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Marco Zambrelli pittore





Marco Zambrelli è nato a Busto Arsizio (Varese) nel 1947. La sua avventura artistica inizia precocemente: dalla madre polacca che dipinge per passione viene avviato al disegno e, dopo avere conseguito il diploma al Liceo artistico, frequenta per alcuni anni Architettura al Politecnico Milano e in seguito l’Accademia di Brera, sotto la guida di Usellini. Terminerà gli studi in un secondo tempo con Luciano Caramel e Alik Cavaliere.

Come spesso avviene, la sua vera formazione artistica si compie al di fuori dalle sedi ufficiali, prevalentemente grazie alle esperienze maturate viaggiando ed entrando in contatto con altri artisti. Ventenne, Zambrelli si dedica a viaggi in Italia e in Germania. Particolarmente significativo è il soggiorno a Spoleto, durante il quale entra in contatto con numerosi artisti figurativi ed espone per la prima volta le sue opere in occasione del festival della città. Il ritorno a Milano, avvenuto nei primi anni settanta, è contrassegnato da un periodo di grandi inquietudini e tensioni esistenziali che lo conducono verso una sperimentazione pittorica marcata dalla forte dimensione psicologica, e ricca di simboli sociali anche drammatici. Una svolta decisiva avviene in corrispondenza con un viaggio a Londra, fra il 1974 e il 1976. Nella capitale inglese il pittore ‘scopre’ la leggerezza e la luce dei grandi cieli dipinti da Constable e Turner che lo inducono ad un nuovo interesse verso il rapporto luce-colore e a dedicarsi al tema del paesaggio. Tale svolta trova nella tecnica dell’incisione un adeguato veicolo d’espressione. Rapidamente, l’opera pittorica viene prima affiancata e poi sostituita da quella grafica. In particolare Zambrelli predilige l’incisione calcografica, disciplina severa e solitaria che lo occuperà quasi esclusivamente per molti anni. Alla fine degli anni ottanta si reca spesso in Nord America (Stati Uniti e Canada) e qui ha modo di affrontare un fruttuoso confronto fra il proprio percorso ed altre esperienze artistiche. Negli anni successivi la ricerca continua intorno al colore applicata nell’incisione lo occupa in maniera esclusiva: il suo è un rigore ostinato, quasi maniacale.

In seguito, tuttavia, il suo cammino pare volgere ad un’espressività meno impegnativa: nelle sue opere si intuisce la necessità di oltrepassare il dato puramente descrittivo per giungere ad una più decisa dimensione simbolica, nel tentativo di dare spazio all’interiorità. Tecnicamente inserisce sempre più spesso la ceramolle che gli consente di ottenere effetti di maggior morbidezza ed effusione. La sperimentazione tecnica è in questo periodo alimentata oltre che dal rapporto con alcuni colleghi anche da quello con i propri allievi del laboratorio calcografico di Busto Arsizio, dove insegna dal 1996. Alla fine degli anni novanta ritrova lo stimolo per dedicarsi alla pittura, in particolare durante i soggiorni estivi in Sardegna. È l’incontro elettivo con il mare a riconciliarlo con la pittura e ultimamente con i pastelli, attraverso i quali tenta un’interessante sintesi tra forma e colore. Gli oltre vent’anni di pratica incisoria gli lasciano l’eredità di una grande esperienza di luce e colore che confluisce nella pittura, rendendola meno cupa e più vibrante rispetto a quella praticata dal maestro agli esordi. “Il complesso più importante che fa parte della tematica di Zambrelli – scriveva nel 1983 Dino Villani – riguarda la campagna lombarda, quella in particolare dove asfalto e cemento non sono ancora giunti a imporre le loro mortificazioni. Qui egli respira l’atmosfera pulita dell’ambiente ed agisce sotto la spinta dell’emozione.

Capta il messaggio delle cose: della vecchia cascina che occhieggia tra le quinte verdi dei pioppi e dei platani o di antiche querce superstiti; del fossato d’irrigazione che scorre fra le alte erbe; dei campi di grano e di granturco e di qualche rettangolo rosso di papaveri con qualche azzurro fiordaliso che ricorda le invasioni di un tempo. Egli riesce con la sapiente elaborazione delle sole sue tre lastre acidate in modo da far sentire anche i lievi passaggi di tono, a rendere quest’orgia cromatica tanto bene da intonare ogni rapporto di colore, col robusto sostegno grafico dell’acquaforte matrice. Ne ricava così un complesso armonico i cui i profondi cieli, nei quali navigano bianche nuvole spinte dal vento contemplano la distesa sottostante, evidentemente compiaciuti di illuminare un natura così bella nella sua semplicità”. La mostra bresciana proporrà al pubblico una selezione di pregevoli opere realizzate a pastello di Marco Zambrelli, che sono il frutto di quel procedere successivo dalla tecnica incisoria a quella pittorica, segnato dalla profonda spinta sperimentativa, che caratterizza il suo percorso creativo, come ha puntualmente sottolineato in un testo del 2001 Alessandro Gusmano, di cui proponiamo qualche significativo passaggio: “In Marco Zambrelli competono, fin dalla giovinezza dei suoi studi di Brera, la pittura con l’arte della stampa. Le ama entrambe, ed il fascino del dipingere, dei colori, in lui si è per forza di cose coniugato con le tecniche, altrettanto affascinanti, della stampa incisa, naturalmente in più lastre, naturalmente a colori. (…) Egli ha sviluppato la tecnica dell’incisione all’ acquaforte nella maniera detta ‘alla cera molle’, già proposta nel Settecento e soppiantata, alla fine dello stesso secolo, dalla litografia (…).



Zambrelli che ben conosce le tecniche della sintesi sottrattiva della luce operata dagli inchiostri, ha sperimentato inchiostri primari (ciano, magenta e giallo) con tinte dominanti particolari, che sovrastampati generano il grigio ‘neutro’; ciò consente una gamma cromatica molto estesa, impossibile con il solo accostamento di grafismi, come di norma avviene nella stampa d’arte policroma e nell’acquaforte a colori. Recentemente Zambrelli ha voluto sperimentare la cromia realizzabile con il disegno, mediante l’impiego dei pastelli, con tale ricerca egli intende ‘esportare’ i risultati di colori ottenibili con i pastelli in termini di elementi cromatici (tinte) e di grafismi caratterizzanti (strutture, saturazione) nell’incisione a ceramolle. Un percorso arduo ma ‘virtuoso’, che inizia dal riscoprire la tecnica del pastello, con la sua materia-pigmento coprente, grassa o friabile, che richiede un trattamento del tutto differente dall’addizione di inchiostri che Zambrelli conduce in stampa. Dall’acquatinta che sovente egli ha impiegato e impiega, con velature e addizioni cromatiche possibili solo grazie alla trasparenza degli inchiostri tricromatici, si passa perciò alla stratificazione di polveri coprenti e pertanto a condizioni di strutturazione del disegno, di resa cromatica di dettaglio e di scale tonali completamente diverse. Un percorso che abbina dunque la sperimentazione, con le sue valenze (possibilità di ‘utili’ eventi casuali), alla ricerca di elementi tecnici nuovi: ciò potrebbe condurre a nuove prassi incisorie, derivanti sia da un nuovo punto di vista nell’accostarsi all’evento cromatico, si da coincidenze tecniche/artistiche che potrebbero lievitare in nuove ipotesi di lavoro, per dare origine a realizzazioni inedite”.