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Per essere libera prese i voti da suora. Così Lucrina Fetti poté dipingere con il fratello. Le opere


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A FETTI
Giustina Fetti – Roma, 1590; Mantova, 1651, rinunciò, come quando s’entrava in Ordini e congregazioni, al proprio nome per assumerne uno nuovo, legato a una particolare devozione personale o a cristiani esemplari. Il nome nuovo, giunse il giorno in cui si fece suora, nel 1614, nel convento francescano di Santa Orsola di Mantova. Trascorse l’infanzia a Roma, come il celeberrimo fratello Domenico Fetti e da lui apprese l’arte della pittura, attività che prosegui anche indossando il sacro abito poichè, in quel periodo, in seguito alla Controriforma, molte scene evangeliche o bibliche andavano dipinte non più con concessioni alla fantasia o alla consuetudine, ma nel serrato confronto con la verità del dettato del libro sacro. Lucrina pertanto. mentre il fratello, a Mantova, diveniva un ottimo pittore amatissimo dei Gonzaga, proseguiva l’attività della famiglia.
a fetti 2,
Fu proprio il 1614 l’anno in cui giunse a Mantova con il fratello Domenico – entrambi erano figli del pittore Pietro Fetti – ingaggiato dalla dinastia mantovana. Poichè Giustina stessa voleva essere protetta dai peccati e dalla violenza del mondo, scelse, con il fraterno consiglio, quella sacra veste e, poichè era necessaria una buona dote per entrare in un convento di livello, la ricevette dal Duca stesso, con l’impegno che l’avrebbe vista restituire in dipinti. L’abito sacro le permetteva peraltro di muoversi in libertà, senza dar scandalo, e di raggiungere quotidianamente lo studio del fratello, senza limitazioni di sorta. Se si fosse sposata, com’era capitato e sarebbe successo al altre artiste – l’attività si sarebbe interrotta a causa degli impegni familiari, e se fosse rimasta nubile, sarebbe stata facilmente oggetto di violenze sessuali – come capitò ad Artemisia Gentileschi – e a terribili maldicenze. Dipinse ritratti di donne della famiglia Gonzaga e le opere religiose per il convento. Anche se molti dipinti religiosi di S. Orsola sono stati attribuiti a Domenico, un recente restauro ha permesso di individuare la firma di Lucrina. L’unica limitazione che le fu imposta fu la rinuncia allo studio del corpo umano. Ma la pittrice mostrò, nella ritrattistica, una straordinaria capacità di penetrazione psicologica dei personaggi effigiati.


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