Un dipinto di Francesco Vanni ritrae un impressionante episodio delle “nozze mistiche” di Caterina da Siena. La santa avvicina le labbra al costato di Cristo e “piangendo e tremando” ne sugge la ferita
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Maria era apparsa il 31 maggio 1536 nel territorio bresciano, sullla sommità di una collina, al pastore pastore Antonio de Antoni, di Gardone Valtrompia, che pasceva il gregge di Bonomo Bonomi. Il pastore pregava, mentre conduceva le pecore, tenendo tra le dita la corona di un rosari. Improvvisamente vide davanti a sè un grande stella luminosa, che era più radiosa del sole e, al centro di essa, la Madonna che reggeva il bambino in braccio
Resta certo il fatto che l’opera venne rifiutata, finendo allocata in una chiesa del Mugello; e le traversie cui andò incontro hanno lasciato tracce evidenti sul dipinto stesso, come hanno dimostrato le analisi radiografiche e spettrografiche, determinando, oltre che l’incompiutezza (che si evince dal viso di Gesù - con quattro occhi -, dalle mani di Maria e dal manto di san Girolamo), sostanziali cambiamenti sul piano iconografico. Le due figure dei santi che potevano essere collegati alla committenza, san Leonardo e san Benedetto - omonimo del padre della vedova che aveva lasciato il denaro per pagare la pala -, furono infatti rispettivamente trasformate in santo Stefano e in sant’Antonio Abate
Bologna recupera un altorilievo raffigurante la Madonna del latte, realizzato, tra l'ultimo decennio del Quattrocento e il primo decennio del Cinquecento. Il tema, giunto dall'Oriente, fu molto popolare in Italia fino alla Controriforma, che bloccò la diffusione dell'iconografia
L'effetto è straordinario. Centinaia di quadri con lo stesso soggetto, con l'identica posizione dell'effigiata, con gli stessi colori, ma di dimensioni e di copisti diversi. Nell'insieme è un solenne concerto a cappella per soli colori; tutti concordi, ma riconoscibili nella loro singola tonalità. Colpisce, questo insieme. Una strofe ripetuta all'infinito da 450 ritratti di Santa Fabiola, matrona romana, protettrice delle donne maltrattate, picchiate, abbandonate o tradite; dei divorziati; celeste consolatrice delle vedove. Tutto parte da un bel ritratto immaginario firmato da Jean-Jacques Henner (Bernwiller, 5 marzo 1829 – Parigi, 23 luglio 1905) un ottimo pittore francese. Henner produsse l'opera probabilmente sull'ondata emotiva suscitata dal romanzo storico "Fabiola o la Chiesa delle catacombe", scritto nel 1854 dall'allora arcivescovo di Westminster, poi cardinale Nicholas Wiseman. Santa Fabiola ne usciva trasfigurata, rispetto alle informazioni storiche. Quello era un romanzo e tale doveva essere, ma della martire originaria sono rimaste testimonianze importanti e veridiche, come quella lasciate da San Girolamo, il traduttore della Bibbia dal greco al latino
La vicenda di Panacea, fanciulla massacrata a colpi di fuso dall’orribile matrigna. Una sorta di anticipazione in chiave religiosa delle fiabe di Biancaneve e della Bella dormiente. Panacea, patrona delle filatrici, era invocata anche contro l'epilessia, le malattie degli animali domestici e gli incendi. Dalla Valsesia la sua fama si diffuse a largo raggio, nel resto del Piemonte e quindi a Milano, Roma e financo Vienna. Un’immagine di lei - un affresco staccato e collocato su pannello - si trova nel duomo di Biella, e per la precisione nella cappella di Santo Stefano. La beata è in ginocchio, in attesa rassegnata del colpo letale della matrigna, a lei sovrastante ed impugnante con la destra una conocchia. Un'altra conocchia è posta accanto alla giovinetta, mentre alcuni fusi, icasticamente raffigurati sospesi in aria a ricordare il martirio subito, arricchiscono la scena