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Cennini: per dipingere le montagne, Giotto portava pietre nello studio come in un presepe


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Giotto, Il dono del mantello, 1295-1299, affresco, 230×270, Assisi, Basilica superiore di Assisi,
Giotto, Il dono del mantello, 1295-1299, affresco, 230×270, Assisi, Basilica superiore di Assisi,

Per rendere il volume delle rocce e delle montagne – forse con esiti eccessivi – Giotto presumibilmente partiva da modelli reali, come i sassi, che portava nel proprio studio. Ciò è dimostrato non soltanto da una visione delle opere del maestro, ma dai consigli elargiti ai posteri da Cennino Cennini, che, sotto il profilo tecnico, è genealogicamente legato, otto il profilo professionale,al maestro fiorentino. La testimonianza di Cennini porta in campo anche la considerazione che Giotto e i giotteschi, per accrescere il realismo della propria pittura, non lavoravano in base alla sintesi della memoria, come avveniva nella pittura di “matrice bizantina”, ma dovevano operare con modelli o modelletti di fronte a sé.
Il libro di Cennino Cennini,  scritto alla fine del XIV secolo ci rivela i segreti della pittura di matrice giottesca. L’opera insegna a disegnare, a preparare i colori, a fabbricare pennelli, a dipingere a fresco e in secco, a olio e a tempera, su muro e su tavola, a metter d’oro, a maneggiar colle, mestiche, argento oro (…), a miniare, a costruir vetrate, a far mosaici e a modellare oggetti.

Giotto, Il dono del mantello, (particolare), 1295-1299, affresco, 230×270, Assisi, Basilica superiore di Assisi,
Giotto, Il dono del mantello, (particolare), 1295-1299, affresco, 230×270, Assisi, Basilica superiore di Assisi,

Un manuale completo quindi, che spiega l’arte pittorica in tutte le sue molteplici sfaccettature rimanendo fedele al modo di operare del periodo, un’epoca nella quale gli artisti non si limitavano a specializzarsi in un solo ambito ma, all’occorrenza, erano in grado di passare dal quadro all’affresco, dal mosaico alla vetrata; un volume, quindi, che è specchio della poliedrica società medievale. Cennino Cennini è un pittore senese, nato attorno al 1360 a Colle di Val d’Elsa, che ha lasciato in eredità ai posteri gli affreschi della chiesa di San Lucchese vicino a Poggibonsi. Una vita come tante la sua, ma caratterizzata da un episodio singolare: dal 1372 diviene allievo di Agnolo Gaddi, a sua volta discepolo di Giotto, tramite il quale impara i segreti tramandati dal Maestro umbro. In particolare è curiosa una nota che l’artista appunta sul libello, in poche righe viene spiegato il trucco per disegnare le montagne. Se vuoi pigliare buona maniera di montagne e che paino naturali, togli di pietre grandi che sieno scogliose e non pulite, e ritra’ne del naturale, daendo i lumi e scuro, secondo che la ragione t’acconsente. Ecco così svelato il mistero. Possiamo immaginare Cennino e Agnolo, e prima di loro Giotto, imitare sulle tavole e sulle pareti da affrescare le linee delle pietre raccolte nella campagna italiana. In questo modo, con questa consapevolezza, le celebri pitture del genio possono essere viste con occhi diversi, sotto una nuova prospettiva.
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