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"Chi l'ha visto": a Gussago si trovano tracce di Enrico, figlio di Angelo Inganni. E un suo quadro


Gussago visto dai tetti della Santissima, tra i pinnacoli e i merli che contribuirono a trasformare il convento domenicano in un castello-residenza. Qui abitarono Angelo Inganni, la moglie Aurelia Bertera e il figlio Enrico. Morta Aurelia, Angelo Inganni si risposò con l’allieva Amanzia Guerillot. Probabilmente Enrico visse tra qui e i parenti materni sul lago di Como

Angelo Inganni, Ritratto del figlio Enrico (?). Gli studiosi concordano a ipotizzare che questo bambino fosse il figlio del pittore, Enrico

di Federico Bernardelli Curuz
Quali tracce ha lasciato, crescendo, quel bimbo dal volto tondo, che appare in alcuni disegni di Inganni? Le ricerche di storie disperse e magari dolorose, sono possibili attraverso la messa in linea degli archivi. E, sulle coordinate di Internet, pare aprirsi una traccia relativa al più misterioso abitante della Santissima, Enrico Inganni, quel bambino che si trovò a vivere con il padre la matrigna e che viene citato raramente tra gli eleganti inquilini dell’ex convento gussaghese, che era stato trasformato in un castelletto neogotico dall’architetto Vantini.
Il nome di Enrico è tradizionalmente legato al soggetto di una piccola opera di Angelo Inganni e appare,come oggetto di eredità, nel testamento dell’amico di famiglia, Paolo Richiedei, che non si era dimenticato del ragazzo, assegnandogli, in ricordo, un buona cifra. Ma perchè questo vuoto? E perchè Enrico non si fermò a Gussago o a Brescia? Le ricerche, avviate in questi mesi, portano ora, in questo “Chi l’ha visto” a ritroso, a due filoni di notizie compatibili con l’origine del figlio di Inganni.
Le tracce segnalano la presenza di un Enrico Inganni residente nell’area del lago di Como – zona di origine della madre, Aurelia Bertera –  nella seconda metà dell’Ottocento. Questo Enrico ebbe alcuni figli, che costituiscono la locale comunità della famiglia Inganni. Perchè e quando Enrico lasciò Gussago? Aurelia Bertera, sua madre, disponeva di alcune proprietà nell’area lariana.
Aurelia era stata moglie del vecchio, ricchissimo miniaturista Gigola, che aveva designato la donna come usufruttuaria dei beni, tra i quali, il bellissimo luogo di soggiorno della Santissima; e siccome Aurelia e Gigola non avevano avuto figli, l’artista aveva deciso di arrivare a donazioni istituzionali, come quella all’Ateneo di Brescia. Ma dopo la morte del marito, Aurelia si era risposata con l’affascinante Angelo Inganni, dal quale aveva avuto un figlio, Enrico, appunto. Infine un altro lutto.
Mamma Aurelia era morta. E il papà di Enrico, il pittore Angelo, si era risposato con la giovane allieva, Amanzia Guerillot. Si ipotizza pertanto che il piccolo Enrico, dopo aver perso la mamma, in una piccola comunità dominata dalla giovane matrigna – bella e, forse, capricciosa – abbia progressivamente frequentato la famiglia di origine della mamma. E forse questo il motivo per il quale egli appare poco frequentemente nelle corrispondenze e nelle carte ufficiali della Santissima. Ma proprio qui, sulla cime del colle Barbisone, probabilmente lo stesso Enrico dovette apprendere i segreti della pittura. Non pare infatti un caso di omonimia quello che permette di individuare, nel web, opere dipinte tra la fine dell’Ottocento e l’avvio del Novecento di un certo Enrico Inganni, rispetto alle quali pare di cogliere una derivazione diretta da parte dell’arte di Angelo.
Enrico Inganni, Interno contadino, con figure. L’opera è firmata. L’ambientazione ricorda la cucina della Santissima. E’ curioso notare la sproporzione delle figure rispetto all’edificio. Forse Enrico ambienta un ricordo percependo gli ambienti con l’occhio del bambino

La cucina della Santissima come si presenta oggi

Una finestra della Santissima, in cucina

Armadietto a muro nello stesso ambiente domestico

Guardiamo ancora il quadro di Enrico Inganni, interno contadino

Enrico dipinse scenette di genere – come se fossero state riprese, in effetti, all’interno della Santissima – e si diede poi a vasti dipinto in una riambientazione del Settecento galante. La casa-convento della Santissima, dopo la soppressione degli ordini religiosi, decretata dal Governo Provvisorio Bresciano nel 1797, era stata trasformata in casa di villeggiatura e nel 1823 era stata acquistata dall’illustre miniaturista Gian Battista Gigola.
Questi, durante i suoi soggiorni a Gussago amava ospitare una cerchia di amici tra i quali Luigi Basiletti e Angelo Inganni. Si deve al Gigola l’idea di conferire alla Santissima l’aspetto neogotico che ancora conserva: l’intervento è realizzato tra il 1823 e il 1830 da Rodolfo Vantini.
Alla sua morte, Gigola lascia tutti i suoi beni, compresa la Santissima, all’Ateneo di Brescia, salvo il godimento in usufrutto per la moglie Aurelia Bertera, che di lì a poco sposa in seconde nozze il più giovane Angelo Inganni. Il pittore si stabilisce così, durante i mesi estivi e autunnali, a partire dal 1842, nella residenza gussaghese, luogo di lavoro e di serenità. Quando però nell’aprile 1855 la Bertera muore, l’Ateneo chiede a Inganni la restituzione della proprietà o l’affitto. Nel settembre dello stesso anno tuttavia l’amico Paolo Richiedei acquista la Santissima e la concede in beneficio al pittore ed alla sua nuova moglie, l’allieva Amanzia Guérillot.
Alla morte di Inganni la Santissima passerà in usufrutto al nipote del defunto Richiedei, e quindi, per volere testamentario di quest’ultimo, all’Ospedale e Casa di Risposo da lui istituiti.