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Net art – Alle radici del fenomeno artistico che manipola le reti


di Giovanna Galli
 
Un’analisi completa dei linguaggi dell’arte contemporanea non può prescindere dalla presa di coscienza del ruolo sempre più attivo che in essa hanno i nuovi media. Viviamo nell’era tecnologica, nel tempo della comunicazione globale, di internet, dove sempre più spazio trova la dimensione della virtualità, in cui verità e finzione si mescolano, si confondono, generano uno sconfinamento dal reale, in quello che diventa un suggestivo e qualche volta inquietante gioco di specchi a cui è sempre più difficile sottrarsi.
Video-arte, arte digitale, net-art, pixel-art… sono solo alcune delle definizioni con cui negli ultimi anni si tenta di catalogare quella lunga serie di forme d’espressione e possibilità creative legate a doppio filo al gusto, all’estetica e ai linguaggi che appartengono al mondo del computer e del web. Ciò che accomuna queste ricerche è ovviamente l’utilizzo di una strumentazione tecnologica e di procedure collegate al suo funzionamento (programmi, software, mezzi e supporti audiovisivi, sperimentazioni nel campo dell’intelligenza artificiale), ma anche, e soprattutto, il fatto di essere rivolte al presente, un presente in cui il rapporto uomo-ambiente-cultura è palesemente oggetto di una costante e rapidissima ridefinizione, di cui l’arte può e deve essere registro.
Nel vasto campo espressivo che spazia dal video alle installazioni, dalla fotografia alla musica, dall’animazione al cinema, fino alla più recente dimensione del web, si innestano infinite applicazioni creative. Culmine della loro evoluzione, e tra le forme più avanzate dell’immagine digitale, è la realtà virtuale applicata alla rete. Stiamo parlando, nello specifico, di Second Life, un mondo tridimensionale online interamente costruito dai suoi “residenti” – ovvero gli alter ego virtuali (chiamati avatar) degli utenti reali -, che lo utilizzano come piattaforma di comunicazione, di vita sociale, di creazione; un mondo a cui chiunque può accedere per costruirsi in piena libertà una seconda identità, a cominciare dal nome e dai tratti somatici, aprendo se stesso ad illimitate possibilità relazionali, semplicemente stando seduto davanti al PC.
A partire dal 2003, anno di nascita di quello che è divenuto un autentico fenomeno di massa, lo stesso si è velocemente imposto come nuovo scenario anche per moltissime sperimentazioni legate al mondo dell’arte: mostre, musei, gallerie, conferenze, dibattiti, concerti, corsi di pittura, progetti che, in qualche caso, coinvolgono il mondo reale.
Degno di particolare attenzione è il fatto che alcuni giovani artisti, forti di una loro già definita identità espressiva soprattutto negli ambiti della multimedialità, abbiano per primi individuato in SL un luogo d’elezione in cui trasferire il proprio background creativo per convogliarlo in nuove esperienze performative, capaci di influenzare i recenti sviluppi del sistema internazionale dell’arte, sia a livello culturale che di mercato, trovando piena legittimazione, oltre che nella critica, anche in un collezionismo selezionato e vigile.
net art
Fra questi vanno certamente citati Eva e Franco Mattes (alias 0100101110101101.ORG), noti per il loro attivismo sul web che, a partire dagli ultimi anni Novanta, li ha visti protagonisti di celebri atti performativi di “disturbo”, come la duplicazione del sito della Santa Sede, la diffusione di un virus durante la Biennale di Venezia del 2001, o la straordinaria montatura mediatica secondo la quale la storica Karlplatz di Vienna sarebbe stata rinominata Nikeplatz e avrebbe ospitato un enorme monumento con la forma del logo della Nike. Fra i primissimi ad intuire le potenzialità in senso socio-culturale del “viaggio” nel mondo virtuale, essi vi hanno “soggiornato” per più di un anno, esplorandone i limiti e le risorse, soffermandosi ad esempio sul volubile concetto di identità, rielaborato attraverso le famose serie di ritratti di avatar, oppure riproponendo nella loro galleria virtuale performance di artisti reali come Marina Abramovic o Gilbert & George.
Altro profilo estremamente interessante è quello di Gazira Babeli, attiva in Second Life dal 2006 come artista, performer e film-maker, capace di costruire un alone mitico intorno alla propria identità grazie a realizzazioni provocatorie, che indagano con un’ironia giocosa i temi del corpo, dello spazio e dell’identità nei mondi virtuali. E’ suo il primo film interamente realizzato in SL, Gaz’ of the Desert.
Come ci tiene a sottolineare Fabio Paris, gallerista “pioniere” nella promozione di tali linguaggi, Second Life rappresenta per questi artisti niente altro che un approdo nel contesto di un percorso di ricerca già strutturato, partito in molti casi dalla net-art e costantemente indirizzato verso altri orizzonti; e il valore della loro opera consiste soprattutto nell’aver saputo cogliere e raccontare qualcosa di nuovo, qualcosa che appartiene in profondità al nostro tempo. E’ ciò che ha permesso loro di ottenere significativi riconoscimenti a livello internazionale.
Occorre però marcare una decisa distinzione fra chi, come loro, ha aperto una strada e quanti (tantissimi) la stanno battendo sull’onda della “facilità” dell’essere creativi nel mondo virtuale. Considerare alla stessa stregua tutti gli artisti di Second Life sarebbe un po’ come accomunare ad Andy Warhol chiunque abbia cercato di seguirne le orme, senza però lasciare traccia del suo passaggio.
Alla domanda riguardo al tipo di mercato che ruota intorno all’arte digitale, Paris risponde: “Penso che l’arte digitale stia all’Impressionismo come l’era tecnologica sta all’era industriale, cioè credo che i suoi collezionisti possano essere paragonati a quelli che, con grande lungimiranza, all’inizio del Novecento acquistavano dipinti di maestri impressionisti. Gli sviluppi recenti del sistema internazionale dell’arte hanno prodotto una nuova specie di collezionismo, che sembra più interessato al mercato che alla storia: chi si avvicina all’arte digitale dimostra di essere invece molto più attento ai veri valori dell’opera che non ai risultati d’asta o alle bolle speculative”.