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Bruno Munari e la creazione di nuove forme. Macchine inutili e corpi che alimentano il pensiero


BRUNO MUNARI, Scultura da viaggio, 1958, lamiera di ferro verniciata, aperta 47x59x40 cm, chiusa 61×41 cm (esemplare unico)

BRUNO MUNARI, Xerografia Originale, 1967, xerografia su carta, 40×28 cm

BRUNO MUNARI, Tetracono, 1965, alluminio e ferro, elettromotore, 26,5x20x21,3 cm; fotocomposizione di David Reinfurt

BRUNO MUNARI, Polariscop, 1969, scatola metallica, luce bianca, plastiche, filtri polaroid, 50x50x15 cm

BRUNO MUNARI, Negativo-positivo, 1951, olio su tavola, 47×47 cm

BRUNO MUNARI, Macchina Inutile, 1956, sei lamine di alluminio, fili di nylon e nastro adesivo colorato, 80×45 cm (crediti fotografici Pierangelo Parimbelli)

BRUNO MUNARI, Macchina Aritmica, 1951, legno, meccanismo a molla, plastica, carta, piuma, 37x55x35 cm

 
Gli studi di Luca Zaffarano dedicati a Bruno Munari, sono giunti allo snodo espositivo, con il titolo Creatore di forme, attraverso il quale lo studioso affronta la complessità della ricerca sperimentale di questo artista, in particolare identificando nella costante indagine su come una forma possa trasformarsi in un’altra, uno dei punti centrali della sua opera. Le installazioni di Munari hanno la capacità di creare spettacoli mobili, forme modificabili, ricche di imprevisti e per questo capaci di trasportare lo spettatore in un mondo spettacolare e fantasia. Zaffarano indica e presenta una serie di opere storiche, come una Macchina Aritmica del 1951, un esemplare di Concavo-Convesso, mai più esposto a Milano dopo l’antologica di Palazzo Reale del 1986, e una Macchina Inutile del 1956, che portano ad avvicinarsi alla poetica multiforme della “macchina” quale apparato scenico essenziale, leggero e divertente.
In modo del tutto complementare Munari sviluppa la ricerca sul dinamismo delle forme anche in ambito percettivo. L’artista evita accuratamente di mostrare una composizione fissata in un certo istante, crea, invece, pitture dinamiche, instabili e complesse. Di rilievo, nel percorso critico, il Tetracono del 1965, alcuni Negativi-positivi su tavola dei primi anni ’50, e la pittura cromo-cinetica realizzata con filtro Polaroid rappresentata da un Polariscop degli anni ’60. Talvolta un cambio di forma è ottenuto sovvertendo la funzione. È il caso delle Sculture da Viaggio, di cui viene proposto un raro esemplare in lamiera verniciata del 1958 accompagnato dalla corrispondente scultura in cartoncino. Queste sculture sono state studiate per essere messe in valigia, ripiegate come un origami; estratte dalla loro custodia e aperte, prendono forma, sviluppando all’istante un oggetto a tre dimensioni. A queste, si aggiungono alcune tra le più riuscite realizzazioni della serie di acrilici Colori nella Curva di Peano del 1974 dove si ha una variazione, teoricamente infinita, di colori dentro la struttura di una curva frattale.
La mostra è scaturita da un’indagine accurata della complessità della ricerca sperimentale di uno degli artisti più significativi del panorama novecentesco italiana, a partire dai primi anni di piena attività testimoniati da una Macchina Aritmica del 1951, un esemplare di Concavo-Convesso, una Macchina Inutile del 1956; e poi, una Scultura da viaggio, un prototipo di Tetracono del 1965, Xerografie Originali e molto altro ancora.
Notevole anche una serie di importanti esemplari di Xerografie Originali realizzate negli anni ’60 sfruttando l’idea di mettere in movimento pattern di vario tipo durante il tempo di scansione della fotocopiatrice, ottenendo, in questo modo, immagini deformate, rese uniche da un atto creativo non ripetibile.
L’attenzione critica verso il lavoro di Bruno Munari è in costante crescita. Lo testimoniano le recenti esposizioni in Italia, dopo l’importante passaggio alla Estorick Collection di Londra del 2012, la mostra itinerante in programma quest’anno in Giappone e le recenti acquisizioni di musei importanti come, ad esempio, il Pompidou di Parigi.
“La sua arte – scrive Luca Zaffarano – non ha segreti, è open-source. Le metodologie di ricerca sono ben spiegate, progetti e processi sono descritti nei dettagli. La sua arte è una sfida creativa ancora valida che ci spinge verso l’apertura e la condivisione di stimoli progettuali e poetici. Per Munari l’artista svolge una importante funzione sociale e l’estetica è condizione necessaria per comprendere meglio il nostro rapporto con il mondo e la natura”.
Dal 25 maggio al 23 giugno 2018, Galleria 10 A.M. Art di Milano (via Anton Giulio Barrili 31).
Bruno Munari
Note biografiche

Bruno Munari (Milano, 1907-1998) esordisce giovanissimo, verso la fine degli anni ’20, all’interno del movimento futurista. Sostenuto da Marinetti e Prampolini diventa presto noto per la creazione delle Macchine Inutili, opere mobili di poco precedenti a quelle di Calder che, sebbene richiamino le realizzazioni aeree del costruttivismo russo di Rodchenko e Ioganson, possono essere interpretate come delle «macchine da cinema», dove la luce e il movimento casuale delle forme permettono di generare delle sequenze di immagini e di definire degli ambienti immersivi.
Milano in quegli anni è un crocevia di idee importanti oltre che di iniziative futuriste. Munari negli anni Trenta lavora principalmente come grafico, spesso eludendo, con una raffinata dose di humor, la censura fascista.
Pubblica nell’estate del 1944, sotto i bombardamenti della guerra, Fotocronache, un saggio divertente e arguto sul ruolo del fotogiornalismo, sulla fotografia e sull’arte. L’anno seguente per Mondadori reinventa i libri per bambini, mentre per gli adulti crea i Libri Illeggibili con pagine trasparenti, bucate, strappate, attraversate da fili di cotone. Nel secondo dopoguerra inizia la sua fase più creativa. Fonda il Movimento Arte Concreta (M.A.C.), in opposizione alle istanze figurative e informali, considerate prive di progettualità. Nel 1948, alla sua prima importante personale crea un environment incentrato su una forma fluida e naturale appesa al soffitto, nella semi oscurità, che prende il nome di Concavo-Convesso. Nel 1950 realizza le Proiezioni dirette, micro composizioni polimateriche dentro i vetrini di una diapositiva, che proietta in un loop continuo al MoMa di New York nell’autunno del 1955, sviluppando un processo di dematerializzazione della pittura; sempre negli stessi anni, risponde alla sfida delle ortogonali di Mondrian con la serie dei Negativo-positivo, composizioni astratte in cui le forme si incastrano, rendendo ambigua e superata la contrapposizione tra sfondo e figure.
Nel 1962 organizza, sponsorizzata dalla Olivetti, la famosa mostra di Arte Programmata che sarà veicolata negli USA e poi in Europa. Dirige brevi film di ricerca e progetta opere che si sviluppano per aggregazioni modulari nello spazio (Strutture Continue, AconaBiconbi) o grazie a modificazioni interattive (Flexy, Tetracono, Polariscop).
È il primo artista a utilizzare, dal 1963, le macchine fotocopiatrici Xerox per produrre opere originali con immagini di forme e texture in movimento. Grazie a un upgrade tecnologico le Xerografie Originali possono essere interpretate come una naturale evoluzione dei fotogrammi realizzati negli anni ’30 da molti astrattisti.
Verso la fine degli anni ’60 Munari utilizza il paradosso della linea curva definita dal matematico Peano per indagare, dal punto di vista formale, le curve frattali, ben prima che Mandelbrot le definisse come tali. Dentro queste Curve di Peano Munari inserisce ritmi e tessiture di colori. Nel 1976 dirige i primi laboratori per bambini e pubblica, nel corso della sua carriera, più di un centinaio di libri.
BRUNO MUNARI. Creatore di forme
Milano, Galleria 10 A.M. Art (via Anton Giulio Barrili 31)
25 maggio – 23 giugno 2018
Inaugurazione: giovedì 24 maggio 2018, ore 18.00
Orari: dal martedì al venerdì, dalle 15.00 alle 18.00
Ingresso libero
Informazioni: tel. 02.92889164; info@10amart.it; www.10amart.it
Ufficio stampa – CLP Relazioni Pubbliche
Stefano Piedimonte, tel. 02 36 755 700 – stefano.piedimonte@clponline.it