Ecco il quadro che Camille Corot dedicò, nel 1835, al soggetto dell’incontro tra l’angelo e Agar, opera che documenta come il tema “angelico” si inserisca pure nel contesto dell’estremo realismo del pittore francese...
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Le piccole figure, colte alla distanza, vengono definite macchiette. La delineazione del personaggi è molto sommaria - realizzata, appunto, attraverso macchie cromatiche - e viene sfocata dall'artista - questa è un'opera di Corot - che non conchiude le silhouette, ma lascia che il colore esca dal bordo degli abiti. Questa tecnica consente di ottenere la sfocatura delle figure distanti, percepite così dal nostro anche a causa della presenza di umidità - già identificata da Leonardo da Vinci e oggetto di sue numerose annotazioni sulla modalità di rendere gli oggetti alla distanza -. Lo stesso Leonardo, nel suo trattato dedicato alla pittura, aveva affermato poi che i volti di persone lontane appaiono scuri. Corot interviene con un sommario colpo di luce, con colore grigio-bianco-azzurro, a livello delle camicie chiare di due contadini, per rilevarne lievemente le figure dal fondale. Poi sfuma il fondale con una pennellata di colore quasi asciutto, d'ocra chiara mista a verde.
Camille Corot sosteneva di interpretare il visibile “con l’occhio e col cuore”. Il filtro del tempo che sedimenta le emozioni come strumento di scoperta della poesia delle cose colte nell’essenza più vera e profonda