Press "Enter" to skip to content

A Genova è in arrivo Oikos, la mostra d'arte "ecointegralista"


OIKOS - Invito
[box type=”note” ]OIKOS – Mostra d’Arte ecointegralista
21 novembre – 13 dicembre 2014
Villa Spinola Narisano
Centro Civico Cornigliano
Viale Narisano 14
Genova
Dal lunedì al venerdì ore 9-19, sabato ore 9-13. Chiuso domenica e festivi.
[/box]


[googlemap src=”https://maps.google.it/maps?q=Viale+Narisano+14+Genova&safe=active&hnear=Viale+Narisano,+14,+Genova,+Liguria&t=m&z=16″ width=”200″ height=”400″ align=”alignright” ]C.S. – In collaborazione col Comune di Genova, il Centro Civico Cornigliano e col patrocinio del Municipio VI Genova Medio Ponente, CON-TEMPORARY – Specola d’Arte con-temporanea presenta OIKOS, una mostra collettiva d’Arte “ecointegralista” a cura di Jizaino per sensibilizzare ancora una volta al rispetto per l’ambiente. Verranno esposte opere di pittura, fotografia, videoarte e scultura degli artisti Christin Bolewski, Enrico Bovi, Gian Luigi Braggio, Natalia Carrus, DUNE, Armando Fanelli, Benna Gaean Maris, Christos Giannopoulos, Alfredo “Amars” Grelli, Mar.Gu, Mary M., Fulvio Martini, Abramo “Tepes” Montini, Leonardo PrencipeMaya Quattropani, Orma Rapace e David Theobald.
“Quando parliamo di Natura è sbagliato dimenticare che noi stessi siamo una parte della Natura.” – Henri Matisse
Dopo un fugace momento di buone speranze, viviamo un’epoca dominata da enormi sconvolgimenti economici che determinano gravi iniquità sociali, angoscia e ingiustizie in tutto il mondo. Così si alimentano sempre più conflitti bellici motivati da ragioni pretestuose e ipocrite, il cui solo scopo è la predazione delle risorse, in particolare di quei territori che furono la culla della civiltà. Tanti popoli subiscono indicibili sofferenze e massacri, trovando salvezza solo nella fuga.
In un simile contesto di emergenza umanitaria, parlare di ecologia sembrerebbe di secondaria importanza, ma è proprio nell’alterato equilibrio tra essere umano e ambiente che troviamo la cagione di tutto: da una parte élite potenti e facoltose sostengono un sistema di lussuoso abuso delle risorse in cui lo sperpero raggiunge apici e volumi senza precedenti, il quale poi viene preso a modello da una classe media che, pur di non essere da meno, diventa sempre più povera o si indebita; dall’altra parte, masse sempre più numerose di indigenti si ritrovano per necessità a sopravvivere con, tra e degli scarti, subendo ovvie conseguenze. Così c’è chi vive vicino alla centrale nucleare dove lavora e chi per lavorare si sposta nel caos urbano respirando smog; c’è chi si sente fortunato ad abitare vicino a un aeroporto o a un ripetitore per telefoni cellulari; c’è chi mangia cibo spazzatura, chi compra gli alimentari sottocosto prossimi alla scadenza, chi si reca alle mense dei poveri, chi attende gli aiuti umanitari lanciati col paracadute, chi vive nelle discariche separando i rifiuti per sopravvivere. C’è chi alla fine dà colpa alla sfortuna quando si ammala nel corpo o nell’anima, e quindi si fa riciclare come uno scarto dallo stesso sistema per cui si è ammalato, generando ulteriori profitti.
Ci venne insegnato che vivere nello sporco provoca malattie, ma in nome del profitto gli esseri umani sembrano aver dimenticato questo principio; o meglio, per non incorrere in sanzioni hanno imparato a nascondere e dissimulare i propri rifiuti, rendendoli sempre più invisibili, inodori, intangibili e subdoli, fino a trasformarli in finissime nano-polveri; oppure rendendoli attraenti, perfino piacevoli.
La produzione di uno scarto è sempre intrinsecamente un atto antieconomico e antiecologico.
In ogni ambito si inventano sempre nuove sostanze artificiali, tanto utili quanto inquinanti: solide, liquide, gassose, biologiche, nucleari o elettromagnetiche. La contaminazione è talmente ubiquitaria, pervasiva e strisciante che non risparmia nessuno.
Da un punto di vista naturalistico, quasi sempre i ritrovati tecnologici che normalmente vengono definiti prodotti non sono tanto diversi dai rifiuti: entrambi inquinano a causa della loro natura artificiale.
OIKOS - LocandinaPure molte materie e procedimenti con cui si realizzano le opere d’arte producono inquinamento, quindi anche tutta questa mostra, ma possiamo accettare l’attenuante che ognuno è figlio della propria epoca e per parlare di cambiamento è necessario iniziare da dove ci si trova, usando ciò che si ha e in modo che venga compreso dalla contemporaneità; inoltre è tanto utile ostentare il corpo del reato quanto l’arma con cui si sia perpetrato il delitto.
In tal senso la Video Arte, sebbene anch’essa dipenda da tecnologie non proprio eco-friendly, potrebbe essere considerata un’evoluzione ecologica delle arti visive classiche, perché smaterializza l’opera d’arte riducendola alla sua sola essenza più importante, ossia il messaggio che essa veicola tramite la sua immagine virtuale, il suo spettro incorporeo, sollevando quindi l’ambiente dal peso di nuovi prodotti / rifiuti materiali.
Nell’ambito dell’ambientalismo, ritengo che più della mancanza d’informazione sia maggiormente dannosa la disinformazione, oltremodo desiderata dalle corporazioni che sono interessate solo ai profitti generati dai loro giganteschi business a cui è hanno apposto l’etichetta falsa dell’ecologia.
Talvolta anche gli artisti partecipano al gioco inconsapevolmente, confidando negli slogan che vengono propinati come mantra dai mass media, pertanto ho voluto imprimere alla mostra la mia personale opinione, selezionando accuratamente le opere al fine di scremare tutto ciò che ritengo frutto di manipolazioni finalizzate agli interessi economici piuttosto che ecologici.
Un esempio eclatante è il riciclo dei rifiuti: invece di limitare a monte la produzione dei rifiuti, da una parte si obbliga a riciclare e dall’altra si incentiva una grande distribuzione basata sul preconfezionamento dei prodotti al dettaglio (es.: poche fette di prosciutto sono spesso vendute con un’equivalente massa di plastica) e sull’obsolescenza programmata (i prodotti / rifiuti non vengono progettati per durare). Ho pertanto omesso uno dei più nuovi paragrafi dell’espressione artistica contemporanea: la Recycle Art fine a sé stessa.
Anche la teoria del presunto global warming causato dalla CO2, già incongruente e fumosa alla luce di più ampi studi indipendenti, dopo lo scandalo dei dati manomessi ha dovuto cambiare nome, trasformandosi in un più aleatorio climate change.
Con il termine ecointegralista ho voluto definire un atteggiamento “fondamentalista” fortemente rispettoso degli equilibri della natura. Esso auspica un ripensamento degli stili di vita umani in sintonia con alcuni precetti dell’ecosofia (filosofia ecologica) relativi all’interazione tra noi e l’ecosistema, attraverso un riavvicinamento ai ritmi della natura, ai cicli circadiani e stagionali, un’attenzione per i principi fondamentali della nostra esistenza, del nostro ruolo e presenza sul pianeta, ossia la sopravvivenza attraverso il nostro adattamento all’ambiente e non viceversa.
 
Òikos: gr. «casa, residenza, famiglia»
Esiste una certa cultura che ritrae il sentimento ambientalista ed ecologista come espressione di un fanatismo; viene sarcasticamente soprannominato “ecoismo”, in ovvia assonanza a egoismo. In parte hanno ragione: l’ecologia e il rispetto per l’ambiente sono proprio forme di egoismo, ossia interesse per la propria incolumità: eco, dal greco òikos, significa casa, e la nostra casa è quella sfera di estensione finita chiamata Terra. Colui che della sua casa fa scempio è a dir poco uno sprovveduto.
Sempre più persone hanno già un’alta consapevolezza dei danni che subisce l’ambiente, e nel loro animo vorrebbero appassionatamente una società che rispetti la natura, ma sembra che ciò non basti, infatti assistiamo a una sempre più frequente e insidiosa distruzione e contaminazione di ogni aspetto dell’ambiente che ci circonda. È ovvio che le decisioni non vengono prese dalla cittadinanza.
La tecnologia avanza a ritmo esponenziale, creando ogni giorno nuovi effetti collaterali a cui la maggior parte delle persone non è preparata o di cui neppure è al corrente: nanoparticelle, biotecnologie, eccetera.
Per i guadagni immediati nessuno si preoccupa degli effetti sull’ambiente nel lungo periodo, e ormai neppure di quelli a breve termine; nella migliore delle ipotesi gli accorgimenti per contrastare le ricadute sulla salute hanno bisogno di decenni per essere assimilate dall’informazione pubblica, così diventano obsolete prima ancora di poter sortire effetti. Per difendersi è necessario tenersi ben informati e cogliere i cambiamenti, ma soprattutto saper guardare al principio.
Gli artisti possono umilmente offrire alla società la loro perspicacia avanguardista che nasce dalla loro naturale sensibilità e dalla necessaria capacità di osservazione, il cui spirito talvolta eccentrico e poliedrico può portare a una più ampia visione della realtà.
Per questo ho chiamato artisti diversi nel linguaggio, riconosciuti o emergenti, ma tutti accomunati da un precedente e disinteressato coinvolgimento personale sulle tematiche ambientaliste, e che attraverso le loro opere si siano espressi contribuendo alla pubblica denuncia delle tante problematiche.
Volendo vincere la resilienza dovuta all’apatia o all’indifferenza, che impedisce di agire per la soluzione dei problemi, questa mostra vuole sensibilizzare tutte le persone, favorendo la presa di coscienza di realtà troppo spesso omesse, occultate o marginalizzate in un altrove, e sostenendo che per preservare l’ambiente in cui viviamo è necessario anche il determinato dissenso unito alla libera adozione di atteggiamenti da parte dei singoli individui, e soprattutto un cambiamento etico in coloro che contribuiscono a muovere quei meccanismi socioeconomici che a loro volta determinano gli stili di vita della comunità.