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Posts published in “Il ritratto nell’arte”

Ahi, troppo desiderio. I messaggi nei ritratti di fidanzamento dei giovani del Cinquecento

I ritratti di fidanzamento. Così i nostri antenati eternavano il proprio sentimento. Sguardo languido, atteggiamento rilassato e qualche scritta vincolante. Come quella evidente del Rondani o quella misteriosa, affidata al greco antico, del Moretto. Entriamo nelle trame dell’eros e della tela

Parca Lachesi, l'immagine di questa donna allungava la vita. Con il filo

L’effigie di Lachesi, colei che tende il filo, fu utilizzata come elemento
di propiziazione del destino e divenne, per questo, in alcuni casi,
soggetto unico dei dipinti, senza le due altre Parche poiché da lei si riteneva dipendesse una maggior durata dell'esistenza.
Storia in pittura delle tre filatrici.

Nel Quattrocento a Venezia donne e bambini non potevano essere ritratti

Nel Quattrocento c’è una significativa differenza tra la ritrattistica veneziana e quella di altre regioni o città. In laguna gli artisti sembrano evitare i soggetti femminili o infantili, ritratti invece con grande frequenza a Firenze e in altre città nordeuropee e italiane. “Si sa che i gusti sono inspiegabili – commenta Rona Goffen nel saggio “Valicando le Alpi: arte del ritratto nella Venezia del Rinascimento” – ma il gusto per la ritrattistica che pervadeva la Venezia rinascimentale diventa in larga parte comprensibile, se lo si considera alla luce della morale dell’epoca – soprattutto sotto il profilo del ruolo della donna e del comportamento esemplare che ci si attendeva dalla classe dominante”

Giacomo Balla. Tre autoritratti, tre stili che si sviluppano nel tempo

Proponiamo qui tre autoritratti di Giacomo Balla, emblematici del percorso creativo dell’autore. I primi due, risalenti agli anni Venti, sono da interpretare quali tentativi di fornire una risposta a quella che il Balla futurista definiva, in un suo scritto, “la necessità di entrare nel grande dominio dello stato d’animo plastico con delle nuove forme astratte equivalenti”.

Warhol, il volto è una lattina. Il successo è consumo. Meccanismi politici della pop art

I primi film di Warhol risultano conformi all’estetica alla base della sua pittura, in cui la ripetizione seriale giunge a negare il concetto del tempo e dello spazio. Nelle pellicole successive, Andy rivoluziona la funzione tradizionale di regia e sceneggiatura, che in fondo si esaurisce nel casting e nei provini: l’“attore” dovrà poi soltanto essere se stesso

La tecnica di Francis Bacon e la profanazione delle fotografie. L'urlo del Papa

L'uso della fotografia, prima della stesura del quadro. Bacon conferisce un tempo lungo all'otturatore per cogliere il movimento del volto in strisciata. Poi interviene sulla stampa con violenza, prefigurando, in questo modo, la realizzazione del dipinto. Una tecnica singolare e particolarmente efficace. E' possibile cogliere in questo atto qualcosa di simile alla profanazione dell'unità di un'immagine sacra

Il gioiello-scimmia in Rubens avvertiva, con lo specchio, rischi della vanità nelle bambine

la scimmia che è raffigurata sulla manica della nobile bambina, ritratta nel 1601 circa da Rubens, simboleggia prosperità e protezione dalle malattie, come il corallo – rappresentato anche nel Ritratto di Giovanni de’ Medici, dipinto da Bronzino nel 1549 -, rimedio contro malocchio e infermità, proprio grazie ai rametti appuntiti che avevano la capacità di deviare l’influsso malefico

[caption id="attachment_27740" align="aligncenter" width="684"]P.P.RUBENS, Ritratto di Eleonora Gonzaga all'età di tre anni (part.), 1601 ca., olio su tela, cm. 76 × 49,5, Vienna, Kunsthistorisches Museum P.P.RUBENS, Ritratto di Eleonora Gonzaga all'età di tre anni, 1601 ca., olio su tela, cm. 76 × 49,5, Vienna, Kunsthistorisches Museum. Nel cerchio, il gioiello portafortuna che allude, al tempo stesso, alla vanità femminile. La scimmia, infatti si specchia[/caption]

Picasso sotto Picasso. Un autoritratto malinconico sotto la Camera blu. Le prove

Una virata di Picasso che, nel 1901, decise di coprire, con la Stanza blu, un'opera precedente nella quale appare un uomo con barba e baffi, e che tiene malinconicamente, pensosamente la mano destra appoggiata al volto, la testa incassata tra le spalle, il volto proiettato avanti. Ciò che colpisce è posizione delle dita - sulle quali appaiono grossi anelli - letteralmente abbandonate, nella postura del più completo sconforto