Che emozione! Scavano sulla collina e scoprono un tratto del Vallo di Adriano. I segreti di costruzione del manufatto dell’Impero romano. Muro a sandwich. Quant’era lungo? Quanti i forti? I segreti della malta? Pietre o intonaci? La cronaca e tante curiosità

IMPERO ROMANO – Cumbria. Ecco i prati e i dossi che separano l’Inghilterra dalla Scozia. È qui che restano i segni della grande Roma. Nei pressi di Drumburgh, che un’équipe di archeologi di Grampus Heritage & Training ha portato alla luce, in queste ore un tratto “inedito” del Vallo di Adriano, la più celebre barriera dell’Impero Romano in Britannia. La scoperta, definita “entusiasmante” dagli studiosi, permette di osservare, senza che siano avvenuti intereventi o consolidamenti, le modalità costruttive di questo immenso monumento e riporta alla memoria la tenacia dei legionari che, nel II secolo dopo Cristo, eressero il muro più iconico d’Europa per volontà dell’imperatore Adriano.

Abbiamo mantenuto il silenzio… shhhh! fino a quando non ne eravamo sicuri. Abbiamo il muro di Adriano! È più grande e sostanzioso di quanto sperassimo”, hanno dichiarato con emozione gli archeologi di Grampus Heritage, dopo giorni di scavi sotto un boschetto che celava le fondamenta del Vallo. “Nella foto si vedono due linee di lastre. Queste sono le basi del muro. Il muro stesso non correva fino al bordo delle lastre, ma più al centro di esse. Si può vedere dove il peso del muro è premuto su queste lastre e le ha spaccate”.

Il sito si trova vicino all’area dove si pensa sorgesse Milecastle 76, uno dei piccoli forti di controllo eretti ogni mille romano lungo la barriera. “Che piacere assoluto è stato scavare sul muro di Adriano – non solo vicino, ma proprio sul muro stesso – racconta uno dei partecipanti, titolare della rubrica ‘International Man of History’. “Stavo andando via, quando abbiamo scoperto i corsi inferiori di pietra con una squadra di archeologi e volontari. È un punto che conferma la posizione del Vallo e aiuta a localizzare con più precisione la linea della barriera in questa regione”.

La sezione emersa misura 2,8 metri di larghezza alla base (escluse le lastre di fondazione) e 2,2 metri nella parte superiore, con almeno quattro corsi di pietre ancora visibili. “Potete vedere davanti a me (guardate nell’immagine, qui sotto, ndr.) una parte del muro di Adriano con pietre rivoltate e un nucleo di macerie.”

È alta almeno quattro giri di pietra, una sull’altra, comprese le lastre che hanno formato le fondamenta”, racconta l’archeologo, indicando con orgoglio il tratto appena liberato dalla terra.

Si tratta di un muro costruito secondo la tecnica definita “a sandwich”: due facciate parallele di pietre grosse racchiudono un riempimento di pietrame irregolare. Anche nella fotografia sottostante è visibile benissimo. Il muro è una specie di vasca nella quale è stato volutamente gettato pietrame.Manca la parte superiore, che era finita con pietre perfettamente lisce. Tutto materiale sottratto durante i secoli. Ma queste immagini permettono di vedere l’anima del muro stesso. E il segreto della rapidità costruttiva permesso dal materiale di cava irregolare gettato tra i due muri effettivi.

Questa modalità combinava solidità e flessibilità: le facciate esterne fornivano stabilità, mentre il nucleo interno alleggeriva la struttura e permetteva adattamenti locali al terreno. Dove necessario, le pietre delle facciate e talvolta anche il riempimento interno erano legate con la leggendaria malta romana, composta da calce e sabbia o pozzolana, capace di indurirsi anche in presenza di umidità. In altri punti, specialmente dove la pietra era scarsa o si voleva accelerare la costruzione, i blocchi erano semplicemente accostati a secco, affidandosi alla gravità e alla geometria per la stabilità. Ogni segmento del muro poteva essere delimitato da pietre più grandi, riempito e pronto a ricevere i corsi superiori, creando un vero effetto modulare, quasi come una serie di cassette in pietra da completare progressivamente.

Il Vallo di Adriano, lungo circa 117 chilometri, attraversava il nord dell’Inghilterra da Bowness-on-Solway fino a Wallsend, e rappresentava la frontiera più imponente del mondo romano occidentale. Costruito a partire dal 122 d.C., fu opera delle tre legioni di stanza in Britannia – la II Augusta, la VI Victrix e la XX Valeria Victrix – che in pochi anni realizzarono una barriera di pietra e torba intervallata da fortini, torrette e porte militari. Lungo la linea correvano circa 80 milecastella, distanziati di un miglio romano l’uno dall’altro, e oltre 150 torri di osservazione. Ogni sette miglia circa, una fortezza principale come Vindolanda o Birdoswald ospitava reparti ausiliari, cavalleria e servizi logistici.

A ovest, dove ora si trova Drumburgh, la pietra del muro venne quasi interamente riutilizzata nel Medioevo e in età moderna per costruire fattorie, chiese e recinti. Solo il 10% dell’intero Vallo sopravvive in situ. Per questo motivo la scoperta di una nuova sezione in buono stato è di straordinario valore archeologico: non solo consente di verificare il percorso del muro, ma offre una testimonianza diretta della sua ingegneria costruttiva, mostrando la tecnica a sandwich e l’uso combinato di pietre grosse, nucleo di macerie e malta.

Ora, Grampus Heritage & Training, che ha condotto gli scavi, proseguirà con un rilievo dettagliato, una fotogrammetria 3D e campioni di malta per determinare la composizione chimica originale. Potrebbero emergere prove sull’impiego di sabbie fluviali locali e additivi calcarei provenienti dalla Solway Plain, confermando la maestria dei costruttori romani nel gestire materiali eterogenei con standard costruttivi elevatissimi.

Questa scoperta, come spesso accade lungo il Vallo, riporta in superficie un paesaggio di muri sepolti e memorie. Qui, dove il limite dell’Impero era tangibile, le pietre restituite al giorno raccontano ancora la volontà di Adriano di “separare i Romani dai barbari”, ma anche la quotidianità dei soldati che per anni vissero e lavorarono su questa frontiera del mondo conosciuto.


Cinque curiosità sul Vallo di Adriano

  1. Il muro non era solo difensivo: serviva soprattutto a controllare traffici e passaggi. Ogni varco (milecastle) fungeva da dogana imperiale dove si pagavano dazi.
  2. Fu costruito in tempi record: meno di dieci anni per oltre 117 km, con migliaia di legionari impegnati a squadre su segmenti di circa 8 km ciascuno.
  3. Aveva una “doppia anima”: un fossato a nord e, più a sud, un grande terrapieno (il vallum) che delimitava la zona militare.
  4. Il nome Drumburgh deriva da “Druim Burgh”, la collina fortificata: in epoca medievale sorse qui un castello edificato proprio con le pietre del Vallo.
  5. Il muro cambiò colore nei secoli: originariamente era intonacato e forse dipinto di bianco, per riflettere la luce e dominare visivamente il paesaggio.

In questa nuova scoperta, il Vallo di Adriano mostra dunque la sua duplice natura: un confine fisico e mentale, insieme muraglia, simbolo e racconto. Pietra su pietra, modulo su modulo, riaffiora la grande architettura della frontiera che Adriano volle come segno di civiltà ai limiti del mondo.

Fonte: Grampus Heritage & Training

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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa