Un sito cerimoniale di 5.000 anni scoperto in Giordania rivela come le antiche società si adattarono alle crisi
Dolmen, menhir e rituali a Murayghat
Mangiare insieme, portandosi il cibo da casa. Rafforzare il vincolo di parentele e amicizie, a fronte della grave crisi climatica che stava colpendo il Paese, riducendolo a povertà e siccità. La grave crisi portò anche alla costruzione di dolmen, menhir e di un paesaggio spiritualizzato, come omaggio ai comuni antenati. È facile che in certi periodi, come quelli di grandi crisi, le tribù converssero verso i luoghi d’origine, verso i punti in cui erano sepolti gli antenati. È in questo contesto che il sito di Murayghat si rivela fondamentale per comprendere come le società dell’antica età del bronzo abbiano cercato coesione e continuità culturale attraverso pratiche rituali e monumentali.
Gli archeologi dell’Università di Copenaghen hanno riportato alla luce un paesaggio rituale straordinariamente complesso, databile all’Età del Bronzo Antico I (circa 3500–3000 a.C.), che testimonia la capacità delle comunità preistoriche di rispondere a grandi cambiamenti sociali e ambientali. Murayghat si distingue non solo per la quantità dei monumenti – oltre 95 dolmen – ma anche per la complessità della loro disposizione e per la ricchezza simbolica dei manufatti rinvenuti.
Il contesto della scoperta
Tra crisi climatiche, frammentazione politica e resilienza sociale
Situato a sud-ovest di Madaba, Murayghat emerge come un sito concepito per il rituale e la memoria collettiva, piuttosto che per l’insediamento domestico. La fine della cultura calcolitica aveva lasciato il Levante meridionale in uno stato di frammentazione politica e stress ambientale. I cambiamenti climatici, la diminuzione delle risorse agricole e il collasso dei sistemi commerciali provocarono spostamenti di popolazioni e una ristrutturazione delle comunità. In questo scenario, la costruzione di monumenti visibili – dolmen, menhir, tumuli – serviva non solo a commemorare i defunti ma anche a creare punti di aggregazione sociale, rafforzando l’identità collettiva e la cooperazione tra gruppi frammentati.
Studi recenti mostrano come, in periodi di crisi, le comunità tendano a rivolgersi verso luoghi simbolici e di memoria comune, spesso legati alla sepoltura degli antenati o a punti di riferimento rituale. Murayghat appare come un esempio paradigmatico di questa dinamica: un paesaggio costruito per unire, commemorare e dare senso a una società in trasformazione.
La struttura del sito
Dolmen, menhir e un paesaggio rituale
Murayghat non è un semplice accumulo di pietre. Gli oltre 95 dolmen, camere funerarie in pietra di varie dimensioni – da due a oltre quattro metri di lunghezza – sono distribuiti lungo le colline circostanti un poggio centrale, creando un paesaggio rituale coerente e fortemente simbolico. La maggior parte dei dolmen è allineata verso la collina centrale, suggerendo una progettazione attenta per massimizzare visibilità e partecipazione collettiva durante i rituali.
Oltre ai dolmen, gli archeologi hanno identificato menhir isolati, tumuli di pietre e recinti circolari o ovali. Le camere megalitiche mostrano pareti a doppia faccia e superfici di roccia levigate, incise con coppelle e depressioni rettangolari, probabilmente utilizzate per scopi simbolici e rituali piuttosto che per la vita quotidiana. Questi elementi, insieme alla distribuzione spaziale, indicano che Murayghat era concepito come un ambiente simbolico, dove la memoria collettiva veniva materializzata nel paesaggio stesso.
Rituali e vita comunitaria
Utensili, recipienti e banchetti cerimoniali
I reperti rinvenuti confermano il ruolo del sito come luogo di aggregazione rituale e commemorazione. Tra gli oggetti più significativi figurano utensili in selce, macine in basalto, nuclei di corno animale e grandi recipienti ceramici, alcuni dei quali capaci di contenere fino a 25 litri. Questi strumenti suggeriscono la pratica di banchetti collettivi, offerte rituali o altre attività comunitarie, volte a rafforzare i legami sociali e commemorare i defunti. L’assenza di focolari e detriti domestici chiarisce che Murayghat non era un insediamento abitativo, ma uno spazio dedicato a eventi sociali di natura rituale e cerimoniale.
L’uso dei recipienti di grandi dimensioni indica che la distribuzione del cibo e delle bevande era probabilmente centralizzata, un elemento simbolico che sottolineava la condivisione e la partecipazione collettiva, valori essenziali per la resilienza delle comunità in tempi di crisi. Le pratiche osservate a Murayghat ricordano modelli antropologici di altre culture del Levante, dove la ritualità pubblica e la costruzione di monumenti servivano a consolidare alleanze e memoria sociale.
Un paesaggio antropico
Rituale, simbolo e memoria
Murayghat rappresenta un esempio straordinario di “paesaggio antropico”, in cui il territorio è modellato e caricato di significato simbolico dall’uomo. I monumenti, il loro allineamento e la loro monumentalità trasformano le colline in un ambiente rituale, dove ogni pietra e ogni incisione contribuiscono a creare identità collettiva. Lo studio del sito sfida le spiegazioni tradizionali della società dell’età del bronzo, che spesso enfatizzano gli insediamenti domestici come fulcro dell’organizzazione sociale. Qui, invece, i centri rituali indipendenti emergono come veri catalizzatori di coesione e resilienza comunitaria.
La scoperta di Murayghat amplia la nostra comprensione di come le società antiche affrontassero le crisi: la costruzione di monumenti non era solo un atto commemorativo, ma una strategia culturale per mantenere unità e continuità di significato in tempi di instabilità. Questo approccio anticipa modelli che vedremo anche in altre culture del Levante e del Mediterraneo, dove la ritualità pubblica e la monumentalità servivano a consolidare legami sociali e culturali.
Murayghat è dunque un invito a riflettere sul valore dei luoghi di memoria e sul ruolo dei rituali pubblici nel mantenimento della coesione sociale, in contesti di grande cambiamento ambientale e sociale. Un insegnamento che risuona ancora oggi, in epoca di crisi climatica e trasformazioni globali.
Fonte dello studio
Kerner, S. (2025). Dolmen, menhir e rituali a Murayghat. Levant: The Journal of the Council for British Research in the Levant, 57(2), 128–143. doi:10.1080/00758914.2025.2513829








