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Andrea Rinaudo, gioielli di design che ascendono al cielo




Con l’opera “…quasi l’ultima…”, Andrea Rinaudo ha vinto il primo premio, sezione scultura, del Nocivelli, 2015. Nella pagina la sua opera. L’abbiamo intervistato

Andrea Rinaudo, "…quasi l'ultima…"
Andrea Rinaudo, “…quasi l’ultima…”

 
 
Iniziamo con una breve scheda anagrafica
Sono nato a Savigliano (Cn) il 16/03/1989, vivo e lavoro tra Italia e Parigi. Mi sono laureato al corso
di scultura all’Accademia di Belle Arti di Bologna, con tesi dal titolo “L’essenza interna degli
elementi”, votazione 110/110 con lode. Durante i miei studi, nel 2011, ebbi la fortuna di vincere
una borsa di studio Erasmus presso l’atelier degli artisti Lucy et Jorge Orta a Parigi, dove oggigiorno
proseguo l’esperienza come assistente.
Andrea Rinaudo
Andrea Rinaudo

Fin dall’infanzia immergevo la mente e le mani in una curiosità tale da perdere giornate intere a
riflettere sul come e il perchè si fosse inventata una determinata cosa, oppure perchè l’avessero
fatta così e non cosà. Tutte riflessioni che scaturivano al mio interno energia positiva in grado di
trasmettermi vitalità e vivacità. Ai tempi si trattava di normale curiosità infantile, in seguito però si
è trasformata in una vera e propria passione.
Il filo logico dei miei lavori è principalmente la ricerca e l’uso del materiale. Una volta avvicinatomi
ad un elemento, che sia esso naturale o artificile non importa, mi ci immergo completamente per
scoprirne tutte le sue caratteristiche. Personalmente credo che solamente dopo avere studiato le
proprietà di “un qualcosa” si ha la quasi totale certezza di conoscerla. Un po’ come funziona con un
amico.
Lo studio del materiale per me è una vera e propria sfida, una cosa importantissima, perchè ciò mi
permette di poter prendere decisioni in grado di sviluppare al meglio la mia arte. Personalmente
reputo un’astuzia trovare soluzioni semplici per realizzazioni perfette.
Come curo l’aspetto del materiale, altrettanto dedico il mio tempo alla realizzazione dell’opera.
Intendo la cura nel dettaglio, che si tratti di un materiale duro come il marmo o fragile come il
cartoncino, mai tendo ad essere superficiale. Definirmi “perfezionista”, potrebbe sembrare
presuntuoso ed arrogante, e così non voglio descrivermi… forse “ambizioso” è il termine che più mi
rappresenta.
Per concludere non credo di potermi identificare in una qualche corrente stilistica ed espressiva,
benchè apprezzi tutto ciò che riguarda l’arte contemporanea.
Nell’ambito dell’arte, della filosofia, della politica, del cinema o della letteratura chi e quali
opere hanno successivamente inciso, in modo più intenso, sulla sua produzione? Perché?
Sinceramente, i maestri che hanno contribuito al mio sviluppo artistico sono principalmente
persone con le quali ho avuto l’onore di lavorare. Sono loro che in prima persona, sono state in
grado di trasmettermi la passione per l’arte che non si studia sui libri; si tratta di sensazioni ed
energie che si recepiscono quando si osserva e si manifestano quando si crea. Allo stesso tempo
non rinnego l’arte studiata e vista nelle diverse esposizioni, alle quali ho avuto la possibilità di
partecipare. Come avrete capito, il filo conduttore delle mie ricerche è l’uso del materiale, che
quando si associa a tonalità di colore sgargianti ed energiche, creano un connubio perfetto. Ecco
che i lavori di Richard Serra prima, e Dan Flavin dopo, hanno giocato un ruolo principale nella mia
formazione. Pur facendo parte dello stesso movimento artistico, esprimevano concetti e
realizzavano opere molto diverse. Questo, a parere personale, vuole sottolineare le assolute
differenze che, se affiancate, creano sinergie mai provate prima.
Anche Daniel Buren nella scultura a Gerhard Richter nella pittura, tramite l’uso del colore, sono
riusciti a portare a termine opere dal valore emotivo per me inestimabile.
Ma l’artista per eccelenza, del passato e del presente, che mi ha maggiormente affascinato rimane
Giuseppe Penone che, con il suo amore per la natura è riuscito a stimolare milioni di curiosi: dagli
albori della sua esperienza artistica, quando nei boschi del paese natio realizzava opere di una
delicatezza incredibile, alle sue opere più recenti (viste personalmente nei giardini di Versailles),
dove l’energia che possiede gli ha concesso la creazione di capolavori. Credo che proprio l’amore
per la natura e tutto ciò che la circonda abbia ispirato il suo percorso di artista e filosofo.
Conclude la mia lista Anish Kapoor, artista britannico di orgine indiana che dopo il suo breve rientro
nelle terre native è riuscito a dare vita a capolavori dalle forme importanti e dai colori forti che
sempre hanno rappresentato la sua cultura. Vedere 1000 Names (1979-1985) fa capire come a
volte la semplicità sia la base di un capolavoro. Riuscire a trovare le proprie radici è un aspetto
importante per ogni essere della terra.
Può analizzare nei temi e nei contenuti l’opera  realizzata e presentata al Premio
Nocivelli, illustrando le modalità operative che hanno portato alla realizzazione?
Come dicevo innanzi, lo studio del materiale non è stato casuale. Dopo un’approfondita ricerca, sia
manuale che di pensiero, ho potuto realizzare un’opera degna del compiacimento di un artista.
Con questo voglio dire che, come un concetto dev’essere espresso con giuste parole, anche
un’opera d’arte necessita dei giusti materiali per la sua fioritura.
Anche se ad occhio nudo in …quasi l’ultima… questa caratteristica potrebbe non essere intuitiva, è
comunque stata una tappa fondamentale del processo produttivo.
Prendendo spunto dagli origami giapponesi, dove l’uso della carta ha creato i fondamenti di una
cultura millenaria che fin dal passato è stata collegata alla figura degli Dei (carta e dei si
pronunciano entrambe kami), anche io, nel mio piccolo, ho voluto dare un significato profondo alla
mia opera. Non si tratta solamente di solidi studiati nella loro forma, ma anche di progetti in grado
di mutarsi nel tempo, come lo sviluppo della società, che oggi più che mai tende a correre la
maratona più lunga mai disputatata fin a ora.
L’installazione nella sua combinazione verticale vuole sottolineare, la ricrescita ed il rinnovamento
che, io artista, ho in ogni mia creazione. L’opera, sviluppandosi dal basso verso l’alto, è come una
sorta di ascensione personale, uno stimolo a emergere dalle acque profonde…gli spazi che ho dato
tra un solido e l’altro sono il ritmo che detta i tempi del mio equilibrio.
Ogni “sagoma” conclusa ha comportato a monte una riflessione tecnica tale che nell’effettiva
ingegnerizzazione dell’idea primordiale, il processo creativo è andato via via evolvendosi fino a
raggiungere un risultato finale che ha appagato la mia aspettativa di leggerezza e armonia.
Sito web: http://www.andrearinaudo.com/
Mail: andrea_rinaudo@libero.it