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Volano ancora le Ninfee di Monet, nuovo record, 40 milioni di euro


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sotheby's
Continua la progressione per le Ninfee di Claude Monet. Nei giorni scorsi un dipinto di questa serie è stato aggiudicato da Sotheby’s per 31,7 milioni di sterline, circa 40 milioni di euro. La base d’asta era di 20 milioni di euro. Nell’ambito della produzione monetiana è il dipinto che sale idealmente sul podio dei più pagati, al secondo posto, dopo “Lo stagno delle ninfee” che nel 2008 fu battuto a quasi 60 milioni di euro. Un altro quadro di ninfee, andò all’asta da Christie’s il 6 maggio scorso e fu aggiudicato per 27 milioni di dollari.
La storia della produzione “seriale” delle ninfee
e la scheda del dipinto aggiudicato all’ast
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Il 1890, dopo anni di ristrettezze, Monet era approdato, grazie alla vendita dei suoi quadri a una tranquilla agiatezza. Aveva accumulato il denaro per acquistare la rustica casa di Giverny e l’ampio giardino, bene immobiliare che aveva preso in affitto nel 1883.
“Con grande vigore e determinazione – scrivono gli esperti di Sotheby’s nella scheda dell’opera – si mise a trasformare l’area verde, giungendo alla creazione di un grande stagno”. All’inizio la sua attività di “architetto del verde” venne avversata dai vicini che decisero di adire alle vie legali, con una serie di denunce a causa della deviazione del fiume Epte, ottenuta attraverso lo scavo di un canale finalizzato all’alimentazione dello stagno. Certamente il diritto di fine Ottocento riconosceva alle acque un carattere demaniale, sicchè la derivazione ricavata da Monet fu considerata un’appropriazione privata di un bene pubblico, che avrebbe potuto avere conseguenze sulla salute dei residenti della zona, anche a causa della realizzazione di un’insana vasca. Del caso fu investito anche il prefetto del dipartimento dell’Eure al quale Monet, per difendersi, scrisse: “Vorrei far notare a che, con il pretesto di salubrità pubblica, gli avversari di cui sopra non hanno altro obiettivo che ostacolare i miei progetti, con cattiveria pura, come è spesso avviene in paese,  nel quale hanno interessi i proprietari terrieri parigini […]  La suddetta coltivazione di piante acquatiche non avrà l’importanza che questo termine implica e sarà solo un passatempo, per il piacere degli occhi, e per avere soggetti da dipingere ‘(citato in Michael Hoog, Musée de l ‘ Orangerie. L’Nymphéas di Claude Monet , Parigi, 2006, p. 119)”.  Gli ostacoli furono rimossi anche grazie ai potenti amici di Monet. Una volta superati i problemi burocratici e tecnici, il giardino di Monet esplode di bellezza e diventa il centro di ben tre decenni di pittura. Verso la fine della sua vita, Monet spiegò ad un visitatore che si era recato nel suo studio: ‘Mi ci è voluto del tempo per capire le mie ninfee. Le avevo piantate per puro piacere.  Le ho fatte crescere senza pensare di dipingerle. Poi, tutto d’un tratto ho avuto la rivelazione – “Che bello il mio stagno” mi sono detto – e lo stagno ha raggiunto raggiunto la mia tavolozza. Non ho avuto altro soggetto, da quel momento” ‘( in Stephan Koja, Claude Monet, catalogo, Österreichische Galerie Belvedere, Vienna, 1996, p. 146). Il giardino era stato comunque accuratamente progettato dall’artista come un microcosmo in cui fosse agevolmente possibile osservare e dipingere i cambiamenti nel tempo, della stagione e dell’ora del giorno, così come i colori cangianti. Nel 1908 Jean-Claude Nicolas Forestier visitò Monet e descrisse le sue scelte esecutive che non si discostavano da quelle delle passate stagioni. Monet dipingeva un quadro e se ne staccava non appena la luce fosse mutata, così lo riponeva e ne avviava un altro. La mattina successiva tornava accanto allo stagno per riprendere a dipingere, sempre alla stessa ora, passando poi a tele successive. ‘In questa massa di verdure intrecciate e foglie […] le ninfee allargano le loro foglie rotonde e punteggiano l’acqua con mille punte di rosso, rosa, giallo e bianco […] – testimoniava Forestier – Il Maestro viene spesso qui, dove la sponda del laghetto è circondato da fitti cespugli di iris. […]. La tela a cui ha lavorato questa mattina all’alba non è più la stessa sulla quale lo troviamo impegnato nel pomeriggio. In mattinata, avviene l’apertura dei fiori, e poi, una volta che iniziano a chiudersi, ritorna il fascino dell’acqua stessa e dei suoi riflessi mutevoli, l’acqua scura che trema sotto le foglie sonnolente delle ninfee”. (Daniel Wildenstein, Monet o Il trionfo dell’impressionismo , Colonia, 2003, p. 384). “La varietà infinita di forme e toni ha permesso all’artista di lavorare costantemente su un numero di tele allo stesso tempo – dicono gli esperti di Sotheby’s- Nel corso di tre anni cruciali, dal 1905 fino al 1907, Monet ha sperimentato con diversi approcci e tecniche pittoriche. I dipinti del 1905 sono stati fittamente dipinti con una superficie densa e con orientamento orizzontale, mentre quelli dal 1906 hanno un gioco più pittorico tra zone ricche di impasti cromatici alternati a colori dilavati e luminosi. Nel 1907 Monet usato le sue tele in verticale e sperimentato pennellate più lunghe”.

Un’altra caratteristica importante delle opere di questo periodo è l’accentramento esclusivo dello sguardo a una porzione di materia acquatica, senza che in esso interferissero le sponde o elementi prospettici del paesaggio circostante.
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