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Modigliani senza maschera, come dipingeva il giovane ebreo quando arrivò a Parigi



La distruzione delle opere del giovane Modigliani, dipinte o scolpite durante il periodo italiano – sotto l’influsso dei Macchiaioli – ha creato una grossa lacuna negli studi del processo formativo dell’autore, per quanto ripudiato da Modigliani stesso, alla ricerca di un nuovo sé, con trasferimento a Parigi. Ma è possibile, come ha fatto meritoriamente il museo il Jewish Museum di New York, cercare, pur tenendo conto del tentativo da parte il pittore di cancellare la memoria italiana, gli elementi di transizione, che portarono questo giovane di origine ebraica a misurarsi con il nuovo. Nel suo atelier, l’artista iniziò a modulare un proprio linguaggio che tenesse conto di diversi fenomeni linguistici sviluppati a Parigi tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento: il simbolismo di Gauguin – vicino alla statuaria e all’osservazione delle civiltà primitive o antiche-, l’espressionismo e il fauvismo. Nell’ambito delle prime due correnti, la linea disegnativa – che in Modigliani doveva essere fondamentale, dopo l’osservazione dei Macchiaioli e dell’arte rinascimentale centro italica – era certamente vincolante. E ciò dovette facilitare l’artista a cogliere i germi del rinnovamento, che tanto avanzavano a Parigi con la potestà dell’assetto del disegno e della linea. Si trattava di passare dal realismo macchiaiolo alla trasfigurazione vicina alla matrice simbolista di Gauguin e dei Nabis. Ma tutto già filtrato da Picasso.
La ricerca su Modigliani Unmasked – che noi potremmo tradurre come Modigliani senza maschera più che Modigliani smascherato) – e la mostra da essa ricavata e aperta dal 15 settembre 2017 al 4 febbraio 2018, negli spazi della stessa istituzione museale – , prendono in considerazione il periodo immediatamente successivo all’arrivo dell’artista a Parigi, nel 1906, quando la città era ancora attraversata dall’antisemitismo, caratterizzata dagli scontri, che non si spegnevano, sull’affare Dreyfus Affair e dall’afflusso di immigrati.
Lo sfondo italiano-sefardita di Modigliani – i sefarditi sono gli ebrei originari della penisola iberica – ha contribuito a forgiare un’identità culturale complessa che si basa in parte sulla capacità degli ebrei italiani di assimilare e abbracciare la diversità storicamente. L’apporto di lettura sulla cultura ebraica di Modigliani, contribuisce certo a completare il quadro di un autore, le cui opere sono velate sempre un alone di mistero e di laica religiosità nei confronti dell’uomo. “L’arte di Modigliani non può essere pienamente capita senza riconoscere i modi in cui l’artista ha risposto alle realtà sociali che ha affrontato in un luogo di fusione e scontro dei fermenti culturali – dicono i curatori dello studio e della mostra -. I disegni della collezione Alexandre rivelano l’artista alle prese con la propria identità, in difficoltà a scoprire quale ritrattistica potrebbe avere significato in un mondo moderno caratterizzato dalla complessità razziale”.

Amedeo Modigliani, Ritratto incompiuto di Paul Alexandre, 1913.. olio su tela. 31½ x 25¾, collezione privata, in deposito al Musée des Beaux-Arts, Rouen

Gli studi e la mostra hanno preso in considerazione circa 150 opere, quelle della collezione Alexandre – il giovane medico che fu quasi immediatamente suo collezionista – e una selezione di dipinti, sculture e altri disegni di Modigliani provenienti da collezioni in tutto il mondo. Lo studio evidenzia varie influenze multiculturali – africane, greche, egiziane e Khmer – che hanno ispirato il giovane artista durante questo periodo meno conosciuto.

Tra i lavori si evidenziano un misterioso, incompiuto ritratto del dottor Alexandre, mai visto prima negli Stati Uniti; impressioni del teatro; studi di vita e nudi femminili, tra cui quello della poetessa russa Anna Akhmatova; e disegni di cariatidi e teste, che raccontano le sculture di Modigliani, che ha creato per un periodo di cinque anni dal 1909 al 1914.
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