Dopo la malattia che gli aveva tolto l'uso delle gambe, Matisse, nonostante non avesse ripreso l'uso degli arti inferiori, s'era rimesso rapidamente a creare. Si era fatto costruire una prolunga del pennello per poter dipingere tele poste contro il muro, mentre stava sdraiato a letto o era sulla sedia a rotelle. L'impedimento grave lo riportò a considerare con sempre maggior interesse il lavoro di forbici e colla. Non tanto come ripiego, ma come ulteriore risorsa.
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Il collage, composizione "inventata" dai cubo-futuristi all'inizio del XX secolo-per collage si intende, estensivamente un lavoro di composizione attraverso la colla, utilizzando anche più materiali, mentre per papier collé si intende l'uso esclusivo della carta ritagliata e incollata - aveva radici lontane. Matisse ricordava, ad esempio, i lavori delle suore o quelli dei bambini dell'asilo. Si trattava di operare in quella direzione, portando il gesto a una consapevolezza artistica. L'artista francese voleva riproporre i colori accesi e contrastanti dell'infanzia, gli antichi simboli ristoratori delle civiltà; rilanciarli all'uomo contemporaneo intristito da una società estremamente conflittuale e dai ritmi di lavoro innaturali. Intendeva esercitare un'azione terapeutica, attraverso il decoro, riportando l'arte a una funzione di sostegno dello slancio vitale e della gioia di vivere.
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Lo studio che Maurizio Bernardelli Curuz ha dedicato al Codice Michelangelo, nell'ambito della produzione artistica di Matisse, fu elaborato in preparazione della mostra, curata accanto a Claudia Zevi, nel museo di Santa Giulia a Brescia. Bernardelli Curuz, analizzando quei temi ricorrenti e diversi che appaiono nella poetica matissiana, mise in luce, nel saggio - qui in sintesi - che Matisse lavorò su orientalismo, Michelangelo, decorazione per porre in luce elementi arcaici di conforto alla vita e di slancio vitale dei quali abbiamo perso il significato