Stile arte intervista il compositore sulla sua attività pittorica:"Il primo anno fu un anno di sofferenza, di sofferenza pura. Talvolta stavo davanti al cavalletto anche per dieci ore di seguito, e la sera disfacevo tutto, come Penelope. Caparbiamente, da solo, senza mai ricorrere a maestri o manuali. Poi, dopo tanti sforzi e tante delusioni, un bel giorno all’improvviso la figura di un danzatore derviscio si materializzò sulla tela"
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Nonostante una malattia con cui ha convissuto per lungo tempo, Bonalumi, ha lavorato con assiduità sviluppando la sua ricerca fino agli esiti degli ultimi anni portando anche a compimento la realizzazione di un ciclo di sculture in bronzo progettate alla fine degli anni sessanta. Bruxelles, Mosca, New York, Singapore sono alcune delle capitali mondiali che ospitano sue personali nell’ultimo periodo di attività.
Esiste un linguaggio degli anelli che consenta di stabilire lo stato civile degli effigiati, nell’ambito della pittura italiana tra Quattrocento e Cinquecento? Il particolare, che sembrerebbe trascurabilmente accessorio, può in realtà rivelarsi molto utile nell’ambito dell’individuazione dei personaggi ritratti sia per stabilirne o confermarne l’identità - nel confronto con i documenti d’archivio - che per giungere ad una datazione del quadro non soltanto in base agli elementi stilistici ma nel rafforzamento delle evidenze storico-iconologiche che emergono dal dipinto stesso.
Quando moda ed arte sono un binomio inscindibile. Il geniale itinerario di Gianni Versace ripercorso per Stile dal fratello Santo. “In ognuno dei suoi abiti ispirati a quadri o sculture è possibile ritrovare sia il paradigma originale che lo slancio e l’impegno volto a rimodellarlo in forma diversa e vitale”. Un impegno che prosegue - tra continuità e cambiamento - con l’opera di Donatella
Alberto Burri è un artista che amo in modo particolare. Le opere presenti alla bellissima mostra della Fondazione Magnani Rocca di Mamiano di Traversetolo - mostra che ho visitato con grande piacere - mi hanno folgorato, ed alcune di esse hanno ispirato il piatto che ho creato per questo numero di Stile.
La creazione si rifà ad un personale codice poetico: rigoroso, lineare ed insieme assolutamente libero, gioiosamente inventivo. Permane in me, con forza, la lezione di Juan Miró, maestro e punto di riferimento imprescindibile. Anche in questo piatto prevale una visione luminosa, ilare, ludica direi, della vita e del mondo.
Osservarono le tele del maestro che aveva dipinto per Rodolfo II, imperatore e alchimista. I frutti che compongono le figure rappresentano l’en to pan, l’uno nel tutto della tradizione alchemica. Il caso delle opere di Antonio Rasio, conservate alla Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia