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Michelangelo – Soggetti omosessuali nell’arte, a partire da Ganimede



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di Giovanna Galli

 “Il mito di Ganimede. Prima e dopo Michelangelo”, fu oggetto di un’ottima mostra a Casa Buonarroti di Firenze. In quell’occasione intervistammo la direttrice dell’istituzione culturale toscana che aveva modellato un percorso di grande interesse, sia per il tema trattato (il mito a sfondo omosessuale del coppiere degli Dei) che per l’eccezionale presenza di due disegni michelangioleschi: “La punizione di Tizio” (Royal Library di Windsor, Gran Bretagna) e “Il ratto di Ganimede” (Fogg Art Museum di Cambridge, Usa).

 

Il mito di Ganimede che tanta fortuna ha avuto molta fortuna, nel corso dei secoli, ed è stato spesso collegato, a livello di simbolismo agli amori omosessuali
Sì. Ganimede, figlio del re di Troia Troo, giovane di grande bellezza, conquistò Giove, che, innamoratosi di lui, si trasformò in aquila e lo rapì, portandolo con sé sull’Olimpo e facendo di lui l’immortale coppiere degli Dei. Questo amore, di chiara natura omosessuale, fu molto celebrato nell’antica Grecia, a dimostrazione della sua legittimità e naturalezza all’interno di quella cultura. Tale mito ebbe poi molta fortuna, al punto che Ganimede venne presto identificato in astrologia con la costellazione dell’Acquario.
Due disegni di Michelangelo  fanno riferimento a questa storia
Due celeberrimi disegni che Michelangelo realizzò per l’amico Tommaso de’ Cavalieri, giovane patrizio romano, da poco conosciuto, ma il cui incontro fu evidentemente origine di forti emozioni. Si tratta di due eccezionali invenzioni a soggetto mitologico, una rappresentante “La punizione di Tizio”, e proveniente dal Fogg Art Museum di Cambridge (Massachuttes, Usa), l’altra “Il ratto di Ganimede”, appartenente addirittura alla collezione privata della regina di Inghilterra.
Di che tipo di disegni si tratta?
Appartengono alla tipologia dei “Presentation drawings”, come li ha definiti Johannes Wilde, ovvero di quei disegni non realizzati a fini progettuali o di studio, ma, dichiaratamente, per farne dei doni. Si tratta di invenzioni altamente elaborate e perfettamente compiute che nascevano per scopi privati. Spesso proponevano soggetti complessi, per la maggior parte di argomento profano (pur con debite eccezioni, come nel caso di quelli destinati a Vittoria Colonna che, autentiche icone della Controriforma, testimoniano l’intenso dialogo spirituale intrattenuto da Michelangelo e dalla poetessa), e di non semplicissima interpretazione, essendo il più delle volte strettamente collegati al percorso biografico dell’autore. Inoltre, Michelangelo attuava spesso nei suoi disegni vere e proprie cesure all’interno della secolare tradizione iconografica dei soggetti rappresentati; il contenuto biografico si fa ad un certo punto trascurabile, nel momento in cui questi disegni sono in qualche modo “sottratti” ai legittimi proprietari per divenire oggetto di molte copie, realizzate da svariati autori con le tecniche più disparate.
Come nacque, dunque, l’idea della mostra?
Fu il momento espositivo di un’appassionata ricerca svolta da Marcella Marongiu, che riguarda i due pregevolissimi disegni di Michelangelo e le vicende biografiche di contorno alla loro esecuzione. Di fronte al consistente risultato del lungo studio ci si trovava di fronte a due possibilità: la prima, quella di limitarci a pubblicare un dossier in proposito, l’altra, quella prescelta, di optare per una mostra che prendesse in considerazione il fatto che i due disegni diventarono a un certo punto veri e propri patrimoni dell’umanità, rapidamente copiati in tutte le tecniche anche da grandi autori.

La fortuna iconografica della vicenda di Ganimede, iniziata nell’antichità e sviluppatasi nel corso dei secoli, è dimostrata  a partire da un “prologo” che riguarda la tradizione iconografica più remota; ma il soggetto non si spegne, seppur attraverso una faticosa sopravvivenza del mito, in epoca medievale per giungere al momento centrale dei disegni di Michelangelo, la cui straordinaria fortuna, paragonabile a quella di altre invenzioni del maestro (pensiamo ad esempio alla “Leda” o alla “Cleopatra”), ne decretò il grande successo posteriore. Con lo stesso tema si cimentarono autori come Correggio, Parmigianino, Giulio Romano e tanti altri, naturalmente con soluzioni molto diverse fra loro e anche dall’esempio michelangiolesco. Trovandoci, un po’ inaspettatamente, di fronte a un argomento, seppur sviluppato a partire da un tema monografico, apparentemente senza confini definiti, avevamo deciso di trovare una chiusura significativa: quasi a suggerire un ideale ritorno all’età classica (e forse anche una riflessione postmoderna sull’autenticità delle cose), proponendo  in conclusione un singolare “falso”, un affresco di Anton Raphael Mengs raffigurante Giove che bacia Ganimede, creduto autentico dal Winckelmann, che lo celebrò come “il più bel dipinto dell’antichità”.

Antonio_Allegri,_called_Correggio_-_The_Abduction_of_Ganymede_-_Google_Art_Project
Correggio dipinge in modo straordinario il mito del ratto di Ganimede

 

Per quanto riguarda la figura di Tizio, essa rinvia ai patimenti eterni, collegati, in qualche modo a un peccato, a un rimorso, a una mancanza o semplicemente al dolore provocato dall’assenza della persona amata.