Perché trentamila anni fa i pittori del Paleolitico ritraevano la profondità con le stesse tecniche di oggi? E perché i futuristi hanno “fallito” nel tentativo di rappresentare il dinamismo? Prosegue il racconto affascinante dei rapporti che intercorrono tra la fisiologia del cervello e l’espressione artistica. In questo articolo parliamo di spazio e movimento
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Stile intervista Mina Gregori, curatrice della grande mostra fiorentina dedicata alla natura morta. Tutto parte dagli xenia, i dipinti romani che caratterizzarono la nascita e lo sviluppo del genere. I simboli e le scuole
In un’opera fiamminga a tema biblico, inopinatamente compare con grande evidenza un campo di gioco dove si sta svolgendo un incontro tennistica...n un’opera fiamminga a tema biblico, inopinatamente compare con grande evidenza un campo di gioco dove si sta svolgendo un incontro tennistico. Si tratta del primo dipinto conosciuto in cui viene mostrata una gara di questo sport. Del quadro, Gianni Clerici, nel volume 500 anni di tennis, ha rintracciato ben nove differenti versioni
Baglione aveva cercato di adeguare il suo pennello post-rinascimentale alle nuove suggestioni caravaggesche, ma i suoi tentativi di imitazione o di reinvenzione non erano particolarmente riusciti, anche a causa di una commistione tra personaggi della tradizione iconografica antica e l'urgente verità descrittiva di matrice caravaggesca, che entravano in comica, grottesca opposizione. La sua pittura Divino Amore e Amor Profano è una risposta assai impacciata e comica all'Amore vincitore del Caravaggio.
Raffaello Sanzio: certo, la bottega del papà fornisce i primi, elementari indirizzi, ma è poi l’atelier del Perugino a portare il ragazzino a quell’alto profilo che gli consente, già a 17 anni, d’essere considerato un maestro. E i disegni in stile Signorelli parlano anche della collaborazione con quell’artista. A Città di Castello una mostra dedicata agli esordi dell’Urbinate con diverse novità storiografiche
Il maestro cadorino si effigiò in un quadro che poi regalò a un parente. Ma l’opera fu trafugata, per riapparire a Firenze nelle raccolte medicee. E misteriosamente, col tempo gli autoritratti diventarono due…
Nel Seicento in Europa si diffonde il trompe-l’œil, sfida alla perfetta riproducibilità delle cose che assume i caratteri di un genere pittorico totalmente autonomo basato sulla filosofia dell’inganno percettivo. L’olandese Samuel van Hoogstraten nel 1678: “La pittura è una disciplina che consiste nel rappresentare tutte le idee del mondo visibile in maniera da ingannare gli occhi”. Idee che egli metterà in pratica in alcuni strabilianti quadri-manifesto, tra i quali il celeberrimo “Quodlibet” del museo di Karslruhe: un pêle-mêle dove i nastri colorati ed inchiodati al legno - secondo un’iconografia frequentissima nel genere - sorreggono forbici, occhiali, pettini, lettere, sigilli di ceralacca, cammei, e poi penne d’oca mozzate, libriccini, medaglioni d’oro, pennelli, fogli arrotolati e gualciti…"
Il maestro ferrarese fu un poeta dell’immagine. “Con la sua luce, i suoi colori - afferma Stephen J. Campbell -, i fantastici paesaggi e le prospettive improbabili, le figure di pietra e metallo, ha conferito all’arte del ’400 inattesi slanci espressionistici "Con la sua luce, i suoi colori, i paesaggi fantastici e le prospettive improbabili, le sue figure alchemiche, fatte di pietra e di metallo più che di carne, Tura è riuscito a conferire alla cultura figurativa una spinta in senso espressionista, unica negli anni a cavallo tra Quattrocento e Cinquecento. La sua poesia a volte cortese e fantastica, altre devozionale e ascetica, fa comparire in ogni sguardo, in ogni smorfia della bocca, in ogni tagliente fisionomia, la traccia della mano e, insieme, dell’individualità dell’artista: una presenza che è essa stessa stata dipinta come fosse l’agente della scrittura