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Perché è un capolavoro il sorriso dell’Ignoto marinaio di Antonello da Messina?


L’Ignoto marinaio (cm 31×24,5, 1465 circa) è la splendida tavola di Antonello da Messina, oggetto di una straordinaria resa psicologica del personaggio. Uno dei pezzi cruciali del Rinascimento, intriso di preziosismo realista di matrice fiamminga, ma volto all’analisi psicologica italiana, proprio in virtù della fisiognomica e dell’espressività. Nemmeno Leonardo da Vinci, nell’ambito della resa dei moti dell’anima, avrebbe raggiunto tanta naturalezza. Questo di Antonello è un capolavoro assoluto poichè l’artista riesce ad ottenere un sorriso naturale, con inclinazioni ironiche beffarde, tenendo conto in modo perfetto del movimento dei muscoli facciali e rendendo ridenti gli occhi stessi.
Il dipinto di Antonello da Messina fu acquistato dal barone Mandralisca a Lipari, dove si racconta che fosse montato come sportello in un mobile da farmacia.
A giudizio del Longhi non è il ritratto di un marinaio, come la provenienza dall’isola potrebbe suggerire, ma piuttosto di un barone o di un uomo facoltoso. (o forse di uno speziale, aggiungiamo noi, considerata la collocazione?) Eppure non è facile separarsi mentalmente da quel suggello con cui la letteratura lo ha registrato nel nostro immaginario: il sorriso dell’ignoto marinaio.
Negli anni sessanta del Quattrocento Antonello da Messina maturava definitivamente acquisizioni ed esperienze di cultura figurativa fiamminga, da Van Eyck a Petrus Christus, esperienze che determinarono opere come il ritratto del Museo Mandralisca. Dinanzi a questo capolavoro assoluto, il problema della collocazione cronologica è di notevole importanza.

Molti studiosi, notando che il dipinto si distacca dalla concezione “aulica” della ritrattistica italiana del tempo, lo hanno datato intorno al 1465, quando nell’attività di Antonello sembra predominare la cultura più direttamente legata al realismo fiammingo. Wright, in un suo contributo del 1987, precisa che i ritratti di Antonello rispettano una tipologia omogenea: dal fondo scuro emerge di tre quarti il viso rivolto verso la luce che cade diagonalmente; essi testimoniano una risposta italiana al realismo fiammingo.La tavoletta,  anticamente sfregiata, fu restaurata nell’Ottocento a Firenze, nel 1950-53 dall’Istituto Centrale del Restauro di Roma; l’ultimo intervento risale al 1981. La Fondazione culturale Mandralisca Onlus trae origine dalle idee e dagli ideali di un illuminato mecenate dell’Ottocento, il barone Enrico Pirajno di Mandralisca (Cefalù, 1809-1864), che credeva fermamente nel valore dell’istruzione e a tale convinzione ispirò la sua vita e le sue opere.

La dimensione dello studioso Mandralisca emerge con evidenza dalla sua biblioteca, luogo di appartata meditazione mantenuto nell’assetto originario – e quindi di particolare fascino – in cui trovano posto in prevalenza opere storiche e scientifiche e opuscoli sui più vari soggetti. La biblioteca ha continuato a svilupparsi – con acquisti e successive donazioni – dopo la scomparsa di Enrico Pirajno, quando la sua dimora divenne liceo e poi negli anni a noi più vicini. Essa comprende oggi circa settemila volumi e funge entro certi limiti anche da biblioteca pubblica, dato che Cefalù è in atto sprovvista di una struttura a ciò dedicata. Al dipinto di Antonello da Messina è dedicato uno splendido romanzo di Vincenzo Consolo. Attorno a esso, nell’opera di Consolo, ruotano le vicende del Risorgimento siciliano, tra Lipari e Palermo, Messina e Cefalù, luoghi insieme reali e simbolici, specchio della condizione dell’uomo e della sua storia.

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