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Nel IX libro degli “Atti e detti memorabili degli antichi romani” di Valerio Massimo (I secolo d.C.) storico romano, appare la leggenda di Cimone e di Pero. Cimone, secondo quanto racconta Valerio Massimo, è condannato a morire di fame, in carcere. Grazie alla comprensione di una guardia, la figlia dell’uomo, Pero, che ha appena partorito un bambino, raggiunge il proprio padre e lo allatta nella cella. Nella zona di questa dolcissima, struggente vicenda d’amore filiale, sarebbe poi sorto, a Roma il tempio della Pietas. La Pietà romana è pertanto una nobile e particolare connotazione dell’atto caritativo che rappresenta l’amore dei figli verso i genitori, l’aiuto dei giovani ai vecchi, il culto degli antenati e della propria gens, in atto caritativo che non appare sempre scontato.
Il soggetto della Carità Romana ebbe un grande successo ne periodo post-rinascimentale e nel Seicento quando esso adombrava un voyeurismo erotico più che una nobile condivisione d’antichi costumi degli antenati.I dipinti, infatti, molto spesso fanno pensare a un rapporto sessuale tra un anziano e una giovane. Attorno a questo tema si è misurato un numero rilevante di pittori, tra i quali Rubens e Guercino. Di straordinaria, popolaresca sensualità – e calata in una sorta di affollato vicolo napoletano – la Carità romana che appare nel quadro di Caravaggio, Le sette opere di Misericordia – qui sotto – realizzato nel 1607 dal pittore lombardo per il Sacro Monte della Misericordia, con sede a Napoli.
L’opera richiamava alla Carità cristiana, ricordando i sette doveri che ogni cattolico ha nei confronti degli altri uomini: seppellire i morti, visitare i carcerati, dar da mangiare agli affamati, vestire gli ignudi, curare gli infermi. dar da bere agli assetati, ospitare i pellegrini.
Il sensuale soggetto della carità Romana venne affrontato anche Bernini nella chiesa di Sant’ Isidoro. Nel 1860 la scultura venne coperta da una camicia bronzea, rimossa soltanto durante i restauri del 2002.