Press "Enter" to skip to content

Posts published in “Giorno: 15 Febbraio 2018

Stendhal a Brescia, dalla profezia di San Giovita ai Martinengo, da Bagnolo Mella alle case della città

La Certosa di Parma contiene alcuni riferimenti a Brescia, città nella quale Stendhal abitò per alcuni mesi. Era giunto in Italia con l’Armata napoleonica, all’’età di diciassette anni. Nel primo capito del romanzo egli allude, non senza certa ironia, alla cosiddetta profezia di “San Giovita, il primo patrono di Brescia (sic)”. Secondo questa voce che circolò negli ambienti aristocratici contrari all’invasione, il rientro dei francesi in Lombardia era temporaneo. “A giudicare da quel sacro oracolo – scrive Stendhal – la fortuna dei francesi e di Napoleone sarebbe finita esattamente tredici settimane dopo Marengo. Per scusare, almeno in parte, il marchese Del Dongo e tutti quei musoni di nobili campagnoli, bisogna dire che loro, alla profezia, ci credevano davvero, in buona fede”.

Maria Lassnig, la pittrice femminista che esplorava il proprio corpo

Il concetto chiave che più di ogni altro caratterizza l’opera di Lassnig è quello di Körpergefühl o "consapevolezza corporea"; infatti analizzando introspettivamente la vera natura della propria condizione, seppe usare il mezzo artistico per esprimere sensazioni corporee. Sono numerosi gli autoritratti che danno prova della particolarissima forma di autoanalisi cui l’artista, dalla profonda sensibilità, si sottoponeva costantemente. La mostra organizzata dagli Uffizi

Giulio Alvigini, la scultura dell'uomo messo in un angolo. Esclusione e meditazione

Il giovane artista, Premio finalisti Nocivelli 2017, analizza la propria scultura: "Credo che I will never copy Maurizio Cattelan anymore sia l’ennesimo tentativo (fallimentare) di esorcizzare una delle isterie più frequenti nell’autoanalisi della figura del giovane artista: la frustrazione dell’epigonismo e la paura di un confronto citazionistico già perso in partenza. Davanti all’accusa e alla “punizione” simpsoniana inflitta per l’uso/abuso improprio di stilemi brandizzati altrui, l’installazione vuole descrivere, attraverso l’utilizzo del pupazzo come un’io feticcio, un’ulteriore via interpretativa sul tema: la costruzione di una carriera epigonale come scelta e discorso artistico, come forma di resistenza che si svolge in parallelo ad una distanza storica".