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1,60 di altezza, nervi da peso piuma. Le scarpe di Michelangelo indicano un “gemello” dell’artista: Pasolini


Entrambi acutissimi, polemici, reattivi. Entrambi di statura contenuta: 1,60 circa Michelangelo – la sua altezza è stata stabilita nei giorni scorsi, come vedremo – 1,67 Pier Paolo Pasolini. Entrambi i volti spigolosi, piuttosto somiglianti. Zigomi alti e guance incavate in un volto ossuto. Stessa attaccatura dei capelli – tendenzialmente forti e ricci – alla fronte.

Entrambi magri, con una forza fisica possente, tutta-nervi. Entrambi – vorremmo aggiungere – “intellettuali corsari”, cattolici del dissenso, critici nei confronti delle Chiese e incapaci di stare, tranquillamente, in un partito.

E’ possibile immaginare Michelangelo come una sorta di prototipo antropologico di Pasolini? Sottolineando le analogie notevoli tra i due è possibile configurare meglio il più lontano – dal nostro tempo – Michelangelo.

Il ritratto di Michelangelo e quello di Pier Paolo Pasolini. Al centro: le calzature

E’ chiaro che, all’interno di un’etnia, alcuni caratteri tendono a ripetersi, nelle generazioni. E che la conformazione fisica è uno dei numerosi motori nascosti che contribuiscono alla creazione della nostra personalità. E che poi, il mestiere simile – quello dell’intellettuale che fa, anche fisicamente – unisce maggiormente i punti tipologici di contatto.

Un disegno in cui Daniele da Volterra ritrae Michelangelo


Il dibattito e nuove ipotesi si sono moltiplicati a partire da uno studio interessante riguardo alle dimensione delle babbucce e all’altezza di Michelangelo, dal quale sono poi partite altre ricerche, di completamento.

Qui, con il consenso di autori ed editori, pubblichiamo un estratto dell’articolo di Elena Percivaldi – tratto da BBC History Italia (n. 125), p. 32 – “Le scarpe di Michelangelo rivelano la “statura” dell’artista”

Le calzature di Michelangelo. Credit: (c)Casa Museo Buonarroti / Anthropologie

Il paleopatologo Francesco M. Galassi e l’antropologa forense Elena Varotto del FAPAB Research Center di Avola (Sicilia) hanno esaminato le babbucce conservate a Casa Buonarroti che la tradizione ritiene appartenute al genio rinascimentale, rivelando che l’individuo che le portava era alto circa 1 metro e 60. Altri studi, tuttora in corso, potranno rivelare ulteriori particolari sulla salute e sulle cause della morte dell’artista, per molti versi ancora poco chiare. La notizia pubblicata in esclusiva sul mensile BBC History Italia
È un paio di scarpe di cuoio dal design semplice quello che si conserva a Firenze, insieme ad una sola pantofola altrettanto spartana – l’altra sparì nel 1873 -, all’interno di Casa Buonarroti.

Le calzature di Michelangelo. Credit: (c)Casa Museo Buonarroti / Anthropologie

Calzature di uso comune, certo, ma significative perché la tradizione le vuole indossate da Michelangelo Buonarroti (1475-1564) e quindi da annoverare tra i pochissimi effetti personali rimasti di uno dei massimi protagonisti dell’arte di tutti i tempi. Le scarpe furono ritrovate nella dimora fiorentina dal maestro e a lui subito attribuite. Ora due studiosi italiani, il paleopatologo Francesco M. Galassi e l’antropologa forense Elena Varotto del FAPAB Research Center di Avola (Sicilia), hanno analizzato i preziosi reperti nel tentativo di ricavare notizie riguardanti la vita e l’aspetto fisico del genio rinascimentale.

Nel loro contributo, pubblicato nella rivista scientifica internazionale “Anthropologie” (Brno, Repubblica Ceca), sono giunti alla conclusione che chi portava tali calzature, di foggia maschile e simili a babbucce, fosse un individuo alto circa 160 cm il che si accorda con quanto noto dalle fonti coeve: Giorgio Vasari nella sua biografia di Michelangelo sostiene infatti che il maestro fosse “di statura mediocre, di spalle largo, ma ben proporzionato con tutto il resto del corpo”. Pur in mancanza delle analisi al C14, non effettuate per preservare l’integrità del reperto, l’esperta di storia del costume Elisa Tosi Brandi dell’Università di Bologna ha confermato che stile e materiali delle scarpe sono coerenti con il periodo in cui visse l’artista.

Michelangelo terminò la sua esistenza terrena a Roma il 18 febbraio 1564, nella modesta casa che sorgeva in piazza Macel de’ Corvi, oggi non più esistente (fu distrutta alla fine dell’Ottocento per far spazio al Vittoriano). Aveva quasi 89 anni e fino a pochi giorni prima aveva lavorato all’ennesima straordinaria opera, la Pietà Rondanini, destinata a rimanere incompiuta.

La salma fu recuperata dal nipote Lionardo e trasportata a Firenze, dove venne sepolta in pompa magna in Santa Croce: qui ancora oggi riposa, in una fossa terragna accanto al sepolcro monumentale realizzato per lui dal Vasari. Ignote le cause del decesso così come l’esatto quadro patologico dello scultore negli ultimi anni della sua vita: sulla base degli indizi forniti dalle fonti, gli studiosi hanno ipotizzato che soffrisse di diverse malattie tra cui la gotta, il saturnismo – un’intossicazione provocata dalla prolungata esposizione al piombo contenuto nei pigmenti usati nella pittura dell’epoca – e l’artrite cronica. Nessuna autopsia sui resti è però finora stata realizzata.
Ulteriori particolari giungeranno dallo studio che Galassi e Varotto stanno conducendo su vari aspetti biologici e antropologici di Michelangelo. E contribuiranno forse a rivelare importanti particolari relativi allo stato di salute e alle cause della morte del grande genio rinascimentale, per molti versi ancora oscure.