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Max Klinger, un artista celebre in vita, poi a lungo dimenticato


La biografia


Max Klinger, pittore, scultore e grafico, nacque a Lipsia nel 1857 e morì a Grossjena nel 1920. Dopo aver studiato nella città natale, nel periodo tra il 1875 e il 1879 si dedicò alle incisioni, pubblicate però soltanto nel decennio successivo. Nel 1882 realizzò la decorazione della villa Albers a Stegliz presso Berlino, suo primo lavoro importante. Dal 1883 al 1886 visse a Parigi, dove ebbe modo di indagare l’opera di Puvis de Chavannes e Goya, che gli ispirò l’esecuzione di dipinti di ampie dimensioni. Contemporaneamente intraprese l’attività di scultore.
Particolarmente significativo fu per lui il soggiorno a Roma, durante il quale ebbe la possibilità di accostarsi all’arte classica: il mondo greco-romano esercitò su di lui una profonda influenza. Nel 1895 diede alle stampe il libro programmatico “Malerei und Zeichnung” (“Pittura e disegno”). Del 1902 è una delle sue massime espressioni plastiche, il monumento a “Beethoven”, che gli donò una grande notorietà. Se da vivo raggiunse i vertici della fama, una volta morto, però, la sua arte venne considerata obsoleta e fu quindi dimenticata, nonostante fosse ammirato e considerato un maestro da personalità quali De Chirico, Savinio, Ernst, Munch e Dalí. La “riabilitazione” di Klinger risale agli anni Settanta.