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Pietà Bandini di Michelangelo. Non fu lui a colpirla. Fu il marmo a cedere


Non fu danneggiata volutamente da Michelangelo, insoddisfatto per il proprio lavoro, la Pietà Bandini. I distacchi e i problemi furono invece causati dalla discontinuità del marmo. Questa la conclusione a cui sono giunti i restauratori – Paola Rosa ed Emanuela Peiretti – che hanno concluso gli interventi in questi giorni. La Pietà Bandini è una scultura marmorea alta 2 metri e 77 centimetri, databile al 1547-1555 circa e conservata nel Museo dell’Opera del Duomo a Firenze. E’ uno degli ultimi lavori prodotti da Michelangelo. Si ritiene che egli si sia raffigurato in Nicodemo, l’uomo con la barba, in piedi.
Fu quindi il materiale di scarsa qualità e pieno di discontinuità a creare grossi problemi al maestro, Questo blocco, come ricordava anche Vasari, era pieno di impurezze ed estremamente duro, tanto che al contatto con lo scalpello emetteva nugoli di scintille.

Il restauro – commissionato dall’Opera del Duomo e reso possibile grazie alla donazione della Fondazione Friends of Florence -, era iniziato nel novembre 2019. L’apertura del cantiere – che poteva essere visitato da chi entrava nel museo – era stata protratta a causa delle interruzioni provocate dalla pandemia. Durante le verifiche è stato possibile capire il motivo per il quale l’opera non venne conclusa.

I problemi provocati dal marmo furono notevoli per Michelangelo. Tentando di variare la posizione delle gambe di Cristo, una venatura nel marmo ne provocò la rottura, suscitando una grande frustrazione nell’artista, che era stanco e molto depresso. Per questo si raccontò che lui avesse preso in mano uno martello, colpendo la scultura sul gomito, sul petto, sulla spalla di Gesù e sulla mano di Maria; la gamba sinistra di Gesù, che avrebbe dovuto accavallarsi a quella di Maria, è completamente assente. I distacchi sarebbero invece stati provocati dal cedimento del materiale, a causa della presenza di numerose microfratture. Le restauratrici hanno infatti affermato di non aver trovato tracce di martellate, a meno che esse siano state cancellate dal restauro che ne fece l’allievo Tiberio Calcagni.
L’opera, inutilizzabile, venne venduta nel 1561 allo scultore e architetto fiorentino Francesco Bandini per duecento scudi, tramite l’intermediazione dell’allievo Tiberio Calcagni, che si offrì di sistemarla e integrarla con la Maria Maddalena alla sinistra. Il restauro ha consentito di appurare che il marmo in cui l’opera fu scolpita non è quello di Carrara – come si riteneva fino ad oggi – ma quello della cava medicea di Serravezza.