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Balene e mostri marini nell'arte, sotto la tempesta. I quadri citati da Melville in Moby Dick


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Pagine poco note del Moby Dick di Melville riportano alla luce alcuni rari esempi di dipinti il cui soggetto è il gigantesco cetaceo, dalle fantasiose ricostruzioni delle antiche civiltà alle realistiche  scene di caccia del XIX secolo

di Herman Melville

Quando fu pubblicato, nel 1851, Moby Dick passò quasi inosservato. Riscoperto dalla critica solo nei primi decenni del Novecento, è oggi universalmente ritenuto uno dei più bei romanzi di sempre.
Di seguito, ne proponiamo alcune pagine, in cui Herman Melville si cimenta in un excursus nella storia dell’arte, alla ricerca di opere in cui compaia la rappresentazione della balena.

[ C]on ogni probabilità, il più antico ritratto esistente che comunque abbia la pretesa d’essere quello della balena lo si trova nella famosa caverna pagoda d’Elefanta in India. I Bramini sostengono che, nelle quasi infinite sculture di quell’antichissima pagoda, tutti i mestieri e le professioni, ogni concepibile occupazione dell’uomo, erano stati prefigurati secoli prima che uno qualsiasi d’essi venisse effettivamente attuato. Nessuna meraviglia quindi che in qualche modo la nostra nobile professione di cacciatori di balene dovesse essere adombrata in quel luogo. La balena indù a cui ci si riferisce ricorre in una sezione separata della parete che dipinge l’incarnazione di Visnù nella forma del leviatano, noto agli eruditi come “avatara Matse”. Ma sebbene questa scultura sia per metà uomo e per metà balena, così da riprodurre soltanto la coda di quest’ultima, pure quella piccola sezione d’essa è tutta sbagliata. Somiglia di più alla coda affusolata di un anaconda che non alle larghe palme della maestosa coda della vera balena.
Ma andate nelle vecchie pinacoteche e guardate ora il ritratto di questo pesce d’un grande pittore cristiano; infatti, egli non riesce meglio dell’Indù antidiluviano. E’ il dipinto di Perseo che salva Andromeda dal mostro marino o balena, di Guido (Guido Reni, ndr). Dove mai si è procurato Guido il modello di un essere strano come quello? Né vi riesce per niente meglio Hogarth nel dipingere la stessa scena nel suo Perseo che discende. L’enorme mole di quel mostro hogarthiano ondeggia sulla superficie, pescando non più di un pollice d’acqua.

Guido Reni, Perseo salva Andromeda dal mostro marino. Del quadro parla Herman Melville nel suo immortale romanzo
Guido Reni, Perseo salva Andromeda
dal mostro marino.
Del quadro parla Herman Melville
nel suo immortale romanzo

Ha sul dorso una specie di palanchino da elefante, e la sua bocca spalancata e zannuta, entro cui si rovesciano i marosi, potrebbe essere presa per il Cancello dei Traditori che dal Tamigi dà adito alla Torre per via d’acqua.
Vi sono poi le balene Prodromus del vecchio scozzese Sibbald e la balena di Giona, così com’è raffigurata nelle stampe delle vecchie Bibbie e nelle incisioni degli antichi libri di preghiere. Che dire di questi? Quanto alla balena del rilegatore di libri, che si attorciglia come un tralcio di vite attorno al fuso dell’ancora calante – com’è impressa e indorata sui dorsi e sui frontespizi di molti libri vecchi e nuovi -, essa è una creatura molto pittoresca ma puramente favolosa, a mio parere imitata da analoghe figure su vasi antichi. Sebbene universalmente denominato delfino, nondimeno chiamo questo pesce del rilegatore di libri il tentativo di riprodurre una balena, perché tale era l’intenzione quando l’emblema venne introdotto per la prima volta. Esso venne adottato da un antico stampatore italiano in qualche luogo intorno al XV secolo, durante il Rinascimento; e in quei giorni, e anche sino a un periodo relativamente tardo, i delfini vennero popolarmente reputati una specie del leviatano. (…)


Ma, nel complesso, le più belle presentazioni di balene e di scene di caccia alla balena che si possano trovare – benché in certi particolari non siano tra le più corrette -, sono due grandi incisioni francesi, bene eseguite, e tratte dai quadri di un certo Garnery (in realtà, Ambroise Louis Garneray, ndr). Esse rappresentano rispettivamente attacchi al capidoglio e alla vera balena.
Le due scene di caccia alla balena di Ambroise Louis Garneray descritte da Melville nelle pagine di Moby Dick che qui proponiamo
Le due scene di caccia alla balena di Ambroise Louis Garneray
descritte da Melville nelle pagine di Moby Dick che qui proponiamo

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Nella prima incisione un superbo capidoglio è dipinto in tutta la maestà della sua possanza, appena emerso sotto la lancia dalle profondità dell’oceano e recante alto nell’aria sul suo dorso il terrificante relitto delle assi sfondate. La prua della lancia è parzialmente intatta ed è disegnata nel momento in cui sta in equilibrio sulla spina dorsale del mostro; e, in piedi su quella prua, per quell’unico sprazzo incomputabile di tempo, si vede un rematore, mezzo avvolto come in un sudario dall’esasperato e ribollente zampillo della balena e nell’atto di spiccare il salto come da un precipizio.
L’azione nel suo complesso è mirabilmente buona e vera. Il mastello della lenza mezzo vuotato galleggia sul mare imbiancato; le aste di legno dei ramponi finiti in mare oscillano su di esso; le teste dei marinai che nuotano sono sparse intorno alla balena con contrastanti espressioni di terrore, mentre nella nera tempestosa distanza la nave sta accorrendo sul luogo della scena. Gravi pecche si potrebbero trovare nei particolari anatomici di questa balena, ma lasciamo andare, dal momento che, sulla mia vita, non saprei disegnarne una così bene.
Nella seconda incisione, la lancia è nell’atto di accostare il fianco cosparso di crostacei di una grande balena in corsa, che fa ondeggiare la sua nera mole algosa nel mare come uno scoglio muschioso franato dalle scogliere di Patagonia. I suoi getti sono diritti, pieni e neri come fuliggine; cosicché da un fumo tanto abbondante nel camino pensereste che una cena vistosa stia cuocendo di sotto nelle grandi viscere. Uccelli marini vanno piluccando granchiolini, conchiglie e altri canditi e maccheroni di mare che la vera balena porta a volte sul suo dorso pestilente.
Michelangelo, Giona e la balena, affresco della Cappella Sistina
Michelangelo, Giona e la balena, affresco della Cappella Sistina

E in tutto questo frattempo il leviatano dalle grosse labbra irrompe impetuosamente attraverso l’oceano, lasciando tonnellate di tumultuosi bianchi grumi nella sua scia e facendo dondolare la leggera lancia tra i marosi come una barchetta colta in vicinanza delle ruote di un piroscafo oceanico. Così, il primo piano è tutto furioso tumultuare; ma dietro, in mirabile contrasto artistico, sta lo specchio vitreo di un mare abbonacciato, le pendenti vele afflosciate della nave impotente e l’inerte massa di una balena morta, una fortezza espugnata, con la bandiera della cattura che pende pigramente dalla pertica ficcata nel suo sfiatatoio.


Non so chi sia o chi fosse il pittore Garnery. Ma scommetto la vita che l’argomento gli era quasi familiare oppure che ne era stato mirabilmente istruito da qualche esperto baleniere. I francesi sono ragazzi in gamba per dipingere l’azione. Andate a guardare tutti i dipinti d’Europa e ditemi, dove troverete una tale galleria di profonda e viva commozione su tela come in quella trionfale sala di Versailles, dove il visitatore si apre un varco, confusamente, attraverso la sequenza delle grandi battaglie di Francia, in cui ogni spada sembra un lampeggiare d’aurore boreali e la successione dei re e imperatori armati gli irrompe accanto come una carica di centauri incoronati? Questi esemplari di battaglie marine di Garnery non sono del tutto indegni di un posto in quella galleria.
L’attitudine naturale dei francesi a cogliere il pittoresco delle cose sembra essere particolarmente dimostrata nei dipinti e nelle incisioni di scene di caccia alla balena che essi possiedono. Pur non avendo nemmeno un decimo dell’esperienza dell’Inghilterra nella pesca e la millesima parte di quella degli Americani, essi hanno nondimeno procurato a entrambe le nazioni gli unici schizzi finiti che siano capaci di rendere il vero spirito della caccia alla balena.
William Hogarth, Perseo che discende, l’illustrazione per il volume Perseus and Andromeda di Lewis Theobald citata in Moby Dick
William Hogarth, Perseo che discende, l’illustrazione per il volume Perseus
and Andromeda di Lewis Theobald citata in Moby Dick

Infatti, per lo più i disegnatori inglesi e americani di balena sembrano del tutto soddisfatti di presentare l’abbozzo meccanico delle cose, come il vuoto profilo della balena; il quale, per quanto riguarda l’effetto pittoresco, equivale a schizzare il profilo d’una piramide. Persino Scoresby, il giustamente famoso cacciatore di vere balene, dopo averci dato un rigido ritratto intero della balena groenlandese e tre o quattro delicate miniature di narvali e di marsovini, ci offre una serie di incisioni classiche di ganci d’accosto, di coltelli trincianti e di ancorotti; e con la diligenza microscopica di un Leuwenhoeck sottopone all’esame d’un mondo rabbrividente novantasei facsimili di magnifici cristalli di neve artica. Non intendo denigrare in alcun modo l’eccellente viaggiatore (lo onoro come veterano), ma su un argomento così importante è stata certamente una svista il non essersi procurato per ogni cristallo una deposizione scritta e giurata fatta davanti a un pretore groenlandese.
Oltre alle belle incisioni di Garnery, ve ne sono altre due francesi degne di nota, d’un tale che si firma “H. Durand”. Una d’esse, sebbene non precisamente adatta al nostro presente scopo, merita tuttavia d’essere menzionata per altri versi. E’ una quieta scena meridiana tra le isole del Pacifico; una baleniera francese, ancorata presso la costa durante una bonaccia, che pigramente si rifornisce d’acqua, mentre le afflosciate vele della nave e le lunghe foglie delle palme sullo sfondo, pendono le une e le altre insieme nell’aria immobile. L’effetto è bellissimo, ove la si consideri con riferimento al fatto che presenta gli arditi pescatori in uno dei loro pochi aspetti di riposo orientale.

L’altra incisione è una cosa ben diversa: la nave è in panna in mare aperto e nel cuore medesimo della vita leviatanica, con una balena lungo la fiancata; la nave (nell’atto di iniziare lo squartamento) si leva alta sul mostro come su un molo; e una lancia, che velocemente si spinge al largo da questa scena di attività, s’appresta a cacciare balene in distanza. I ramponi e gli arpioni giacciono spianati pronti all’uso; tre rematori stanno sistemando l’albero nella sua sede; mentre, per un improvviso ondeggiare del mare, la piccola imbarcazione sta mezzo eretta fuori dall’acqua come un cavallo che s’impenna. Dalla nave, il fumo dei tormenti della balena in ebollizione sale come il fumo sopra un villaggio di fucine; e a sopravvento una nube nera, che si leva con presagio di burrasche e di piogge, sembra affrettare l’attività dei marinai