Press "Enter" to skip to content

Nel cuore di Amman pulsa l'arte contemporanea araba del dialogo


oriente foto interno
Degustare un caffè al cardamomo all’ombra di aranceti secolari ed eucalipti, tra i resti di una chiesa bizantina del VI secolo, cresciuta sulle antiche rovine di un tempio romano sulle colline, nel cuore di Amman, è già di per sé un’esperienza indimenticabile. Qui, in una villa degli anni Venti, all’interno della Fondazione Khalid Shoman, sorge Darat al Funun – in arabo, letteralmente, “Casa delle Arti” -, creata nel 1993 dalla palestinese Shua Shoman con l’intento di promuovere l’attività di giovani talenti giordani e stranieri. Quando, già nel 1930, Abdul Hameed Shoman fondò l’Arab Bank in Palestina, era convinto che tale istituzione dovesse favorire la cultura del suo popolo. Con lo stesso obbiettivo, nel 1978 nacque la prima fondazione bancaria no profit, totalmente dedicata alla promozione e alla ricerca nel campo delle arti, delle scienze e delle lettere. La collezione costruita dai coniugi Shoman, il cui criterio di selezione raggruppa coloro che hanno contribuito a sviluppare la cultura araba negli ultimi cinquant’anni, sorprende non solo per la sensibilità con cui sono stati scelti gli artisti – all’inizio sconosciuti e oggi famosissimi, come nel caso di Jananne al Ani, Faisal Samra, Emily Jacir, Fathi Hassan, Mona Hatoum -, ma anche per la qualità dei lavori. Iniziative di prestigio hanno dato grande notorietà a questo luogo. Ad esempio la mostra del 2007 dell’egiziana Amal Kenawy, riflessione sul rapporto tra hjab e lubab, ovvero tra il velo e la quintessenza, tra l’essere e il percepire che, se da un lato definiva nella sua interezza il ruolo della donna – nel mondo arabo dall’altro, con la ricerca di un linguaggio visivo universale, cercava di eliminare le diversità culturali che allontanano. Oppure la mostra di Moataz Nasr, che nell’”evidenza del non visto”, definiva il corollario della cultura della tradizione, esplicitata nel dialogo tra un padre e un figlio, documento della straordinarietà di un rapporto relazionale. Per aiutare gli artisti, qui sono messi a disposizione luoghi di lavoro nel campo della pittura, della scultura, della grafica, della video-arte e di altri linguaggi espressivi.

SHIRIN NESHAT, Innocent memories - Ricordi innocenti, 1995, inchiostro su gelatina d'argento, 188 x 120 cm, ( stampato in 3 edizioni)
SHIRIN NESHAT, Innocent memories – Ricordi innocenti, 1995, inchiostro su gelatina d’argento, 188 x 120 cm, ( stampato in 3 edizioni)

Gli autori beneficiano di spazi, strumenti e insegnamenti forniti in modo tutto gratuito. Per comprendere l’importanza di ciò, basta pensare che un artista palestinese non solo non può accedere ad accademie, ma a volte non ha un’abitazione dove vivere. Darat al Funun coopera inoltre con istituzioni giordane e internazionali assicurando quegli scambi di idee e di proposte con intellettuali di tutto il mondo che fanno della struttura un’isola felice di comprensione e tolleranza, di arricchimento culturale e umano.