Un rivoluzionario della moda che ha liberato le donne dalle costrizioni all'inizio del secolo scorso, offrendo la sua eleganza e comfort in abiti indimenticabili. Mariano Fortuny y Madrazo (Granada, 1871 – Venezia, 1949) diventa stilista, come sviluppo delle proprie radici artistico-pittoriche, scenografiche e di design, che tornano a manifestarsi durante tutto il suo percorso, nella delineazione di un profondo eclettismo, verso l'idea della convergenza delle arti che fu un punto prospettico del primo Novecento. Realizzò anche incisioni, si occupò di illuminazione ed estese il suo lavoro ad ogni branca dell'arte applicata, divenendo un punto di riferimento assoluto
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Nella cultura visiva dominante, tendenzialmente asettica e industriale degli States, si segnala un riuscito esperimento di allineamento del gusto nell'ambito di una fashion moderna e citazionista, di matrice culturale europea. Ne è protagonista la stilista Mariana Valentina, nata a New York, dove ha frequentato il Fashion Institute of Technology. La giovane designer - di origine argentina ed europea - sembra percorrere una linea di tendenza sottesa nel gusto americano, quella che passa da un'atavica attrazione-repulsione nei confronti dell'Europa, al riconoscimento di un meticciato di valore, che riprenda antichi stilemi appartenenti alle culture di origine di una parte degli statunitensi.
Il velo, inoltre, il diffusissimo “ panno alla romana”, oggetto anch’esso d’infinite dispute se osservato e interpretato nella sua coincidenza con altri particolari del dipinto, ci racconta dello stato di congiunta della donna ritratta. E’ di seta, come denunciano le sfumature giallastre, e solo le nobildonne lo portavano così confezionato (per le altre dame, ciò avveniva unicamente in occasioni speciali). L’abbondanza del tessuto, dalla sontuosa veste alla delicata biancheria, evidenzia invece la preziosità dell’abito. Le donne del tempo sottolineavano la loro distanza dalla plebe, o la straordinarietà dell’evento al quale partecipavano, anche attraverso la pulizia e il candore della propria biancheria
Non era soltanto il meccanismo deformante di un'accesa fantasia, quella dei pittori preraffaelliti, che assegnavano ai propri personaggi femminili, reali e immaginari che fossero, una capigliatura lunghissima. La lunghezza dei capelli delle donne aumentò, nell'Ottocento, sotto influsso del Romanticismo, che aveva recuperato atmosfere medievali. Drammi, poesie e leggende medievali celebrano i lunghi capelli delle donne. Successivamente anche le rappresentazioni di "Romeo e Giulietta" di Shakespeare - con allestimenti in cui l'attrice protagonista gettava dal balcone la treccia all'amato - contribuirono alla diffusione del "lungo", quanto le statue e i quadri di Maria Maddalena, che spesso appare nuda, ma coperta da una chioma che diviene un mantello
Una citazione a Roy Lichtenstein, l'artista americano, che trasformò in grandi quadri i disegni dei fumetti, un trucco al viso che si ispira al mondo della poo-art, la tendenza che il mondo premia maggiormente a livello di linguaggio, a partire da Andy Warhol che ne diventò la bandiera mondiale. Dietro al gioco, si assiste a un'americanizzazione di ogni comportamento. Anche un make-up dà il segno dell'aderenza a un modello centrale, attraverso quell'adeguamento allo slang della Grande Mela che indica l'assoluta preminenza del modello statunitense in ogni settore della nostra vita e ci consegna, antropologicamente, al mondo dei colonizzati
Si sposò a condizione di poter continuare la carriera artistica. Lavinia Fontana (qui accanto, nell'autoritratto), pittrice protofemminista, non esitò ad affrontare soggetti “impossibili” per la morale dell’epoca, come i nudi di entrambi i sessi. Per quanto riguarda le opere religiose, esse non furono inizialmente ben accolte: se si tollerava che una donna si “sporcasse” le mani per dar vita a quadri di piccole dimensioni, ben più difficile era accettare che realizzasse una pala d’altare. Lavinia Fontana sconfisse anche questo pregiudizio: una sua pala, eseguita nel 1589, finì addirittura all’Escorial.
Noi abbiamo spesso sottovalutato i messaggi collettivi e individuali che stanno in un taglio del coiffeure e in un'acconciatura, ritenendo queste forme una sorta di incomprensibile capriccio femminile oppure come frutto esclusivo dell'ordine, del decoro e della bellezza coltivata che appartengono al mondo femminile. Eppure, osservando questo filmato,già delle prime battute, ci accorgeremo che nella Belle epoque la capigliaura è ricca, sormontante e piena di riporti di riccioli, quasi a configurare una donna-statua feconda e portratrice di nobiltà, benessere e piacere. Negli anni venti, il taglio riduce la massa dei capelli, alla maschietta. Le giovani signore non si sentono più matrone romane, come le proprie madri, ma aspirano ad interpretare un ruolo nuovo,più vicino al mondo maschile che aveva clamorosamente provocato il disastro della prima guerra mondiale, ma con un'insita percezione della necessità di cambiamento. Insomma: questo passaggio è avvertbile non solo nell'arte della conciature, ma in ogni arte applicata. Pensate,ad esempio, cosa cambia,in quel periodo le immagini dellemonete. Lasciamo a voi, il compito, divertente e appagante di legerre ogni sequenza novecentesca attraverso la capigliatura, com' è presentata dal filmato. Arrichiremo la nostra capacità di lettura del segno.
A partire dal 1682 la principessa e il consorte commissionarono a Jan Frans von Douven, pittore di corte, una serie di dipinti che li ritraevano immersi in diverse occupazioni quotidiane, più o meno mondane, al punto che, accostando i ritratti l’uno all’altro, si ha l’impressione di trovarsi di fronte alle scene di un film in costume o a una sfilata di moda