Lo studioso: "E' proprio all’alba del ritorno della Signoria di Venezia sul territorio bresciano (1516-1517) che il pittore più misterioso ed affascinante del Cinquecento bresciano dispiega un canto trionfale di gioia e di colore in una tavola fino ad oggi dimenticata dalla storiografia artistica. Si tratta della pala dell’altar maggiore della Parrocchiale di Quinzano d’Oglio – un tempo attribuita dubitativamente al Moretto ed oggi passata come opera del Ferramola - che celebra il Cristo risorto ed i Santi Faustino e Giovita in armi, al culmine dell’entusiasmo per la liberazione dagli stranieri e per lo scampato pericolo della peste del 1512- 1513".
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Nonostante Filippini sia morto in giovane età, durante la sua attività durata circa un ventennio, lavorò moltissimo. Ma così come scarne sono le notizie biografiche, così risulta piuttosto arduo riuscire a contestualizzare le numerosissime tele che instancabilmente realizzò nell’arco di tempo compreso tra il 1878 il 1895. Questa difficoltà nasce innanzitutto dall’abitudine del pittore bresciano di firmare solo raramente e di non datare quasi mai le sue composizioni
Lo sguardo romantico, la formazione neoclassica. Per Panazza era un artista accademicamente freddo, per il contemporaneo Giuseppe Zanardelli era delicato, ma privo di ideali. La rivalutazione del corpus del pittore
Originario di Modena, si trasferì in Franciacorta durante la seconda guerra mondiale. Fu ritrattista di successo dell’aristocrazia internazionale e quando si espresse in libertà percorse incessantemente paesaggi mitici, sospesi all’eterno, in una grande ansia d’assoluto.
Viaggio tra i soggetti ricorrenti che consentono di scoprire i principali filoni percorsi dal maestro bresciano. Cantò la fine di un mondo che indossava tabarri e che viveva nel duro rapporto con la terra. Genere per genere i soggetti più rari e quelli più diffusi
Nelle opere del pittore, nato a Sulzano ma gussaghese d’adozione, angoli di antichi borghi, intonaci abrasi dal tempo, finestre appena dischiuse, rimandano alla consapevolezza travagliata e sofferta di una dolente umanità
La formazione di Cossali è scissa in due periodi: nella tela più antica, l’Ultima Cena di Pudiano (1580?), le figure sono scorrette mentre è di altissimo livello l’impianto architettonico, la cui origine rimane un mistero: certo è che in tutti i suoi dipinti sono presenti architetture che risentono sia della pittura veneziana del Veronese, sia dei Campi di Cremona. In un secondo momento, nella Vergine con i santi Ambrogio e Rocco di Macesina di Bedizzole (1582), Grazio cambia completamente il modo di realizzare le figure, i volti assumono una maggiore elaborazione e dolcezza, derivate da Luca Mombello, esecutore testamentario di Moretto