Cosa vedi da una foto satellitare? Cerchi, anelli, linee che sembrano disegnate da un gigante: come se la mano di un dio avesse inciso il paesaggio con una spirale.
E cosa vedi, invece, quando cammini su quel terreno? Dolci ondulazioni d’erba, rilievi appena percettibili, curve naturali del pendio.
È l’inganno del tempo e dell’erba, che ricopre, come un velo, le vestigia di edifici o sistemi urbanisti scomparsi.

È quanto accade, oggi, al forte collinare di Ring Chesters, una delle più affascinanti testimonianze dell’età del Ferro delle isole britanniche, che il ricercatore Andrew Curtis ha recentemente segnalato nel rapporto tra immagini aeree, immagini Lidar – ottenute con una sorta di georadar e in grado di mostrare le strutture senza vegetazione sovrastante – e ispezione in loco.
Un’oasi difensiva fra i monti del Northumberland
Tre cerchie murarie come torque sacri
“Ring Chesters – dice Curtis – è un insediamento dell’età del Ferro ben conservato e difeso, di forma ovale, circondato da tre argini concentrici. L’interno del recinto contiene le fondamenta circolari in pietra di circa otto edifici preistorici. Il forte occupa una posizione prominente sulla cima di una collina e nelle vicinanze si trovano prove di almeno due fasi di utilizzo agricolo, sotto forma di terrazze di coltivazione (lynchets) e di arature successive.
Si trova nella valle di Elsdon Burn, nel Northumberland. La collina in primo piano è Great Hetha, che ospita un altro forte collinare sulla sommità, con un secondo, Little Hetha, su una cresta più bassa alla sua sinistra. Dietro, sulla sinistra, si elevano Newton Tors e Hare Law, mentre sulla destra si staglia il grande massiccio del Cheviot, a circa nove chilometri di distanza.”

Dall’alto, le tre cerchie appaiono come tre torque celtici, i bracciali o collari rituali in metallo che i Celti associavano alla potenza e alla divinità. Il paragone è inevitabile: i tre anelli, collegati da passaggi che si aprono come bocche, sembrano evocare il simbolo del serpente che si morde la coda o di due serpenti contrapposti, emblemi di energia vitale e rigenerazione.
Difesa, pascolo e culto
L’organizzazione del mondo all’interno di tre cerchi

La struttura a triplice recinto non era solo un dispositivo militare.
I tre cerchi, infatti, definivano zone di funzione diversa: i due esterni come area di pascolo e protezione del bestiame; il più interno, sacro e domestico, riservato alle abitazioni e al potere.
Le porte di accesso, tre, rappresentavano – secondo alcune ipotesi simboliche – le teste dei torque, e dunque le vie di ingresso al mondo protetto dalla divinità.

Non possiamo escludere che Ring Chesters avesse anche un significato religioso o che, semplicemente, la forma fosse cercata per cercare la protezione di un dio. La disposizione dei cerchi suggerisce un ordine rituale, un sistema cosmico difeso da muri di pietra. E non soltanto un semplice sistema difensivo militare.
Il dio dai corni di cervo
Cernunnos e l’archetipo del guardiano del cerchio
Il torque era, del resto, l’attributo del dio Cernunnos, la divinità celtica della natura e della fertilità, rappresentata come un uomo con la testa di cervo, sovrano degli animali selvatici e dei boschi.
Sul celebre calderone di Gundestrup, capolavoro dell’arte celtica del II-I secolo a.C. ritrovato in Danimarca, Cernunnos tiene un torque nella mano destra e un serpente cornuto nella sinistra. L’epoca corrisponde con quella della cosiddetta età del Ferro, alla quale apparterrebbe la fortificazione a tre anelli.

Il collegamento con le forme di Ring Chesters è suggestivo: tre anelli, come tre simboli di dominio, che proteggono un centro dotato di una propria area del sacro.

Come nei castelli medievali si elevavano cappelle a San Giorgio, l’uccisore del drago, così – con un salto indietro di 1500-2000 anni – le comunità dell’età del Ferro potevano consacrare i propri forti ai numi guardiani dei pascoli e della vita.
I serpenti bloccati nella forma di anello, significano probabilmente il male sottomesso, ma potenzialmente utilizzabile, nel suo crogiolo velenoso, contro il nemico. L’uomo cervo o il cervo, possono mangiare sorprendentemente i serpenti o portarli al collo o al braccio. Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia (VIII, 50) avrebbe raccontato che il cervo, “quando scorge una serpe, la trae fuori con il fiato dal suo nascondiglio e la divora, così purificando il suo corpo”.
La scena, suggestiva ma improbabile dal punto di vista etologico, ha avuto una fortuna iconografica enorme:non solo nel tempo preistorico, ma nel Medioevo e nel Rinascimento il cervo che uccide o divora il serpente divenne simbolo del bene che vince il male, o dell’anima che trionfa sul peccato.
Fortezza, tempio, labirinto
Quando il paesaggio diventa un simbolo
Durante la notte o in caso di pericolo, le tre porte venivano chiuse, isolando gli anelli come trincee. Chi tentava di penetrare nel forte doveva attraversare un vero labirinto, che rallentava l’attacco e consentiva agli abitanti di organizzare la difesa dall’interno.
Difesa e sacralità si univano dunque in un unico disegno: il cerchio che racchiude la vita, la protegge, la separa dal caos del mondo esterno.

E oggi, osservando l’immagine satellitare di Ring Chesters, il tempo sembra annullarsi.
Lì dove l’erba stende il suo mantello, il disegno rimane inciso come un sigillo primordiale: memoria di una civiltà che vedeva nel paesaggio un tempio e nel cerchio il confine sacro dell’esistenza.
Il sito visto dall’alto e i dintorni su Google Maps








