere il linguaggio con cui esprimere il proprio mondo interno. Fu come un fulmine che liberò la sua fantasia, portandolo a inventare un nuovo modo di fare pittura, dove si fondevano fuse l’eleganza latina e l’emozionalità nordica. E’ molto importante sottolineare che l’influenza di De Chirico fu soltanto il punto di partenza per un percorso che Magritte sviluppò in modo assolutamente personale e unico, un modo “magrittiano” di rappresentare quella dimensione sospesa tra sogno e realtà.

Attraverso la Metafisica, Magritte si accosta gradualmente al Surrealismo. Fondamentale fu l’incontro con André Breton; questi era convinto del “futuro risolversi di due stati, in apparenza contraddittori, sogno e realtà, in una specie di realtà assoluta, di surrealtà”. Magritte da parte sua resta coerente a questa linea di ricerca durante l’intero arco di attività artistica. Vuole spiegarci i tratti di unicità del suo percorso tematico?
Sì, Magritte prosegue in maniera costante questo tipo di indagine in tutta la sua vasta produzione, e crea opere molto “strane”, dove l’elemento comune è la perfetta unità tematica e tecnica che le rende inconfondibili. Magritte dipinge cose reali che divengono irreali e, nel contempo, cose irreali che divengono reali. Lavora fondendo elementi solitamente opposti come il giorno e la notte, la luce e l’ombra, ciò che può essere e ciò che non può essere; così nei suoi quadri l’irrazionale si fa razionale e l’impossibile possibile. Quando si osserva un’opera di Magritte, si colgono particolari che ci sembrano assolutamente normali, ma che uno sguardo più attento svela nella loro “irrealtà”.

Dal punto di vista puramente tecnico, Magritte sviluppa una pittura “fotografica”, finalizzata a scioccare l’immaginazione, “l’intelligenza dell’occhio”. Può spiegarci su quali basi poggia tale tecnica?
Per rappresentare i suoi enigmatici uomini vestiti di nero, gli oggetti accostati e costretti ad una perdita di senso, privati della loro funzione quotidiana, i cieli azzurri attraversati da irrealmente immobili nuvole bianche, le illusioni spaziali al limite dell’assurdo, Magritte utilizza una tecnica pittorica molto precisa, vicina al metodico realismo delle accademie: un realismo quasi fotografico, appunto. Egli pensa che il quadro debba essere immagine, e che a contare non sia il quadro in sé, ma ciò che vede lo spettatore; per questo mette al bando ogni tipo di illusione, di inganno ottico. Egli giunge a creare immagini di grande impatto emotivo proprio perché, utilizzando la didattica semplicità di tale tipo di pittura, rappresenta le incongruenze di un mondo da lui scomposto e ricomposto, di una dimensione quasi allucinatoria. Non dimentichiamo che per Magritte lo scopo ultimo era quello di evocare i “misteri del mondo”.
L’aspetto concettuale, analitico della pittura magrittiana giunge ad influenzare alcuni movimenti del Novecento, come la stessa arte concettuale e la Pop Art; per non parlare del grosso debito che pubblicità e comunicazione di massa hanno avuto nei confronti della capacità del maestro di “inventare immagini raffiguranti idee”…
Magritte fu presente nell’opera di molti suoi contemporanei e precorse le epoche successive. L’ascendente di Magritte su diversi autori della Pop Art, da Warhol, a Rauschenberg a Lichtenstein, è stato determinante: tutti questi pittori acquistarono suoi dipinti. Molto significativo, in proposito, fu il grande successo che ebbe la mostra a lui dedicata a metà degli anni Cinquanta a New York. Per quanto riguarda la pubblicità e la comunicazione di massa, bisogna dire che Magitte ha avuto il merito di inventare immagini che rappresentano idee: perciò il suo apporto è stato fondamentale. La sua poetica conferisce a quello che dipinge una dimensione insolita e un incredibile potere persuasivo, molte figure del suo repertorio iconografico arricchiscono, a ben guardare, il nostro universo quotidiano. Per esempio, uno dei suoi dipinti più famosi è stato scelto per la copertina di un disco dei Rolling Stones.


Magritte visitò l’Italia due volte, subendo fortemente il fascino delle sue architetture classiche, e trasferendone il ricordo in alcuni dipinti. Quali, tra quelli in mostra, appartengono a tale serie di lavori?
Direi che quello più significativo è senz’altro “La Nuit de Pise”, dove campeggia la Torre pendente, simbolicamente sorretta da una piuma. In diverse altre opere gli elementi architettonici, quasi frammenti di ricordi di viaggio, appaiono come citazioni sparse: ad esempio, in “Cosmogonié élementaire”, in “La folie des grandeurs” o in “Madame Récamier”.
UN VIAGGIO TRA LE OPERE DI MAGRITTE

 
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