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Nuova Scuola Romana –




Roberto Gramiccia ha scritto un libro indispensabile. Mancava, infatti, un’opera dedicata a una realtà che può essere a ragione definita protagonista dell’arte italiana degli ultimi decenni, non meno della Transavanguardia e dell’Arte povera. Stiamo parlando della Nuova Scuola Romana.
L’autore ha conosciuto e frequentato i membri del gruppo, ne ha accompagnato – da critico – vicende, successi e momenti più difficili e controversi. Il suo è così un libro vivo, partecipe, oltre che documentatissimo. Davvero imperdibile. La fine degli anni ’70 è contrassegnata da quella che Gramiccia definisce “una generale tendenza al ritorno alla pittura”. In questo scenario ecco farsi largo nella Capitale sei artisti – Bruno Ceccobelli, Gianni Dessì, Giuseppe Gallo, Nunzio, Pizzi Cannella, Marco Tirelli – accomunati proprio dalla predilezione per la pittura (un’indubbia “attenzione pittorica” è riscontrabile persino nello scultore del gruppo, Nunzio).

Bruno Ceccobelli
Bruno Ceccobelli

Influenzati, in vario modo e misura, da un maestro come Toti Scialoja, i sei sono uniti pure dalla decisione di allestire i rispettivi atelier negli spazi dismessi dell’ex pastificio Cerere, in via degli Ausoni. Una scelta profonda, anche dal punto di vista affettivo, di radicamento consapevole, che in buona misura continua tutt’oggi (gustosi gli aneddoti riferiti dall’autore sulle frequentazioni, ad esempio, della contigua osteria di “Pommidoro”, ennesimo ma non secondario “luogo non canonico” di incontro quotidiano di artisti). Nel 1984, in occasione della mostra “Ateliers”, gli studi del Cerere aprono al pubblico.
Marco Tirelli
Marco Tirelli

L’evento assume un notevole rilievo, e si segnala pure per il tentativo da parte di Bonito Oliva di inquadrare il gruppo di via degli Ausoni in una cornice transavanguardistica: tentativo che, osserva Roberto Gramiccia, “appare comprensibile, anche se la verifica del tempo e quella del consenso critico e di pubblico mancheranno”. I consensi arriveranno però presto, a cominciare già dal 1986, con la conquista da parte di Nunzio del premio per la scultura alla Biennale di Venezia, e conseguente ricaduta positiva sui suoi compagni di viaggio. La definitiva consacrazione internazionale avviene nel 1991, con “Roma interna”, grande esposizione al Museo d’arte moderna di Vienna promossa da Lóránd Hegyi. Nel 1992 la mostra “Una generazione a Roma”, curata da Roberto Lambarelli, “fu un’occasione ulteriore per perfezionare in catalogo il tentativo di dare legittimità tassonomica al gruppo. Gli artisti degli Ausoni” sottolinea Gramiccia “diventarono i protagonisti di una Nuova Scuola Romana”.
Nunzio
Nunzio



Si è detto della linea interpretativa avanzata da Bonito Oliva, che a proposito del movimento parlò di seconda generazione della Transavanguardia, di “Transavanguardia fredda”. “Ma i tentativi di ‘mettere in fila’ un fenomeno così singolare e atipico” rileva l’autore del libro “sono falliti soprattutto per la responsabilità degli artisti stessi i quali, alla fine, hanno scelto ciascuno la propria strada, rifiutando teorie e sistemi interpretativi che rigidamente ne riassumessero e ne definissero i lineamenti. Malgrado tutto questo, è indubbio che all’inizio degli anni ’80 condividessero la scelta di una pittura nuova, originale, aperta a sollecitazioni diverse”. Il racconto di Gramiccia si conclude idealmente con la citazione di “Atelier 2004”, evento che ha avuto luogo nel cortile dell’ex pastificio a vent’anni esatti dalla storica mostra di cui si diceva, a conferma della permanenza nel tempo di elementi unificanti all’interno del gruppo. Il volume è arricchito da una prefazione di Lóránd Hegyi, da un’inedita documentazione fotografica di Stefano Fontebasso De Martino, nonché da schede biografiche dei sei artisti e da interviste esclusive agli stessi realizzate da Valentina Gramiccia. (e.g.)