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Arte e cabala: quando Dio dipinge con lettere e numeri




L’Italia siamo noi 2012, catalizzazione su acciaio specchiante cm 122 x96

Tobia Ravà, dopo aver sperimentato molti percorsi creativi inerenti al rapporto arte e scienza, dal 1998 ha avviato una ricerca legata alle correnti mistiche dell’ebraismo: dalla kabbalah al chassidismo, proponendo un nuovo approccio simbolico attraverso le infinite possibilità combinatorie dei numeri. La logica letterale e matematica, che sottende le opere di Ravà, è intesa come codice genetico e raccoglie elementi sia filosofici sia linguistici che vanno a costituire una sorta di magma pittorico fatto di lettere e numeri, che si cristallizzano sulla superficie “grandangolata” di vedute di canali e boschi.

Elementi dialettici di calcolo trascendentale.Le opere più recenti riportano elementi archetipali della cultura ebraica e si sviluppano attraverso sequenze numeriche riferite ad un linguaggio cosmologico universale, poiché attraverso i concetti base della kabbalah (“tradizione” e anche “ricezione”, indica la tradizione mistica del pensiero ebraico), si può arrivare ad un percorso etico-filosofico, legato al pensiero di Itzachq Luria, al contempo antichissimo e moderno. Sia le composizioni architettoniche, sia quelle a soggetto naturalistico (con i canali e i fiumi del Polesine, i pioppeti ed i boschetti lungo i corsi d’acqua, il paesaggio e la campagna della Pianura Padana), sono costituite per lo più con un punto di vista centrale o laterale, apparentemente costruito sull’impianto prospettico rinascimentale, come nella serie dei boschetti, formati dai filari di pioppi ordinati con la stessa logica dei dipinti a soggetto architettonico, ma le lunghe prospettive invece di formare profondi coni visivi danno luogo ad una visone allargata, “ad imbuto” per effetto del grandangolo.
Se gli artisti rinascimentali cercavano la bellezza ideale nelle geometrie attraverso i rapporti numerici per raggiungere equilibrio ed armonia, misura e ordine, Tobia Ravà sviluppa un percorso simbolico a rebus costruito su piani di lettura diversi attraverso la ghematrià (“gimatreya”), criterio di permutazione delle lettere in numeri in uso fin dall’antichità nell’alfabeto ebraico, secondo cui ad ogni lettera corrisponde un numero, così ogni successione alfabetica può considerarsi una somma aritmetica. L’artista ricrea i luoghi del reale servendosi di un linguaggio codificato riferito ai numeri relativi alla traslitterazione ghematrica delle 22 lettere che compongono l’alfabeto ebraico, che hanno appunto un significato etico, spirituale e numerologico, metafora di una disgregazione attraverso le scintille di un Big Bang ancestrale.