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“A modo Mio”, l'arte è servita a tavola da ristoratori bresciani. Come nell'Ottocento


di Elena Charlotte Rainelli
A partire da metà Ottocento, l’arte prende vita, non più nei consueti atelier o scuole di pittura e scultura ma in locali pubblici di ristoro e di ritrovo chiamati “Caffè”. La continua necessità di un costante scambio di idee culturali, politiche e sociali spingeva allora molti intellettuali e uomini di cultura, tra i quali artisti che avevano lasciato le fredde aule delle Accademie a rifugiarsi in animate e vive stanze in cui sembrava di respirare un’aria di rinnovamento. Famosi sono i locali parigini come “Lapin Agile” e “Les Closeries des Lilas”.

Il Lapin agile, storico cabaret nei pressi di Montmartre, era in origine chiamato “Cabaret des Assassins” perché la tradizione racconta che una notte una banda di assassini interruppe e uccise il figlio del proprietario. Nel 1866 Adèle Decerf, un ex ballerina di cancan la cui specialità culinaria era il coniglio saltato in padella, riprese la gestione del locale e nel 1875 il caricaturista André Gill immaginò come insegna del locale proprio un coniglio che balzava fuori da una padella. Dal gioco di parole nacque il nome emblematico del cabaret il “Lapin Agile”. Fu uno dei luoghi privilegiati degli artisti bohemien del primo Novecento come Pablo Picasso, Max Jacob, Roland Dorgelés Francis Carco, Modigliani, Apollinaire, Utrillo e Pierre Mac Orlan. Il locale oggi è composto da una piccola casetta rosa, ricoperta dai rampicanti situata al 4 rue des Saules nel suggestivo quartiere di Montmartre, ed ospita ancora oggi, ogni sera le esibizioni di giovani artisti parigini. Sempre a Parigi nel 1847 divenne famoso La Closerie des Lilas , un caffè e ristorante sito sul boulevard du Montparnasse come luogo di incontro di famosi artisti come Emile Zola, Cezanne, Baudelaire… All’inizio del XX secolo La Closerie divenne leggendaria per aver accolto l’intellighenzia americana: Hemingway, Fitzgerald, Miller. Tra gli artisti famosi che frequentavano il locale ricordiamo Modigliani, Breton, Picasso, Severini, Sartre, Oscar Wilde …Altro luogo storico di Parigi fu il Café Guerbois, oggi Avenue de Clichy, era un locale frequentato a partire dal 1863 da Manet e dagli artisti che avrebbero di lì a poco dato origine al movimento impressionista. Il locale, descritto anche da Émile Zola nel romanzo L’opera, era di proprietà di Émile Bellot. Nel 1863 fu esposta l’opera“Le bon dock”(il buon boccale di birra) di Manet. Accentrato intorno alla figura di Manet, un folto gruppo era solito riunirsi in quel bar in genere la sera. Il giovedì gli artisti erano soliti riunirsi per discutere di arte.

Non solo Parigi fu protagonista dei caffè .Famosi sono anche quelli italiani come il “Caffè Michelangelo” a Firenze. Fu luogo di animatissime discussioni sia d’ordine artistico che politico; ha visto protagonisti artisti, quasi tutti toscani, che dopo il 1860, animavano il panorama artistico italiano e che hanno contribuito in modo decisivo al rinnovamento dell’estetica pittorica tradizionale. In particolare si ritrovavano i giovani artisti in rivolta con l’arte accademica veneziana : i Macchiaioli, chiamati così per la loro maniera di dipingere con larghe macchie di colori puri.

Sempre a Firenze, esercizio storico fu il caffè “ Le Giubbe rosse “ situato in piazza Repubblica; fondato nel 1897 dai fratelli Reininghaus, fabbricanti di birra tedesca. Secondo la moda viennese del tempo, i camerieri indossavano giubbe rosse tanto che i fiorentini, trovando difficoltà nel pronunciare il nome straniero del caffè, preferivano dire: “andiamo da quelli delle giubbe rosse”. Dal 1913 divenne sede fissa dei futuristi fiorentini trasformandosi in luogo di incontro per letterati e artisti italiani e stranieri. Tuttora ha le pareti interamente coperte da foto, disegni e memorie dei suoi celebri frequentatori. I caffè e i locali erano spazi in cui si poteva leggere e conversare, talvolta scroccare qualche pasto tendendo l’orecchio alle notizie e alle novità artistiche. Le discussioni erano continue, animati erano spesso i dibattiti che terminavano spesso in burlesche scene. I caffè rappresentano la cornice in cui l’artista inquadra i suoi pensieri, il suo agire e sentire, lasciando trafugare l’Arte con sprazzi di luce, con lo scopo di illuminare quelle esistenze spesso misere e tristi. Oggi L’arte è di casa nei ristoranti italiani, soprattutto a Roma, dove sull’onda di una moda proveniente come al solito dagli States, i talenti emergenti, ma anche quelli già affermati, hanno la possibilità di esporre le loro opere al pubblico ed eventualmente proporne la vendita. A Brescia la vocazione artistica del ristorante “A modo Mio” è sempre stata molto forte, considerata la passione della proprietaria Sara Goffi, estimatrice di artisti bresciani , molti dei quali ospiti con le loro opere nel suo locale in zona Brescia2.

Dal 2015 il locale si trasforma così in una vera e propria galleria d’arte per il piacere visivo e non solo gustativo del cliente circondato da quadri o sculture per lo più di taglio contemporaneo. Il locale diventa una vera e propria galleria d’arte con quadri e tele che fanno capolino ad ogni angolo e sulle pareti. Numerosi i pittori che hanno aderito all’iniziativa, che sembrano riscuotere notevoli successi: dall’acquarellista Alessandro Mosca a Tiziana Cherubini; inoltre Pietro Pagnoni, Carlo Guerrato, Claudia Antonelli, Andrea Avitabile, Maurizio Marino, Federica Maffezzoni e Enrico Zani.

Sara Goffi, l’anima di “A modo Mio”

Di recente Mario Bonometti e Marco Onorio. Ad ogni inaugurazione tovaglie, tovaglioli e allestimenti diventano così la tavolozza estemporanea dove l’artista di turno mostra il suo estro creativo per la gioia dell’ospite che si ritrova in mano un pezzo d’autore, tutto accompagnato da un aperitivo e da una cena curata dei dettagli dalla equipe del locale. “L’Arte non deve mai tentare di farsi popolare. Il pubblico deve cercare di diventare artistico.” (Oscar Wilde)