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Musica d'oro sul quadro


di Giuseppe Fusari

La tela raffigurante Danae (olio su tela, 161x 93 cm) oggi alla Galleria Borghese di Roma fa parte delle opere dell’estrema attività del Correggio, compiuta insieme ad altri tre dipinti raffiguranti gli Amori di Giove (Ganimede, Io e Leda) su commissione di Federico Gonzaga di Mantova, il quale intendeva farne dono a Carlo V. Le peripezie che portarono l’opera prima nelle mani del milanese Leone Leoni (forse per tramite del segretario spagnolo Antonio Perez) e quindi, dopo vari passaggi, a Cristina di Svezia, poi, come ultimo proprietario, a Camillo Borghese che l’acquistò a Parigi, sono note alla critica (per questo si rimanda al recente volume di Eugenio Riccòmini, Correggio, Milano 2005), che del dipinto ha sempre ammirato la delicatezza e la morbidezza dell’esecuzione.
Il fascino dell’opera, tuttavia, risiede per molta parte nella sapienza compositiva che nasconde una faticosa approssimazione verso un complesso sistema di proporzioni armoniche che governano l’insieme e che, intrecciandosi e precisandosi, portano all’amalgama perfetta dei gesti, delle pose e delle sensazioni.
 
 
Esiste uno stretto rapporto, a partire dal Quattrocento, tra armonia musicale e armonia delle costruzioni. Di questa necessità armonica si faceva interprete nel suo De re aedificatoria Leon Battista Alberti che, nel libro IX, parlava di coincidenza tra gli intervalli gradevoli all’orecchio (l’ottava, la quinta e la quarta) e l’architettura: poiché la produzione del suono gradevole dipendeva dalla lunghezza della corda che lo produceva (nel caso, la divisione di questa in 2, in 3 e in 4), era possibile sostenere che la distanza proporzionale delle strutture potesse stare alla base dell’euritmia dell’intero edificio. “Gli artisti rinascimentali non intendevano tradurre la musica in architettura, ma, negli intervalli armonici della scala musicale, vedevano le prove udibili della bellezza dei rapporti dei piccoli numeri interi 1:2:3:4” (R. Wittkower, Principi architettonici nell’età dell’Umanesimo, Torino 1964).
Le proporzioni musicali indicate dall’Alberti nel libro IX al capitolo V vengono denominate rispettivamente diapason, diapènte e diatèssaron. Così Bouleau (La geometria segreta dei pittori, Milano 1988) riassume le tre proporzioni:
Diapason, o doppia: Si hanno numeri in un rapporto tra loro di valore due, così come il due sta nell’uno, o l’intero alla metà
(Ottava: 1/2).
Diapènte, o sesquialtera: La lunghezza della corda maggiore contiene l’intera lunghezza della minore più la metà di quest’ultima (Quinta: 2/3).
Diatèssaron, o sesquitertia: La corda maggiore supera la lunghezza della minore per un terzo di quest’ultima (Quarta: 3/4).
Il passo dall’architettura alla pittura è breve: sostenuto da Leonardo che intendeva la pittura sorella della musica, il rapporto “non era inteso come similitudine vaga, ma indicava una stretta relazione poiché ambedue, pittura e musica, generano armonia; la musica con le corde dei suoi strumenti, la pittura con le figure. Gli intervalli musicali e la prospettiva lineare si assoggettano ai medesimi rapporti numerici, poiché gli oggetti di uguali dimensioni disposti a distanze regolarmente crescenti rimpiccioliscono in ‘armonica’ progressione” (Wittkower).
Ma, ulteriormente, la divisione stessa del campo del dipinto può essere ripartita proporzionalmente secondo gli accordi musicali determinando la scansione dei personaggi e l’articolazione dell’insieme secondo una divisione armonica degli spazi, in una sorta di architettura dipinta sottesa alla raffigurazione.
Nel caso della Danae di Correggio (fig. 1), i tre rapporti sono presenti nella divisione in ottava (1/2) e nel rapporto di quinta (2/3) e di quarta (3/4) che determinano la posizione delle figure in rapporto alla mezzeria del dipinto e spiegano lo scivolamento che queste hanno verso destra e che verrà chiarito ancora meglio dallo schema successivo. Gli stessi rapporti definiscono l’apertura sul paesaggio a sinistra e la lunghezza del letto.
 
 
Compresa la divisione armonica del dipinto, è possibile poi impostare lo schema costruttivo delle figure e degli oggetti che lo compongono attraverso il cosiddetto ribaltamento dei lati minori del rettangolo (fig. 2) che porta alla suddivisione del campo in due quadrati originanti due diverse linee di mezzeria e, attraverso le oblique, di una suddivisione in orizzontale la cui ampiezza è determinata dal quadrato inscritto.
Questa divisione permette in primo luogo di segnare la posizione del piede destro di Cupido e il luogo preciso dov’è posta la pietra di paragone tenuta dai due amorini nella parte bassa a destra della tela; in più, la divisione delle due mezzerie dei quadrati segna il campo nel quale sono contenuti i due attori principali, Danae e Cupido, mentre nel quadrato centrale trovano posto le mani dei protagonisti che sostengono il lenzuolo, simbolo del grembo di Danae pronto a ricevere la pioggia d’oro nella quale si è tramutato Zeus. Le divisioni orizzontali precisano, inoltre, la lunghezza del torso di Cupido (dalla spalla all’inguine) e della donna (dal seno alla coscia) e la misura dell’apertura sul paesaggio a sinistra.
Collegando, quindi, le linee di divisione del campo, si giunge a determinare anche la posizione delle figure e la loro inclinazione; in particolare, è ben visibile la direttrice che dall’angolo in alto a sinistra contiene il corpo di Danae e determina l’allineamento della sua gamba sinistra, mentre la figura di Cupido è contenuta nel triangolo formato dalla diagonale del quadrato sinistro e dall’obliqua generata dalla linea di mezzeria dell’intero campo. Anche i due amorini sono strutturati sulle diagonali e le oblique che ne motivano la diversa posizione e altezza.
 
 
Il proporzionamento nella distribuzione delle figure attraverso l’armatura ottenuta dal ribaltamento dei lati minori genera un ulteriore rapporto armonico, il cui indizio più evidente è fornito dalla curvatura del lenzuolo tenuto da Cupido e da Danae (fig. 3); questa fa parte dell’immaginaria circonferenza (segnata in rosa) dal diametro pari alla lunghezza determinata dalla mezzeria di un quadrato sull’altro. Tale circonferenza – con grande sorpresa di chi scrive – produce un reticolo di rapporti che va ben oltre il semplice proporzionamento e distanza delle figure (già determinato con la stessa proporzione attraverso lo schema precedente) e definisce la struttura vera e propria dei personaggi, la lunghezza della muscolatura, l’ampiezza delle forme (come la gamba sinistra di Danae e il lenzuolo che tiene con la sinistra), la posizione degli arti (si veda la gamba piegata del Cupido, ad esempio) e l’articolarsi dei corpi dei due amorini.
Si tratta di un reticolo di circonferenze apparentemente disordinato, generato (o almeno svelato) dal primo cerchio che ridonda su tutta la struttura del dipinto. Un ordine, tuttavia, pare si possa ravvisare nella costruzione di tre cerchi (segnati in rosso) che circoscrivono la nuvola dorata, Cupido e Danae, la cui intersezione – situata all’altezza del sesso di Danae – crea una linea obliqua, i vertici della quale toccano la nuvola d’oro e l’amorino che sta provando sulla pietra di paragone proprio una goccia d’oro: una sorta di collegamento che ha come termine medio il grembo di Danae stilizzato nell’intersezione dei tre cerchi e che traduce in dimensione geometrica l’evento narrato dalla mitologia.
A questo fa da complemento un’ulteriore direttrice che si ricava dal prolungamento della freccia tenuta in mano dall’altro amorino e che giunge alla mano sinistra di Danae: un nuovo modo figurato per indicare il dominio di Amore e la reciprocità dei sentimenti degli attori che riescono a scavalcare le intenzioni degli umani. Tanto più che la direttrice segnata dalla freccia determina la posizione obliqua dei due personaggi principali, le cui rette (in rosa) sono da porre all’intersezione dei cerchi.
 
 
Esiste, tuttavia, uno schema unificante che può essere posto a premessa di tutti gli altri o riassumerne i risultati mostrando l’interna armonia del dipinto. Si tratta dello schema armonico delle proporzioni determinato dal reticolo costruito sulla sezione aurea dei due quadrati che costituiscono, come si è visto, l’intero campo della tela (fig. 4) e del quale si è parlato in altre occasioni mettendo in risalto, attraverso la divulgazione promossa dal De divina proportione di Luca Pacioli, il massiccio utilizzo che gli artisti del Rinascimento – con maggiore o minore precisione – ne fecero nelle loro opere.
Tracciati dunque i due cerchi di raggio pari alla metà del lato del quadrato, si nota già che essi circoscrivono lo spazio destinato alle due figure principali; segnata poi la posizione della sezione aurea, è possibile dividere il dipinto in nove campi proporzionali. Collegando tra loro le rette che insistono sul perimetro, si genera un fascio di linee che determinano i rapporti tra le figure e tra le parti che costituiscono il dipinto. Tra queste sono state messe in evidenza le altezze dell’edificio sullo sfondo, del davanzale, del letto e delle lenzuola sulle quali è sdraiata Danae, che sono definite dal punto di intersezione delle rette strutturali, mentre in altri casi la tessitura (o armatura) proporzionale serve a supportare la costruzione delle parti fondamentali del dipinto. La scelta della proporzione armonica attraverso l’uso della sezione aurea in questo caso non ha semplicemente un significato pratico (o, comunque, di consuetudine), ma si attaglia alla situazione narrata, ponendosi come proporzione divina in rapporto all’evento teofanico della favola e come proporzione “aurea” in rapporto alla modalità di manifestazione della divinità, tramutatasi in pioggia d’oro per conquistare il grembo della giovane Danae.
Un gioco di sovrapposizioni di significato che diventano armonia immediata, ottenuta attraverso il sapiente uso delle proporzioni e del loro valore simbolico, che non dovette sfuggire alla colta committenza rinascimentale seppure adombrato sotto il velo della dolcezza e della semplicità correggesca.